Guardare avanti, senza distrarsi da dinamiche campanilistiche: la Roma pensi solo a se stessa
Dobbiamo ancora una volta ringraziarvi.
Ancora una volta ci avete dato la prova del vostro disagio, la capacità atavica di non sapersi goder nulla di quello che vi spetta, ma sempre in correlazione con il presunto (in questo caso assai remoto, ve lo assicuriamo) dispiacere o fallimento altrui.
La certificazione che la vostra “gloriosa” esistenza si sviluppi all’interno di un impenetrabile cono d’ombra, che rimane tale anche dai vostri successi. Come ha scritto Valerio Mastandrea, all’interno de “L’antiromanismo spiegato a mio figlio“:
“chi la gioia la troverà solo sulle disgrazie altrui
pè sta gente nun c’è luce… papà, ma solo giorni bui !
perchè chi pe’ sorride deve vedè piagne uno, mille e centomila
è uno che nella vita sua starà sempre in fila.
Chi invece la prova… la vita sulla pellaccia
nun starà mai a chiede un sorso da’ n’artra boraccia!”
E la Roma, sorretta sempre e comunque dalla sua gente, non starà mai in fila. Pronta a scrivere di suo pugno le pagine della propria storia. Quello che arriva da Ryad è l’ennesimo stimolo esterno, che porterà (di questo sì, ne siamo certi) un’approfondita riflessione dalle parti di Trigoria e ancor più fame all’interno dello spogliatoio giallorosso.
C’è una verità inequivocabile: la Roma DEVE tornare a vincere. Perché vincere aiuta a vincere, consolida certezze, aumenta il valore, crea una mentalità.
La Roma DEVE tornare a farlo non per rispondere a qualcuno o per partecipare alla conta dei trofei, con realtà che negli ultimi anni hanno avuto cammini assai modesti nella nostra massima serie, ma lo DEVE fare per valorizzare il suo lavoro, per un senso di giustizia di quanto si è seminato negli ultimi anni.
Il club giallorosso, a partire dalla stagione 2004-05, ha disputato 5 finali di Coppa Italia e 4 finali di Supercoppa Italiana: su 9 occasioni, sono arrivati solo 3 trofei. I giallorossi dal 2004-05 sono arrivati 6 volte secondi e 3 volte terzi, segno della crescita e del margine, a volte sottile, tra la vittoria e il primo posto valido solo per i rimpianti.
Senza dimenticare il cammino europeo, culminato con la doppia semifinale di Champions League con il Liverpool.
Ora serve cambiare marcia, prima che la mancanza di vittoria diventi un’ossessione.
Serve una presidenza più presente? Non abbiamo la controprova. Serve lo stadio? Sì, nodo cruciale per diventare grandissimi, aumentare il fatturato e competere con i top club europei, ma prima di tutto in Italia.
Serve tornare a vivere per la vittoria, accantonando la mentalità da piazzamento o qualificazione.
Lo merita la Roma, lo merita la sua gente. E’ l’augurio più grande che possiamo a fare a Fonseca e ai suoi ragazzi: quello di farci tornare a festeggiare, invadendo le strade di una città intera e non un piazzale, come qualcuno fa, alla stregua di una sagra di paese mal riuscita.
L’augurio di legare il nome e la grandezza della nostra “Urbs aeterna” alle gesta della sua squadra, del suo popolo, pronto ad impazzire di gioia per i successi a tinte giallorosse.
“La Roma non ha mai pianto e mai piangerà: perché piange il debole, i forti non piangono mai” disse il presidente Dino Viola.
Avanti senza paura, dritti per la nostra strada. Che qualcuno continui a vivere di luce riflessa, a noi non deve interessare.
Un verso della “Divina Commedia” li descrive al meglio, riferito a “coloro che visser sanza ‘nfamia e sanza lodo”:
“Fama di loro il mondo esser non lassa;
misericordia e giustizia li sdegna:
non ragioniam di lor, ma guarda e passa”.
Forza Roma. Sempre.
