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Questa Roma è stata un sogno: da Glasgow allo Scudetto, il racconto di una stagione da ricordare

Passione, lavoro, sacrificio, trionfo: la stagione della Roma fa innamorare del calcio femminile

Questa Roma è stata un sogno. Un sogno di quelli talmente ambiziosi da sembrare irrealizzabili, di quelli che si fa fatica anche a descrivere a chi non prova certe emozioni. Ed è iniziato quando iniziano di solito i sogni più belli, in una sera d’estate.

Era il 18 agosto scorso e, in un piccolo impianto di Glasgow, la Roma femminile si qualificava al primo playoff Champions della sua storia. Lo faceva con una vittoria ai calci di rigore contro le francesi del Paris FC, a dimostrazione di una freddezza che sarà un tratto distintivo della squadra di mister Spugna nell’arco di tutta la stagione. Fa specie pensare che un’avventura iniziata in uno stadio con una capienza irrisoria (1000 posti a sedere, ci perdoneranno gli amici scozzesi), abbia portato la banda Bartoli a realizzare un desiderio per lungo tempo ingiustamente considerato proibito. Il desiderio di giocare davanti a uno Stadio Olimpico gremito, e a raccogliere l’ovazione di più di quarantamila persone. Ma andiamo con ordine: perché questa non è solo una storia di lacrime e sudore, è anche una storia di lavoro tattico, di cura del dettaglio, di attenzione a ogni aspetto del gioco.

“E dai Giacinti facci un gol!”: le prime gare di campionato e lo scoglio Juventus

Lo si capisce già dalle prime due giornate. La Roma vince e convince contro il Pomigliano e soprattutto contro il Milan, bestia nera della storia del club giallorosso. A brillare sin da subito è la stella di Valentina Giacinti, acquisto dell’estate che, da punta, va subito a segno in entrambe le gare. La numero 9 giunge nella Capitale per portare al definitivo salto di qualità una rosa già abbondante di talento. Il pubblico la acclama sin da subito: “E dai Giacinti facci un gol!”, e i gol arriveranno. Pure tanti, a fine stagione saranno 20, la maggior parte decisivi.

Dopo le prime due partite arriva la Juventus: le bianconere in casa loro strappano una vittoria per uno a zero tutt’altro che convincente, con le giallorosse ad impostare una gara di grande personalità e costrette a giocare gran parte del secondo tempo in dieci. Insomma, la classica gara sfortunata che rischia di spezzare le gambe sul più bello a una squadra che spera di fare il grande salto. E invece non succede. Anzi, non può succedere, se in squadra hai gente come Elena Linari, una che ha solcato i campi più importanti d’Europa, sia con le maglie dei club (Atletico Madrid su tutti) sia con la maglia della nazionale, di cui è sostanzialmente elemento imprescindibile dal 2013, data del suo esordio in azzurro. Insomma, una con personalità da vendere. Chi assiste alle gare della Roma dal vivo non può fare a meno di notare come sia sempre la prima a dare indicazioni alle altre ragazze, a scuotere una compagna in difficoltà, a confortarla nel momento del bisogno. Leader autentica, dentro e fuori dal campo.

 

L’inizio della fuga e il trionfo in Supercoppa: è nata una grande squadra

Le giallorosse dicevamo si rimettono subito in carreggiata, e strappano senza troppe difficoltà (vittoria per 2-1 all’andata e per 6-2 nella gara di ritorno) il pass per i gironi di Women’s Champions League contro lo Sparta Praga. In campionato la vittoria in rimonta contro la Fiorentina dà l’avvio a un’incredibile serie di successi consecutivi: Parma, Sassuolo, Como, Inter. Arrivano anche, in parte inaspettate, le prime due vittorie nel girone europeo, rispettivamente contro Slavia Praga (1-0) e Sankt Pölten (un pirotecnico 3-4).

