Primo gol azzurro per il giallorosso
Giornate prolifiche queste ultime per Roma e per il suo sport e i suoi sportivi. È di poco fa nei giorni la prestazione azzurra di Lorenzo Pellegrini, che potrebbe essere il De Rossi di Totti nei confronti di Capitan Florenzi, non nel ruolo s’intende, un Capitan Postfuturo. Sono di ieri l’altro quelle di Davide Frattesi e Gianluca Scamacca, anche loro nati a Roma e fioriti a Trigoria che hanno segnato tre dei quattro gol con cui l’Italia Under 21 del momento ha sconfitto la Moldavia. Il quarto gol, per inciso, l’ha segnato un altro fiore di Trigoria, nato in Sicilia, Tumminello. Dell’altra notte, poi, è stato il match che ci ha tenuto svegli fino all’alba, o almeno a notte fonda per il primo set alla pari, per il secondo quasi, di Matteo Berrettini agli US Open contro Nadal. Matteo è romano anche lui.
Lo è quasi Luca Marziani, che è nativo “civitonico”, come si chiamano gli abitanti di Civita Castellana, dove la provincia romana diventa viterbese, ma è agonisticamente cresciuto alla Farnesina, alla Società Ippica Romana, una delle più gloriose società sportive della Capitale. Adesso ne è direttore sportivo. Ieri è stato protagonista di una spettacolare gara, andando al barrage riservato a quattro soli concorrenti nel Gran Premio del concorso ippico che si sta disputando allo Stadio dei Marmi. Roma si dimostra così, ancora una volta, il teatro preferito dello sport italiano.
Si diceva del calcio. In questo momento, nel campionato che conta, la Serie A, la Capitale sta vivendo un periodo di quasi disturbo bipolare: la Lazio è una squadra bella e fatta, rodata da anni di bel gioco; la Roma è un gioco del Lego, una costruzione in cui chi dirige il gioco deve mettere a posto i mattoncini. L’indicazione di questi tre giorni è che la città i suoi mattoncini li avrebbe. Sempre che non andasse appresso a clausole rescissorie di valore assolutamente fuori mercato oppure si crescesse ragazzi suoi come Scamacca e Frattesi che qualcuno dall’occhio lungo adocchiò adolescenti e che poi sono finiti in giro e chissà se fra le tante diavolerie ed ingegnerie finanziarie cui le società di calcio ci hanno abituato, saranno recuperabili o meno. Fra diritto di riscatto, di ricompra, obbligo delle stesse cose, bonus e premi: i “ricchi scemi” di una volta, come venivano irrisi i padroni del calcio, sono tutt’altro che “scemi”. Alcuni anche tutt’altro che ricchi. Lo riporta Il Messaggero.