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Curci: “Tornassi indietro non lascerei l’Italia. A Roma giudicato con poco equilibrio”

Le parole dell’ex portiere giallorosso

Gianluca Curci, ex portiere di Roma e Sampdoria, è stato intervistato dal Match Program ufficiale del club giallorosso. A 34 anni, dopo che il suo contratto con gli svedesi dell’Hammarby è scaduto, si è dato da fare fuori dal campo. Tra dicembre e gennaio vedrà luce la sua scuola per portieri:

E se qualcuno la dovesse contattare per riprendere l’attività agonistica?
“Beh, una cosa non escluderebbe l’altra. Avrei modo per conciliare le due cose, ma in ogni caso mi piacerebbe restare vicino alla mia scuola dei portieri per farla crescere, considerando che porta il mio nome. Ci tengo davvero. Ho iniziato questo progetto con Claudio Del Cellio, un preparatore che ho avuto nelle giovanili della Roma”.

Una scuola per portieri?
“Sì, esattamente. Se un portiere di una squadra ‘x’ volesse affinare tecnica e metodi di allenamento al di fuori della sua società, può iscriversi. Come chi va a scuola e prende ripetizioni per migliorare in alcune materie. Stessa cosa. Credo che staremo in zona Infernetto-Casal Palocco”.

Da dove nasce l’idea?
“Dalle varie esperienze che ho accumulato in carriera, da tutti gli insegnamenti che ho ricevuto in quindici anni di professionismo. Ho imparato ad imparare”.

Ovvero?
“Significa che non esiste età per migliorare. Si può sempre apprendere qualcosa. A qualsiasi età. E se inizi prima a riempire il tuo bagaglio, da giovanissimo, ne puoi trarre solo vantaggi”.

Qualche esempio di miglioramento o insegnamento che ha avuto in età avanzata?
“A 26 anni con Luis Enrique, tanto per dirne una. Lo spagnolo è stato il primo tecnico in Italia a proporre un certo tipo di calcio. A iniziare l’azione dal basso e a coinvolgere il portiere nella manovra, dandogli specifici compiti di impostazione. Con lui ho imparato a calciare bene sia col destro, sia col sinistro. Di conseguenza, sono cresciuto anche in personalità. Ma ne potrei dire pure un’altra…”.

Prego.
“Quando sono stato in Germania, al Magonza, mi hanno insegnato una tecnica che si usa soltanto da loro. Neuer è il portiere che è riuscito ad esprimerla nel migliore dei modi. Si tratta di mettersi in ginocchio quando l’estremo difensore si trova nell’uno contro uno con l’attaccante avversario. È un intervento non purissimo, non bellissimo da vedere, ma molto efficace. Provandolo, devo dire che avevano ragione loro, dato che all’inizio ero parecchio scettico su questo. Avevo 31 anni, pure in quell’occasione ho imparato qualcosa”.

Guardando indietro nella sua carriera, cos’altro ha imparato?
“Diciamo che se tornassi indietro, farei un’altra scelta, quella di non lasciare l’Italia. Chiariamo, all’estero sono stato molto bene. Sia in Germania non giocando, sia in Svezia giocando sempre.  Però uscendo dal giro, andando fuori, poi puoi ritrovarti ad avere a che fare con lo scetticismo eventuale se una squadra italiana cerca di prenderti. In ogni caso, all’epoca (nel 2015, ndr) fui praticamente costretto ad andare altrove non avendo altre alternative. Mi contattò il Magonza e accettai”.

La stagione disputata con la Sampdoria, invece, cosa le lasciò nel 2011?
“In quella circostanza imparai che l’impossibile a volte può diventare possibile. In negativo, purtroppo. A fine girone di andata eravamo a metà classifica e la difesa meno battuta della Serie A insieme al Milan. A gennaio, poi, andò via Pazzini e la squadra ebbe una sorta di rilassamento che fu fatale. Da quel momento iniziò un lento declino che ci portò ad una clamorosa retrocessione. Assurdo davvero”.

La Roma?
“La Roma resta la società più importante della mia vita. Ci sono nato calcisticamente e cresciuto. Ho fatto la trafila nelle giovanili, sono arrivato in prima squadra. Ho giocato diverse partite. E poi, vabbè…”.

Spieghi.
“Non sempre c’è stato equilibrio nel giudicare le mie prestazioni. Il primo anno in Serie A (2004-2005, ndr) la Roma lottò per la retrocessione, io facevo quattro o cinque parate buone a partita e tutti mi elogiavano, nonostante il momento di difficoltà del gruppo. L’anno dopo, invece, iniziarono a criticarmi ad uno dei primi gol subiti. Faccio riferimento a quello di Tavano, a Empoli. Tiro praticamente impossibile da intercettare. È andata così, ma non sono stato l’unico. Una cosa simile è successa anche a Olsen la scorsa stagione”.

Capitare in un momento storico non facile per la Roma?
“Esattamente. I risultati non arrivavano in campo e lui alternava buone prestazioni ad altre meno buone. Come pure i compagni, del resto. Ma la colpa veniva data spesso ai suoi mancati interventi. Ora a Cagliari si sta esprimendo al meglio”.

Pau Lopez?
“Pau Lopez è davvero un gran portiere. Con la palla tra i piedi ha una padronanza tale paragonabile a quella di Ter Stegen. Fortissimo. Tra i pali è reattivo, ha già salvato un paio di partite. Poi, ha fatto pure un paio di errori. Veniali, niente di particolare. Ma quelli li fanno tutti, solo chi gioca non sbaglia. Si vede già l’impostazione di Savorani per come si muove tra i pali”.

Lei ha mai avuto modo di allenarsi con l’attuale preparatore dei portieri giallorossi?
“Sì, nel 2014 quando lui era in Primavera e io stavo con loro in attesa di sistemazione. È veramente bravo, come lo era pure Roberto Negrisolo”.

Non a caso Negrisolo ne parla sempre bene del suo “figlioccio”.
“Savorani è un Negrisolo giovane. Entrambi, insegnano in un determinato modo, ripetendo concetti simili. Due grandi allenatori, dai quali ho imparato tanto”.

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