È di nuovo il momento della Juventus. Stavolta l’occasione è la Supercoppa Italiana, che la Roma gioca in quanto finalista perdente dell’ultima finale di Coppa Italia. Anche quella volta a trionfare erano state le bianconere. Forti anche del successo ottenuto poche settimane prima, le avversarie si sentono piuttosto sicure di poter portare a casa l’ennesimo trofeo. Non questa volta. Già, perché la squadra di mister Spugna adesso ha un’altra maturità. Ha la capacità di rimanere in gara anche quando non è padrona assoluta del campo. Il gol della solita Giacinti apre le danze, ma il pareggio di Boattin sembra poter cambiare l’inerzia del match, e invece, nonostante qualche occasione per la Juve, la Roma stavolta non crolla e la porta ai rigori. Qui entra in scena Camelia Ceasar, la guardiana dei sogni di questa squadra. Prima neutralizza un tiro della leggenda vivente Cristiana Girelli (una, per intendersi, da più di 300 gol in carriera), poi para il rigore decisivo portando un trofeo, il primo della storia del calcio femminile dopo il passaggio al professionismo, nella Capitale.

La miglior difesa del campionato, il calcio più bello della Serie A

È lo sblocco decisivo per questa squadra, che si rende conto finalmente di non dover temere niente e nessuno. Anzi, sono le avversarie che devono (e da questo momento anche la rivale bianconera) scendere in campo con la paura negli occhi quando di fronte hanno la squadra allenata da Alessandro Spugna. Il tecnico merita una menzione d’onore. Fa giocare le giallorosse in maniera splendida: a volte si rasenta il sublime (il 7-1 a Firenze contro la Fiorentina è un manifesto del calcio propositivo), ma non si dimentica mai la concretezza. Appena 12 gol subiti durante la regular season: è, con grande distacco, la miglior difesa del campionato.

Giornata dopo giornata il distacco dalle inseguitrici aumenta. Quando inizia la Poule Scudetto (la seconda fase del campionato, in cui ad affrontarsi tra loro in un girone sono soltanto le prime cinque della classe) tra la Roma e l’inseguitrice più accreditata – la Juventus, tanto per cambiare – ci sono ben 8 punti. Nel frattempo è arrivata anche la qualificazione alla finale di Coppa Italia nel doppio confronto thriller contro il Milan (sconfitta esterna all’andata e rimonta chiusa al minuto numero 101′ da Vicky Losada, centrocampista che, da capitano, aveva già alzato nel 2021 la Coppa Campioni con la maglia del Barcellona, e che a gennaio era stata acquistata dalla compagine giallorossa). Insomma, non proprio una qualsiasi.

“Una sola voce”: Roma-Barcellona allo Stadio Olimpico e l’orgoglio di un popolo

Ma a catturare l’attenzione di tutti è un altro appuntamento a cui le ragazze sono riuscite a guadagnarsi il diritto di prendere parte. I quarti di finale di Champions. I gironi, conclusi al secondo posto alle spalle del Wolfsburg, avevano visto le gare casalinghe disputarsi allo Stadio Francioni di Latina, a causa della mancanza di un impianto di illuminazione al Tre Fontane, dove Andressa e compagne spadroneggiavano ormai da inizio anno. Per i quarti il sorteggio vuole che ad affrontare le italiane sia il Barcellona. La responsabile del settore femminile Betty Bavagnoli e il presidente Friedkin sono d’accordo nel dire che questa squadra merita un palcoscenico speciale per un’occasione speciale. La decisione è presto presa: i quarti di finale d’andata si giocano all’Olimpico. C’è poco tempo per organizzare la vendita dei biglietti, e il rischio del cosiddetto “effetto acquario” è forte, ma come sempre il pubblico risponde presente.

Il claim della campagna di vendita dei biglietti è “Una sola voce”, a testimonianza di come non ci siano distinzioni di genere nel mondo giallorosso: non esiste maschile o femminile, esiste la Roma. Saranno più di quarantamila gli spettatori, la gara terminerà con il risultato di 1-0 per le ospiti (al ritorno poi le blaugrana dilagheranno con un rotondo 5-1), ma poco importa. Giocare all’Olimpico, e farlo con una prestazione di carattere e qualità, è la realizzazione degli sforzi di anni di lavoro.

