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Spadoni: “Zaniolo è veramente tanto forte. Non deve accorciare i tempi di recupero”

Parla l’ex calciatore giallorosso

Valerio Spadoni, doppio ex di  Atalanta-Roma, in nerazzurro nel 1968 e in giallorosso dal 1972 al 1976, ha rilasciato un’intervista all’AS Roma Match Program:

Nel 1968 era stato nerazzurro di Bergamo per pochissimo tempo.
“Feci tutta la preparazione con loro, mi tesserarono per tre mesi, poi un incidente stradale mi procurò un infortunio e da quel momento decisero di ridarmi al Baracca Lugo. Non ci ho mai giocato e non ho altri punti di contatto con loro”.

In realtà, un altro punto di contatto ci sarebbe.
“Ovvero?”.

L’esordio ufficiale in giallorosso, contro l’Atalanta, in Coppa Italia.
“Dico la verità, non me lo ricordo. Purtroppo l’età non aiuta a rinverdire alcuni fatti salienti. È così come mi sta dicendo, dunque?”.

È così, la partita finì 0-0. In quello stesso match debuttò anche Mujesan.
“Ora qualcosa mi torna in mente, a dire il vero. Era fine agosto. Nonostante giocai delle partite anche un paio di mesi prima, a giugno”.

Nel torneo Anglo-Italiano, che la Roma vinse.
“Sì, Herrera mi mise subito all’opera in quella rassegna e fu ripagato. Segnai tre gol – in due partite contro lo Stoke City – e riuscii a essere prezioso anche con degli assist. Grande tecnico, Herrera”.

Vincente.
“Senza dubbio, la carriera parlava per lui. Aveva fatto bene ovunque, ha vinto anche con la Roma la Coppa Italia prima che arrivassi io. Mi ha insegnato tanto. Così come Nils Liedholm”.

Il Barone.
“Forse lui è stato l’allenatore che più di altri mi ha fatto capire come si gioca a calcio in una grande squadra come la Roma. Inizialmente, non mi vedeva tantissimo. Poi, riuscii a emergere pian piano con il talento, fino a diventare uno dei suoi uomini”.

Delle sue 103 presenze complessive, 60 le totalizzò proprio con lo svedese alla guida.
“Le ho detto, è stato l’uomo più importante che ho incrociato nella mia carriera. Quello che mi diede fiducia dopo il primo infortunio, che mi tenne fuori dei mesi. Nel 1974-1975, la stagione del terzo posto finale, iniziai molto bene, poi riportai un cavolo di strappo al bicipite femorale e restai fuori circa quattro mesi. La rieducazione fu drammatica. Non vedevo mai luce. Rientrai per l’ultima dozzina di partite, quelle in cui ci fu il sorpasso alla Lazio e il terzo posto finale”.

L’anno successivo, poi, l’infortunio più grave.
“Già, era il 1976. In uno scontro di gioco con Graziano Bini, durante una partita contro l’Inter. Sentii subito dolore, ebbi come il presentimento che non ce l’avrei più fatta a tornare quel calciatore che aveva fatto sognare i romanisti. Così andò”.

I tifosi vedevano in lei una promessa, le pronosticarono un avvenire luminoso.
“Purtroppo ci fu quell’infortunio maledetto a interrompere la magia. C’è stato un momento in cui mi sono sentito forte davvero. Se le cose fossero andate diversamente, non dico che avrei potuto far parte della Roma vincente degli anni ’80, ma almeno quella di inizio decennio. All’epoca, i calciatori dopo la trentina smettevano. E io sono nato nel 1950…”.

L’ex presidente, Gaetano Anzalone, credeva molto in lei.
“Per me fu un dirigente importante, un vero signore. Non avevamo un rapporto personale, non uscivamo la sera insieme, però mi diede la possibilità di venire alla Roma, notandomi da molto giovane nel Rimini”.

Oggi segue il calcio?
“La Roma sempre. E c’è un giocatore in questa squadra attuale che mi piace tanto”.

Chi?
“Zaniolo, veramente tanto forte. Peccato che si sia fermato nel momento di massima espressione”.

Mancino come lei. Giocatore d’attacco come lei. Estroso, come lei.
“Ma lui nella Roma ha già fatto tanto più di me. Ha veramente un avvenire importante. Mi permetto di dargli un consiglio, ora che ha riportato questo infortunio al crociato. Non deve avere assolutamente fretta di tornare in campo. È giovane, ha vent’anni, ha tutto il tempo di recuperare e tornare forte come prima. Ma non deve accorciare i tempi”.

Che altro fa nella vita?
“Sono in pensione, ormai, dopo aver lavorato tanti anni”.

Si gode un po’ di riposo.
“Beh, con 900 euro al mese di pensione è difficile godersi la vita. Vado avanti, diciamo. Poi, non navigo su internet, non ho social. Faccio il giardinaggio, quello mi diverte”.

È più tornato a Roma?
“No, manco dal 1980. Quarant’anni esatti. Abitavo alla Balduina, vicino l’abitazione di Giorgio Morini. Da allora, non ho avuto modo di metterci più piede. Qualche anno fa sono stato contattato da alcune persone di Trigoria, mi invitarono a tornare allo Stadio Olimpico. Mi farebbe piacere, ma credo che per qualche acciacco e altre cose della vita, alla fine non riuscirò”.

Non lavora più nella sua bottega di fumetti a Lugo?
“Quella l’ho chiusa da tempo. Era arrivato il momento di fermarsi”.

Le piacevano tanto i fumetti?
“Sì, mi piacciono. Purtroppo, dopo l’attività da calciatore conclusa in quel modo, sono rimasto a terra senza soldi e senza lavoro. Dovevo fare qualcosa per rimettermi in gioco. Ma senza pallone tra i piedi. Mi sono inventato un lavoro, conciliandolo con la passione per i fumetti. Non è andata poi tanto male, alla fine. Volevo solo che con la Roma finisse meglio. Questo sì. Perché porto quei tifosi meravigliosi nel cuore. Ancora oggi. Lo scriva, mi raccomando”.

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