Il francese ex Roma, oggi in Ligue2, si racconta
Jeremy Menez, calciatore della Roma dal 2008 al 2011 e oggi al Paris FC nella seconda divisione francese, ha rilasciato un’intervista a La Gazzetta dello Sport. Ecco uno stralcio delle sue parole:
A 16 anni disse “no” allo United.
“Ferguson mi voleva, così andai in Inghilterra per vedere le strutture. Era tutto fantastico, ma non me la sentivo di lasciare la Francia. Ero troppo giovane. Ma non mi sono pentito. Ero sicuro che il top club sarebbe arrivato. Non avevo paura. Infatti, dopo il Monaco, sono passato alla Roma nel 2008. E ci sono stato benissimo”.
Pensa di aver reso al 100%?
“Negli allenamenti dicevano che ero forte come Kakà, poi in partita avevo qualche pausa. Ero giovane, ma non ho mai sentito la pressione. Questa parola non mi rappresenta”.
Proviamo con “fiducia”.
“Ne ho bisogno. Se la percepisco, rendo al massimo. È accaduto al PSG con Ancelotti, il numero uno. Veniva con noi al ristorante, non urlava mai. Giocare a Parigi era il mio sogno, per questo scelsi di andar via da Roma. Dissi no anche alla Juve: ricordo le chiamate di Conte per convincermi a firmare”.
Ci racconti il rapporto con Spalletti e Ranieri.
“Luciano era una bella persona. A volte mi sgridava, voleva farmi crescere. Sia lui che Ranieri sono stati due secondi padri. Mi guardavano con un occhio di riguardo. Nel 2010, poi, sfiorammo lo scudetto, non capisco ancora il perché di quella sconfitta con la Sampdoria. A Roma non ho vinto niente, ma ho vissuto tra anni pieni di passione. Con grandi compagni, primo fra tutti Totti, un fratello maggiore. In campo ci intendevamo a occhi chiusi. I primi mesi ho vissuto a casa dei suoi genitori, come aveva fatto anche Cassano anni prima. Persone fantastiche, come De Rossi. Giocavamo a carte durante i ritiri e stavamo sempre insieme”.
(Intervista a cura di Francesco Pietrella)