La serata dello Special diventa da leggenda
Tiago Pinto ha detto a Mourinho quello che tutti noi abbiamo pensato e lo abbiamo pensato per tutta la settimana: uno come Mourinho non poteva perdere la gara numero 1000 in carriera. Non poteva perché, se davvero esiste un Dio del calcio, si sarebbe opposto con tutte le sue forze. E forse l’ha fatto. Aggiungendo centimetri alle posizioni in campo di Raspadori e Scamacca o agli scarpini di Rui Patricio. Modificando al punto giusto il tiro a giro di El Shaarawy, che si stampa sul palo ma poi entra, non come il destro di Traorè, che coglie il palo e si allontana rapidamente dallo specchio della porta giallorossa. Perché due gol in fuorigioco sono un credito che devi riconoscere a metà tra la geometria applicata al calcio e la fortuna, ma la fortuna aiuta gli audaci e il più audace di tutti arriva da Setubal.
Nel mentire a sé stesso sull’importanza della partita, della ricorrenza che passa e non torna più, perché mille non le fanno tutti. E in quelle novecentonovantanove volte prima, ci ha sempre creduto un pizzico in più dell’avversario, provando in tutti i modi a trovare il guizzo per regalarsi l’ultima esultanza della partita. Come ieri sera, quando ha risposto al richiamo della Curva Sud, un boato fragoroso, veemente e ipnotico, che ti risucchia e ti rilascia quando tutta la sua potenza si è ormai liberata nell’aria. E non è stata una corsa solitaria la sua: ad attenderlo quel gruppo di soldati che Mourinho sta plasmando a sua immagine e somiglianza. Una squadra che pareggerà e perderà, sicuramente, ma ogni volta proverà a vincere la partita. Come fosse la prima, o la millesima. Perché di partite così ce ne vorrebbero mille, come di Mourinho.