Il giovane portoghese ha fatto venire a galla lo scandalo che è costato due anni di sospensione dalle coppe europee al Manchester City
Il caso del Manchester City è scoppiato, con gravi conseguenze per il club inglese. Ma come, e sopratutto chi ha portato a galla il tutto? Si tratta di Rui Pinto, giovane “nerd” portoghese, che nel 2015 dalla sua casa di Budapest è entrato nell’account mail del club dando il via allo scandalo inviando i materiali sotto pseudonimo alla rivista tedesca Der Spiegel, che nel 2018 ha pubblicato sulle sue pagine l’inchiesta denominata “Football Leaks”. In totale, si parla di 70 milioni di documenti e di 3.4 terabytes di informazioni, non solo sul City. L’ormai 31enne portoghese, estradato dall’Ungheria, si trova attualmente in carcere in Portogallo: contro di lui pendono 171 accuse per «hackeraggio», «furto di documenti», «estorsione» e altro.
Un suo appello è stato respinto e ora Pinto è in attesa della sentenza da parte della Corte d’Appello di Lisbona. Ovviamente i pareri sulla sua figura sono piuttosto controversi, tanto da essere ormai definito il Julian Assange del mondo del calcio. Molti però lo ritengono un paladino della giustizia, come evidenziato dalla curva del Borussia Dortmund, che di recente ha esposto allo stadio uno striscione chiedendo che Pinto fosse rimesso in libertà. E su web esiste da un po’ l’hashtag #freepinto.
“Sapevo benissimo i rischi che correvo – ha spiegato Pinto di recente a Der Spiegel –. So bene che le autorità portoghesi sono inflessibili contro i whistleblower (termine traducibile come “segnalatore di illeciti, reati o irregolarità”), dunque mi aspettavo queste conseguenze. Ho scritto tutto in un diario, ma le autorità portoghesi me lo hanno sequestrato”. Tempo fa aveva colpito il Twente, club scoperto colpevole di illeciti su un contratto di proprietà con una società di Malta e successivamente sospeso dall’Europa per tre anni dalla federcalcio olandese. Pinto aveva poi rivelato i dettagli dei trasferimenti di Radamel Falcao, Gareth Bale e James Rodriguez: “Non mi considero un hacker ma un cittadino che agisce per il bene comune. Voglio solo lottare per togliere l’illegalità dal mondo del calcio“.