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Fonseca: “In Italia ogni partita ha una storia a sé”

Da un punto di vista tecnico-tattico non esiste un campionato come la Serie A

Paulo Fonseca ha rilasciato un’intervista al The Athletic in cui l’allenatore portoghese ha parlato dell’esperienza in Italia e con i giallorossi, in più commenti sui suoi modelli, sul calcio portoghese e sulla Capitale. Queste le parole rilasciate:

Sul campionato italiano…

Qui ogni partita è una storia a sé. Da un punto di vista tecnico-tattico non esiste un campionato come la Serie A. Qui ci sono squadre che iniziano con un sistema e finiscono con un altro. Cambiano più volte nella stessa partita e cambiano anche durante la stagione. Squadre che affrontano un avversarie in un modo e quello dopo in un altro. E non cambia solo il sistema, ma anche le strategie di gioco. I tecnici italiani? Tatticamente sono bravi e molto ben preparati. Ecco perché il calcio qui è complicato. Ed ecco perché quando gli allenatori italiani vanno a lavorare all’estero per loro è facile avere successo. Ho dovuto adattare le mie idee. In passato ero ossessivo riguardo al possesso palla. Adoro le squadre che sono coraggiose col pallone. Ma sono cambiato. Tenere il pallone quanto mi piacerebbe non è possibile in Italia. Sono arrivato a capire l’importanza delle transizioni, ho capito quanto importante sia conquistare il pallone e attaccare velocemente, perché le squadre sono tutte ben preparate difensivamente. Trovare spazi è difficile qui. Se non attacchi velocemente, loro si organizzano molto rapidamente e non hai più transizione.

Su Pedro e Mkhitaryan…

Il loro carattere è molto importante per me. Pedro non giocava tutte le partite al Chelsea, ma quando lo faceva lavorava molto duro difensivamente. Sta confermando tutto ciò che pensavo di sapere. Anche Mkhitaryan è molto simile a Pedro. Sono ragazzi molto intelligenti, con una forte capacità tattica. Ma quello che mi piace vedere da loro è la motivazione, Micki lavora come se fosse un diciottenne, tutti i giorni. Non è facile trovare caratteri come loro. Sono un riferimento per la squadra come Dzeko.

Su Smalling e Ibanez

Sapete che ho fatto un grosso sforzo per tenerlo. Chris ha le caratteristiche ideali per il calcio italiano. Non è facile trovare difensori centrali veloci e aggressivi come lui. Ibanez? Un talento.

Sul Covid…

Sono abituato ad adattarmi alle situazioni – dice Fonseca – Sono stato allenatore dello Shakhtar per tre anni e non sono mai stato a Donetsk. Ho vissuto sempre a Kiev, giocando a Kharkiv e poi a Lviv. In un anno abbiamo fatto qualcosa come 125 voli. È stata un’esperienza incredibile. Ma noi portoghesi ci adattiamo facilmente alle diverse situazioni. Quello però a cui la gente non pensa è che i giocatori non hanno più tempo libero. In estate, per esempio, molti di loro hanno avuto solo dieci giorni di vacanza. E non è sufficiente per ricaricare le pile.

Sul Portogallo..

Quando giocavo io tutto quello che sapevo è che dovevo correre. Vitor Frade invece per noi allenatori portoghesi ha cambiato un po’ tutto. Prima non avevamo imparato molto come giocatori. Il nostro era un calcio molto fisico, usavamo tanto le marcature uomo a uomo. Jorge è stato invece il primo mio allenatore che lavorava sulla tattica. Ci faceva vedere le cose in modo diverso ed è lì che ho iniziato a pensare al calcio in un altro modo. Da lì per me sono diventati fondamentali tre elementi: lo spazio, la palla e l’avversario. Da lui ho imparato molto sull’organizzazione.

Su Mourinho

Quando è apparso Mourinho, anche questa nuova mentalità nel calcio portoghese è emersa altrove. Mou è stato così importante perché quando ha lasciato il Portogallo ha avuto subito un grande successo. E la gente ha iniziato a guardare a noi tecnici portoghesi in un modo diverso da prima.

Su Guardola

La squadra che mi è sempre piaciuta guardare di più è stata il Barcellona di Pep Guardiola. Mi piace come è cambiato il suo gioco nei vari paesi in cui è stato. Proprio come ho dovuto cambiare io arrivato in Italia.

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