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Lopalco: “Il rischio zero non esiste. Tifosi allo stadio? Con la curva dei contagi bassa e distanziati”

Parla l’epidemiologo

L’epidemiologo Pierluigi Lopalco, responsabile del coordinamento regionale emergenze epidemiologiche dell’Agenzia Regionale strategica per la salute e il sociale della Regione Puglia, ha rilasciato un’intervista ai microfoni de Il Romanista. Ecco un estratto delle sue parole:

Cosa pensa della ripartenza del calcio?
“Il calcio in quanto sport di contatto, comporta dei pericoli non da poco. Gli sport di squadra nel momento in cui circolano virus come questo che si trasmettono per via respiratoria sono a rischio. Se un membro della squadra ha un virus le occasioni di contatto sono molte, tra campo, spogliatoi e vita in comune. Gli atleti in campo hanno un respiro affannoso che fa emettere una quantità di virus maggiore rispetto a quella di due colleghi che stanno accanto in ufficio. Il problema in una partita di pallone resta il faccia a faccia, che spesso è anche mani in faccia tra due atleti. Insomma, è proprio un contatto diretto”.

Il calcio tedesco è ripartito con giocatori distanziati e con la mascherina in panchina e niente strette di mano, ma poi in campo, appunto, c’è contatto diretto. Cosa ne pensa?
“Bisogna sempre ragionare in termini di probabilità. Più sto distante e meno rischio. Premesso che il rischio zero non esiste, perché appunto poi un giocatore può andare in campo, almeno laddove il contatto dura più tempo, come in panchina, potrebbe avere senso tenere la mascherina”.

Si auspica un abbassamento del libello di guardia o addirittura una riduzione dei giorni di isolamento. Che ne pensa?
“Diminuire la durata della quarantena sarebbe un boomerang perché se nei primi giorni avviene un contagio che si manifesta all’ottavo o nono giorno e si è lasciata ‘libera’ la persona positiva dopo 7 giorni, bisogna far partire un altro periodo. E’ meglio tenere tutti fermi 14 giorni piuttosto che aprire diversi cicli da 7 giorni l’uno”.

Per i calciatori i test continui potrebbero accorciare i tempi.
“I tempi non si azzerano comunque. Bisogna comunque aspettare qualche giorno, perché il contagiato inizia a risultare positivo dopo qualche giorno dall’infezione. Non vedo nessun problema se una società di calcio, come qualsiasi azienda privata che vuole per motivi produttivi far fare il tampone ai propri dipendenti, paga di tasca propria”.

Gli stadi quando potranno riaprire?
“E’ un problema di probabilità: se la curva dei contagi sarà bassa, oggettivamente se abbastanza distanziati e all’aria aperta, dove la trasmissione è meno efficace, non è impensabile far tornare la gente negli stadi, con un numero ragionevole, ovviamente, non potranno essere pieni. Il campionato dovrebbe giocarsi in estate, un periodo in cui diminuisce l’eventualità di propagazione”.

(Intervista di Gabriele Fasan).

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