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Dall’illusione del quarto posto, al triste epilogo di Budapest

Grinta, appartenenza e forti emozioni, questi sono stati i punti di forza su cui si è poggiata la seconda Roma di Mourinho

Stadio Olimpico, ultima partita della stagione: la Roma, costretta a vincere per accedere alla prossima Europa League, si trova inchiodata sul punteggio di 1-1 contro lo Spezia. Al novantunesimo minuto, tra la confusione generale, il direttore di gara indica il dischetto e assegna ai giallorossi un calcio di rigore decisivo, sotto la Curva Sud. Sugli spalti si respirano attimi infiniti; Dybala si presenta davanti al portiere avversario con un volto teso ma concentrato, sicuro delle proprie capacità dagli undici metri. La Joya si distende con un lungo respiro, prende una media rincorsa e calcia violentemente nell’angolino basso di sinistra, alla destra del portiere. Lo Stadio detona l’urlo di felicità ancor prima che la rete si muova: 2-1. Con questo sigillo, che scaturisce in una gaudente corsa liberatoria della squadra verso i cancelli della Curva, la formazione giallorossa sale al sesto posto in classifica, a quota 63 punti, gli stessi della precedente stagione, supera la Juventus, declassandola in Conference League, e si qualifica nuovamente in Europa League.

La Roma e i suoi tifosi si sono lasciati così, con un finale thriller deciso da un singolo ma cruciale episodio che ha rispecchiato appieno lo svolgimento generale dell’intero campionato 2022/23; il primo, dopo quindici interminabili anni di digiuno, giocato con un colorato simbolo sulla manica della maglia, raffigurante la Conference League, il trofeo vinto nel maggio precedente.
La seconda stagione sotto la guida di José Mourinho è stata un concentrato di vivide emozioni; una vera e propria maratona da record, intensa, lunga e in certi tratti travagliata, alla continua rincorsa di un ingresso in Champions League, cercato sia tramite l’accesso tra le prime quattro posizioni in Serie A che attraverso la vittoria in Europa League.
Inaugurata nella calda sera del 14 agosto a Salerno e terminata il 4 giugno, nell’appassionato abbraccio dell’Olimpico, l’annata si è divisa in due parti per dar spazio alla sostanziosa parentesi dei Mondiali in Qatar, che hanno tenuto fermi gran parte dei campionati in giro per il mondo per quasi nove settimane, dalla prima metà di novembre a quella di gennaio.
In questi dieci mesi le sensazioni, mantenutesi sempre più vive che mai, si sono costantemente avvicendate, a seconda delle fasi e dei periodi vissuti, in un binomio vitale tra squadra e tifoseria inedito; ma per analizzare bene il tutto, c’è bisogno di andare per gradi, partendo dall’inizio di questo lungo viaggio, che con impegno, fede e dedizione, ha portato i Romanisti a sfiorare un’altra meravigliosa impresa europea.

L’avvio di stagione: vittorie di misura e subito Juve

Dopo un’informale gara di presentazione, in uno Stadio Olimpico totalmente sold-out anche il 7 di agosto, in cui la Roma sfida e batte per 5-0 lo Shakhtar Donetsk, il nastro di inaugurazione della Stagione viene tagliato a Salerno, nella cornice dello Stadio Arechi, l’afosa sera del 14 agosto 2022. La formazione giallorossa affronta la Salernitana presentandosi con la difesa a tre, formata dalla triade Mancini, Smalling e Ibanez, che con il tempo diverrà sempre più affermata, e un’elegante divisa da trasferta color bianco avorio. Tra le fila capitoline, spicca fin da subito l’esuberanza tecnica di Dybala, che si mette in mostra con alcune giocate di grande classe, scheggiando anche il palo sul finire del primo tempo. Alla fine dei novanta minuti, è la Roma ad imporsi e a conquistare i primi tre punti della stagione con la rete decisiva di Bryan Cristante alla mezz’ora di gioco. Una vittoria di misura permette agli uomini di Mourinho di iniziare il cammino con il piede giusto e mettere minuti nelle gambe per ritrovare la forma ideale.
L’esordio in trasferta è seguito dal pomeriggio casalingo del 22 agosto, per larghi tratti molto simile, con la Cremonese che si vede battuta da uno stacco autoritario di Smalling, che segna la prima rete da calcio piazzato e regala la seconda gioia alla piazza. Il risultato è di nuovo 1-0 e i punti diventano sei.

Il primo scoglio della stagione si presenta già alla terza giornata con la trasferta a Torino, nell’inespugnabile fortino bianconero dell’Allianz Stadium. Il match con la Juventus termina 1-1; la Roma, eccezion fatta per la vittoria a porte chiuse nell’agosto 2020, strappa il primo punto della sua storia nell’impianto piemontese e torna a casa salendo a quota 7 punti in classifica. Le successive giornate vedranno i giallorossi annichilire il Monza per 3-0, perdere rovinosamente (4-0) in Friuli contro un’Udinese indomabile, protagonista di un periodo di forma smagliante, e fare il loro esordio in Europa League a Razgrad, in Bulgaria, nell’insipida trasferta persa per 2-1 con il Ludogorets.

