Una media di poco superiore alle tre reti a partita in questo inizio di stagione
Non che a Mourinho sposti più di tanto, ma l’etichetta di allenatore “difensivista”, schierato in un ipotetico mondo diviso in due dalla parte dei tecnici ossessionati dal risultato, rispetto ai giochisti, sembra non trovare riscontro in questo primissimo periodo romano del portoghese. Con le cinque reti rifilate l’altra sera al Cska Sofia, la Roma ha infatti realizzato ben 19 gol in sei gare (tra campionato e Conference), per una media di poco più di tre a partita, che per ritrovarla nella storia giallorossa bisogna tornare indietro fino ad inizio anni ‘60. Un dato significativo allo stesso modo dei 4 subiti, con i giallorossi che sembrano sempre faticare o appaiono poco brillanti ingannando gli avversari, fino all’improvvisa esplosione che li porta a vincere tutte le gare.
Da Abraham, fresco di prima rete con la maglia giallorossa all’Olimpico, e bravo nel far dimenticare in fretta le gesta di Dzeko, a Pellegrini, leader ritrovato già a cinque gol fatti, passando per El Shaarawy (3), ma anche Shomurodov, Zaniolo, Mkhitaryan e Carles Perez (resta in ombra Borja Mayoral). Un ruolino di marcia super, dietro al quale è però lo stesso Mou a non volersi nascondere, chiedendo anche ai suoi giocatori di non farlo. “Dobbiamo andare a San Pietro a pregare per non avere infortuni – ha spiegato il portoghese dopo la larga vittoria in Conference – abbiamo dei limiti che dobbiamo gestire perché il campionato è una maratona. Siamo felici di ciò che stiamo costruendo, però dobbiamo restare tranquilli. Il rapporto tra squadra e tifosi è ottimo, ma dobbiamo mantenere la calma. Arriverà la sconfitta e lì dobbiamo essere squadra”. La spina dorsale per il mister è una e intoccabile: Rui Patricio, Mancini, Pellegrini e Abraham. I suoi calciatori, l’anima della Roma, quelli che per restare fuori devono avere qualche problema fisico, o esser squalificati, oppure risparmiati nelle gare dal destino già scritto. Lo scrive La Repubblica.