Pensiamo alle emozioni che può aver provato capitan Bartoli. Romana, romanista, nel 2018 ha deciso di abbandonare una grande squadra come la Fiorentina per un vero e proprio salto nel vuoto. Il club giallorosso aveva appena aperto la sezione femminile e il rischio di accettare una proposta simile è alto, ma al cuor non si comanda. L’amore per la maglia di questa città vince su tutto. Cresciuta sugli spalti dell’Olimpico, riuscire a giocarci una partita di questa importanza, in un contesto del genere, ripaga la numero 13 di tutti i sacrifici.

Lo scudetto si avvicina, ma ancora non si dice!

Archiviata la Champions, le emozioni non sono finite. Tutt’altro, ci si rituffa in campionato con ancora più determinazione, e arrivano solo vittorie. Il vantaggio continua a crescere. La gara del 22 aprile contro la Juventus in casa vinta 3-2 con il gol nei minuti finali di Haug fa impazzire tutti di gioia, e fa finalmente pronunciare la parola “scudetto” o… quasi! Già, perché in zona mista Manuela Giugliano parlando con i giornalisti presenti preferisce ancora sforzarsi di non usare quella parola. Ormai però, con undici punti di vantaggio a quattro gare dalla fine, alla scaramanzia non crede più nessuno, e anche la numero 10 si lascia scappare qualche risata spontanea sull’argomento. Proprio con questo piccolo episodio si può riassumere tutta la Manuela Giugliano calciatrice della Roma. Precisa, geometrica, impostata. Eppure contemporaneamente naturale, leggiadra, gioiosa. La fantasia è nulla senza controllo: per fortuna a lei non manca nulla.

Può iniziare la festa: campionesse d’Italia!

La matematica certezza del tricolore arriva una settimana più tardi, il 29 aprile. La coreografia del pubblico è da brividi, e in tutto il Tre Fontane non c’è nessuno che non sia sicuro della vittoria finale della Roma. A siglare i due gol che consegnano formalmente il tricolore alla squadra sono due romaniste: la già citata Bartoli (a proposito di sogni ed emozioni…) e Giada Greggi. La numero 20 non è solo una centrocampista di livello, è qualcosa in più. Il suo attaccamento alla maglia ha reso il suo rapporto con i tifosi speciale. Dopo ogni suo contrasto si legge l’orgoglio negli occhi dei tifosi più in là con gli anni, che in lei rivedono lo spirito di una romanità che sembra appartenere a un’altra epoca. Si legge l’amore che solo i bambini sanno dare negli occhi degli spettatori più piccoli, che nella sua sicurezza in mezzo al campo vedono un po’ un idolo e un po’ una sorella maggiore.

E adesso…

La festa scudetto è pazzesca. Al triplice fischio viene srotolato un gigantesco tricolore che ricopre tutta la tribuna, e in campo si vedono scene di pazza gioia. Bartoli dirige i cori, anche Spugna allenta per una volta il colletto della sua camicia e con esso la tensione, e si lascia andare. È il primo campionato di Serie A Femminile vinto della storia del club. Queste ragazze sono nella storia.

E poco importa se la finale di Coppa Italia del 4 giugno non sorride alle giallorosse, con il gol di Bonansea che porta il trofeo nelle mani della Juventus in pieno recupero. Non importa perché il sorriso è già sui volti delle calciatrici, sui volti di tutto lo staff e sui volti dei tifosi. È il sorriso di chi sa di aver reso onore a una maglia leggendaria, di chi è consapevole di aver chiuso un cerchio aperto nel 2018. È soprattutto il sorriso di chi sogna che il trionfo della stagione 2022-23 sia solo l’inizio di una storia gloriosa ancora tutta da scrivere. Sempre con il sorriso di chi sa di essere Roma.

 

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