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La Roma della finale di Tirana perde l’occasione per diventare più che una squadra

Una fucilata di Osimhen da un angolo impossibile, il primo grande errore di Smalling e il Napoli si prende la partita dell’Olimpico, lanciandosi di diritto verso lo scudetto da favorita. E Spalletti batte per la prima volta Mourinho conquistando l’undicesimo successo consecutivo. La Roma rinvia ancora l’appuntamento per diventare qualcosa di più di una squadra che rischia, lotta, “sporca” le partite, ma resta lontana dai livelli richiesti per il vertice. Una sconfitta pesante per il morale più che per la classifica, col sorpasso della Lazio, l’Inter e la Juve che si avvicinano, ma la zona Champions è distante appena due punti. Il responso più pesante dell’amara serata dell’Olimpico è più che altro filosofico: alla fine vince la partita la squadra che attacca di più, pur vivendo una serata lontana da quelle che l’hanno resa impressionante anche in Champions. La Roma crea qualche occasione sporadica ma non tira mai in porta: zero le parate di Meret, mentre Rui Patricio salva i giallorossi un paio di volte prima del gol-vittoria di Osimhen. La partita ha grande intensità emotiva sin dalle prime battute e una reciproca attenzione delle squadre alle istruzioni tattiche consegnate dagli allenatori. Gioca la Roma della finale di Tirana con Camara al posto di Mkhitaryan, gli altri nuovi acquisti sono sparsi tra tribuna e panchina. Stavolta Mourinho – nel modulo che diventa 3-4-1-2 – sistema il centrocampo con il vertice alto Pellegrini ad andare in pressione su Lobotka per limitare il raggio d’azione dello slovacco. Il capitano sbriga bene il compito difensivo mentre il suo contributo di qualità è carente. A destra Karsdorp – titolare al posto di Zalewski fermato da un problema gastrointestinale – e Mancini fanno guardia sul temutissimo Kvaratshelia. E allora il Napoli va spesso dall’altra parte a cercare Lozano, che fa penare non poco Ibañez e crea le occasioni più pericolose dei partenopei nel primo tempo.

Dopo un’occasione sciupata da Abraham, i giallorossi la buttano sull’aggressività e i tentativi di ripartenza improvvisi, il Napoli ama avanzare gestendo il pallone con i suoi triangoli rasoterra eseguiti a memoria. Smalling si prende un giallo per un fallo a centrocampo che fa infuriare l’indemoniata panchina romanista, nulla a che vedere con le proteste, giuste, per un rigore assegnato in maniera errata da Irrati: Rui Patricio colpisce il pallone in anticipo su Ndombele che si lascia cadere, per fortuna esiste il Var e la giustizia viene fatta al monitor. Nella ripresa il Napoli prende in mano la gara, le energie della Roma vanno esaurendosi e l’unico reale obiettivo di Mourinho diventa quello di portarsi a casa lo 0-0. Grazie alla parata di Rui Patricio e le occasioni divorate da Osimhen e Juan Jesus si illude di avercela quasi fatta, mette dentro Belotti per rispondere ai cambi offensivi di Spalletti, ma l’attaccante nigeriano si inventa un gol mostruoso sfruttando l’errore di Smalling e la gara finisce lì. Con una rissa finale – Karsdorp spinge Irrati che gli calpesta un piede, il preparatore Rapetti si fa espellere – che non aggiunge niente di bello a una notte da dimenticare.

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