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Formula Mourinho, mai un anno senza finali

L’incredibile statistica dello Special One

Ha vinto 26 titoli e ha raggiunto 26 finali. I due elementi non coincidono, perché tra le vittorie emergono i campionati e tra le finali ci sono anche le sconfitte, ma rendono l’idea di un percorso impressionante nel quale José Mourinho ha sempre – sempre – vissuto almeno una partita che valeva un trofeo in ogni stagione, dal Porto in poi.

Quella contro il Siviglia sarà appunto la ventiseiesima che negli auspici del la Roma potrebbe trasformarsi in trionfo collettivo: è curioso che a Budapest si sfidino un allenatore infallibile nelle finali di coppa – cinque vinte su cinque finora – e una squadra che ha vinto sei volte su sei la finale di Coppa Uefa/Europa League. Una delle due certezze dovrà per forza svanire il 31 maggio.

Le sue, di sicurezze, sono invece nate nel biennio magico 2002-2004 quando completò una scalata incredibile con sei finali in due anni: soprattutto, sulla panchina del Porto, Mourinho vinse consecutivamente la Coppa Uefa e la Champions League. Aveva solo 41 anni quando ottenne i gradi di campione d’Europa, che poi seppe sfruttare con maestria meritando la chiamata del Chelsea. A Londra, lasciando intendere che tipo fosse, si autoproclamò subito The Special One davanti a microfoni e telecamere. E non tradi’ affatto le attese perché, sostenuti dagli investimenti spaventosi di un giovanissimo Abramovich, vinse al primo colpo la Premier League 50 anni esatti dopo il primo e ultimo titolo del Chelsea.  Nel primo triennio inglese, inoltre, partecipò a 5 finali, alimentando il palmarés e le ambizioni.

Dei due anni all’Inter, ultimo club italiano a vincere la Champions League almeno fino al prossimo mese di giugno, ricordiamo bene ogni passaggio. Con il finale spettacolare, stravolto dalle emozioni e bagnato dalle lacrime, sul prato del Bernabeu, che di li a poco sarebbe diventato il suo giardino di casa. Dai tempi di papà Angelo, Massimo Moratti immaginava di riportare la Coppa a casa: dovette chiamare Mourinho per riuscirci in una stagione incredibile nella quale l’Inter finalizzò lo storico triplete anche a spese della Roma, seconda in campionato al fotofinish e battuta all’Olimpico nella finale di Coppa Italia.

Il resto è di nuovo Inghilterra, tra momenti felici da padrone della scene e discussi esoneri. Il secondo periodo al Chelsea, ma anche le tre coppe in un anno vinte con il Manchester United e soprattutto la finale meritata sul campo con il Tottenham, in Coppa di Lega a Wembley contro il Manchester City, ma mai giocata: il presidente Levy lo cacciò la settimana precedente, impedendogli di competere per un record al quale teneva molto. Vincere almeno un titolo in tutti i club in cui ha lavorato, escluse le esperienze iniziali al Benfica e all’Uniao Leiria. Quella delusione venne comunque rapidamente assimilata grazie allo sbarco alla Roma. La cui fame di gloria è stata già soddisfatta. Ma c’è ancora un’altra finale. Lo scrive Il Corriere dello Sport.

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