Tutti per uno, uno per tutti. Sei parole che racchiudono in pieno la filosofia e il punto di forza della Roma di José Mourinho
Tutti per uno, uno per tutti. Sei parole che racchiudono in pieno la filosofia e il punto di forza della Roma di José Mourinho, che ha già catturato cuore e mente dei suoi giocatori. Con il tempo passare del tempo la convivenza con il nuovo allenatore sta cementando l’intero gruppo, a prescindere che si tratti di titolari o riserve. La vittoria con il Sassuolo è la fotografia perfetta del lavoro – apparentemente invisibile – che il portoghese e i suoi collaboratori stanno mettendo in pratica dal giorno del loro insediamento a Trigoria.
A fare la differenza durante la gara con gli emiliani sono stati i cambi di Mou, che ha rivoluzionato l’attacco buttando dentro El Shaarawy, Carles Perez e Shomurodov. Tutti e tre non hanno tradito le aspettative del tecnico e il loro contributo si è rivelato determinante per portare a casa i tre punti.
Carles Perez sembra essersi finalmente convinto dei suoi mezzi e di avere le capacità per dire la sua in un progetto ambizioso, il Faraone ha ritrovato fiducia in sé stesso – basti notare il suo sguardo quando viene chiamato in causa – ed è convinto di potersi giocare le proprie carte per ritagliarsi uno spazio importante nella speranza di convincere Mancini a convocarlo di nuovo in azzurro mentre Shomurodov è consapevole di avere a disposizione un’occasione unica per affermarsi ad alti livelli.
Al di là degli obiettivi personali però, il filo conduttore che unisce gli uomini agli ordini di Mourinho è il bene della squadra. Come ripete spesso il tecnico “questo non è il mio progetto o quello dei Friedkin, ma il progetto Roma“. Una frase che potrebbe sembrare scontata soltanto a chi non ha ancora assistito ad una partita dei giallorossi, che rispetto al passato scendono in campo con un piglio diverso.
Il senso di appartenenza che Mourinho è riuscito ad infondere nello spogliatoio è reale: e non soltanto per la mini rissa vista contro il Porto durante il ritiro in Portogallo o per come i giocatori si sono schierati a difesa l’uno dell’altro durante l’amichevole con il Betis. La sensazione è che, più che un gruppo, lo Special One stia pian piano creando una piccola famiglia all’interno del Fulvio Bernardini.
Famiglia che comprende anche giovani come Bove, Zalewski e Darboe: tre ragazzi che in estate hanno rifiutato diverse proposte, ammaliati all’idea di crescere sotto la guida di Mourinho. Anche a costo di giocare poco. Ovviamente c’è ancora tanto su cui lavorare per continuare a crescere, ma una cosa è certa: a Mou sono bastati due mesi per conquistare lo spogliatoio.
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