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Venturi: “Chi è un giocatore della Roma lo è per tutta la vita”

L’intervista allo storico capitano giallorosso

Nel giorno del suo novantaduesimo compleanno, la Roma ha intervistato Arcadio Venturi, storico capitano romanista degli anni ’50. Ecco qui le dichiarazioni rilasciate dall’ex calciatore ai microfoni del sito ufficiale giallorosso:

Essere della Roma
“Chi è un giocatore della Roma lo è per tutta la vita. Dopo la Roma sono andato all’Inter, ho lavorato per la Juventus e per il Bologna e vi posso assicurare che come Roma non c’è niente. Nessun posto è paragonabile a Roma. Neppure Genova, che pure le somiglia. La passione che c’è a Roma non esiste da nessun’altra parte. Il tifo è radicato nella gente”.

Chi era Venturi
“Mi posizionavo davanti alla difesa. Ero un regista. Nel quadrilatero, ero il centrocampista più tecnico. Ero quello che faceva giocare la squadra”.

L’ultima vittoria: il Covid-19
“Sono stato poco bene, ma mi sto riprendendo. Ho avuto il Coronavirus. Ora sto meglio. È stata dura”.

Arcadio Venturi e Arcadio Ghiggia
“Sgridai tanto Alcides: non volevo che chiamasse Arcadio il figlio. Perché era un nome strano (Venturi ridacchia bonariamente, ndr)”. Alcides lo aveva fatto in segno di affetto. Arcadio, infatti, lo aveva aiutato ad ambientarsi a Roma. Non solo. Dato che non era arrivata la documentazione necessaria, Ghiggia giocò la prima partita sotto la responsabilità del suo capitano. Appunto Arcadio Venturi.

Il mitico ds Biancone
“Vincenzo Biancone ci dava sempre dei consigli. È stato un bravo direttore sportivo. Quando nel ’51 volevo farmi una Topolino, temevo che Biancone non mi avrebbe dato il permesso. Lui mi chiese quale modello fosse. Se fosse stata una sportiva, non me lo avrebbe dato. Era un papà”.

Le cifre dell’epoca
“Prendevamo 25 mila lire a punto. Erano tanti soldi. Per quanto riguarda lo stipendio, vivendo in una città di oltre 500 mila abitanti, guadagnavamo 100, 105 mila lire. A Bologna, per intenderci, percepivano 70 mila lire. C’erano dei calmieri stabiliti dalla Federazione. Sarebbe stato meglio giocare oggi in Serie A… A fine carriera ti mettevi da parte qualcosa, ma non bastava: dovevi continuare a lavorare”.

Il Derby conquistato
“Certo che ho visto l’ultimo Derby. Abbiamo vinto e non ci speravo, perché i nostri avversari quest’anno erano forti. La Roma gioca bene, anche se quest’anno le è mancato qualcosa. Questo allenatore mi piace. E ora arriverà Mourinho: è un allenatore da Roma, è un condottiero”.

Nel cuore della Roma
“Io e mio figlio Maurizio siamo sempre in contatto con la Società. Ho donato tutto alla Roma, anche la mia divisa all’Olimpiade di Helsinki. Sono contento, perché so che il Club metterà ogni cosa in un museo. Persino i miei vecchi contratti. Così, i miei nipoti continueranno a leggere il mio nome”.

“E poi la Roma fa qualcosa per i suoi ex calciatori che nessun’altra società fa: riserva un posto allo Stadio per loro e per la persona che mi accompagna. A me basta telefonare il venerdì prima della partita. Negli altri club dove ho giocato, invece, devo pagare il biglietto”.

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