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L’addio di Fonseca, ricordi e stoccate: “Mourinho? Non vince da tanto”

L’ultima intervista del tecnico portoghese

Paulo Fonseca ha salutato Roma con una passeggiata al Colosseo sabato pomeriggio, da solo, poche ore prima dell’ultima partita da allenatore giallorosso: una t-shirt bianca, la mascherina a nascondere lo sguardo nostalgico puntato su quella bellezza tutto intorno.

Una città che ha adorato e a cui deve dire addio per far posto a José Mourinho, il più ingombrante dei sostituti possibili. “Mourinho? Non vince da tanto“, ha detto in un’intervista a Sky, “ma ora è in una nuova società che sta costruendo un buon futuro“.

La stoccata però sugli anni meno luminosi della sfavillante carriera del connazionale è arrivata. Prima di una retromarcia, più adatta all’immagine elegante a cui la gente si è abituata: “Lui è un grande allenatore e gli auguro tanto successo qui. Con José ci siamo scambiati un messaggio, ha avuto parole di onestà. La mia eleganza? Io sono così, non posso fare finta di essere diverso, per me è un pregio, una cosa molto importante“.

Per Fonseca invece è ancora presto per parlare di futuro. E allora è quasi inevitabile pensare al passato, e in particolare all’addio alla Roma: “Con il general manager Tiago Pinto a gennaio abbiamo parlato molto in forma diretta e frontale. Ho capito subito che questo ciclo era finito“.

Ma “Non c’è stato un momento preciso in cui ho capito che non sarei rimasto a Roma. Con l’arrivo di una nuova società era facile capire che sarebbe potuto succedere, è un processo normale“. Un addio iniziato con il congedo di un’altra figura: “Il momento più difficile è stato quando il ds Petrachi se n’è andato. Sono rimasto da solo a gestire tutto con nuova società. Con Pinto ho un buon rapporto e ho sempre sentito la fiducia del presidente. Ma prima, quando ero solo con la squadra, quello è stato un problema“.

Un’altra stoccata, stavolta a Guido Fienga, il Ceo della Roma, l’uomo che si è fatto carico di sostituire sia il ds licenziato da Pallotta che l’intera società nel momento di transizione. Ma i due non si sono mai presi. Certo nella stagione di Fonseca pesano anche le due sconfitte a tavolino, dal caso Diawara alle 6 sostituzioni di Roma–Spezia: “Non dipendono da me, ma sicuro sono cose che non possono succedere in una società come questa”.

In realtà, hanno inciso e come sulla scelta della società di guardare altrove. Come le discussioni con alcuni leader, anche se oggi Fonseca minimizza: “Non ci sono stati problemi con lo spogliatoio. Non so se sia mancato uno come De Rossi, non lo conosco personalmente. Ma abbiamo avuto dei leader nello spogliatoio, giovani leader del futuro come Pellegrini e Mancini”. Pinto e i Friedkin vogliono ripartire da loro: almeno su questo, con Fonseca sono tutti d’accordo.

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