Arrivano le prime sconfitte, inizia la ‘fase altalenante’

Da questo momento in poi, si vivono periodi altalenanti e serate, eccetto la mirabile vittoria a Milano con l’Inter per 2-1, che non tolgono particolari soddisfazioni alla piazza. Arrivano successi con Empoli, Helsinki, Lecce, Sampdoria e Verone ma amare sconfitte con Atalanta, Napoli e Real Betis in Europa League, che quasi complica i piani di passaggio del girone. A novembre, la Roma si trova ad occupare la quarta posizione in classifica, quota venticinque punti, con un filotto di quattro squadre sotto di lei, a sole due lunghezze. Passato faticosamente il girone di Europa League come seconda classificata, grazie alla vittoria all’ultima giornata sul Ludogorets, il Derby, che vede la Lazio ospite all’Olimpico, fa capolino il 6 novembre e funge da gara spartiacque della stagione. La nefasta sconfitta per 0-1, decisa dalla rete di Felipe Anderson al 29^ minuto, segna il primo grande passo falso nel cammino della squadra, nonché uno sconforto popolare tra i tifosi giallorossi, che speravano di vivere un altro scenario.

La formazione di Mourinho scivola così al sesto posto e fatica a rialzarsi negli ultimi due incontri prima della pausa Mondiale, pareggiando 1-1 sia a Reggio Emilia con il Sassuolo, che in casa con il Torino. La carenza più importante si nota in attacco, dalle parti delle due punte, Abraham e Belotti, che stentano a capitalizzare le occasioni ricevute e accumulano appena tre reti in due, tutte dell’inglese.
La prima parte della stagione va dunque tristemente in archivio; la Roma si ritrova al settimo posto in classifica con ventisette punti e quattordici reti incassate in quindici gare. Complessivamente, basandosi esclusivamente sui risultati, sembrerebbe essere un inizio dalle tonalità prevalentemente grigie, ma ciò che stupisce, e rende unica la realtà della Roma, rispetto alla maggioranza delle altre presenti in Italia, e nel mondo, è la fede incondizionata della piazza, a prescindere dai risultati. L’unica certezza in una fase incerta, infatti, risulta essere la magica atmosfera dello Stadio Olimpico, che raggiungerà fino a 33 sold-out consecutivi, un punto di riferimento saldo, dal quale, nella seconda parte di stagione, la stessa Roma si poggerà per risalire la china.

Termina il mondiale: al via la seconda parte di campionato

Il Mondiale in Qatar, scevro della partecipazione dell’Italia, risulta essere più sentito di quanto ci si potesse aspettare e vede l’Argentina trionfare in finale con la Francia, ai calci di rigore, grazie anche ad una rete di Dybala nella lotteria conclusiva. Con la vittoria della Coppa, la Joya diventa il sedicesimo calciatore romanista a vincere il titolo mondiale, ultimo dopo Francesco Totti, Daniele De Rossi e Simone Perrotta, con l’Italia nel 2006.
Contemporaneamente alla straordinaria parentesi dei mondiali invernali, la Roma conduce prima una tournée in Giappone per disputare l’EuroJapanCup, una piccola competizione di due gare e successivamente un mini-ritiro in Algarve. Nelle varie amichevoli, i giallorossi collezionano due vittorie, entrambe in Portogallo, due pareggi e una sconfitta con il Cadice.

Terminata la maxi-sosta, il campionato riparte poco dopo il cambio di calendario: 4 gennaio 2023. La formazione capitolina ospita e si impone sul Bologna allo Stadio Olimpico, vincendo 1-0 con calcio di rigore realizzato da Lorenzo Pellegrini. La giornata successiva è una trasferta a Milano, sponda rossonera. Da qui, precisamente dal minuto 93 del match, che registra il 2-2 in rimonta firmato Abraham, comincia idealmente una nuova stagione, che parte con una striscia di prestazioni positive.

Il pareggio a San Siro dà la scossa: la Roma cambia marcia e impara a rialzarsi subito dopo le sconfitte

I giallorossi, rivitalizzati dall’insperato pareggio a San Siro, fanno crollare psicologicamente il Milan e trovano la chiave in diverse serate consecutive, vincendo contro il Genoa in Coppa Italia, Fiorentina e Spezia. L’onda dell’entusiasmo viene fermata, ma non spenta, dalla sfortunata sconfitta con il Napoli allo Stadio Diego Armando Maradona e, soprattutto, dalla pesante eliminazione ai quarti di Coppa Italia con l’outsider Cremonese, allo Stadio Olimpico, allenata da Davide Ballardini, subentrato ad Alvini.

La disfatta potrebbe segnare, e di fatto segna, il secondo grande passo falso della stagione, ma la Roma non ci si sofferma e riparte a ruota, battendo Empoli e Verona, pareggiando a Lecce a causa di alcuni episodi arbitrali dubbi a sfavore e qualificandosi agli ottavi di finale di Europa League, dopo aver rimontato ed eliminato il Salisburgo ai sedicesimi di ritorno, davanti ai suoi tifosi.
Nel mezzo di un buon momento, i fantasmi si rivedono il 28 febbraio in campionato, nuovamente con la Cremonese, bestia nera della stagione. I giallorossi perdono clamorosamente 2-1 in Lombardia e regalando alla squadra di casa la prima vittoria in Serie A, dopo ventisette anni. È il terzo colpo basso della stagione, ancora con i grigiorossi. Il periodo di forma si trasforma lentamente in una fase incostante; arriva subito una vittoria all’Olimpico con la Juventus di misura, targata Gianluca Mancini nel secondo tempo, che fa toccare per una sera le stelle ai tifosi romanisti. Poi, proseguendo con l’altalena, sopraggiungono una sconfitta con il Sassuolo, l’approdo ai quarti di Europa League ai danni della Real Sociedad, e il secondo Derby perso della stagione, anche stavolta per 1-0; un record che non avveniva dall’annata 2011-12.

Si rivede il Feyenoord, va in scena il rush finale della stagione

Giungiamo ad aprile, fase del rush finale. Si parte con un convincente 3-0 sulla Sampdoria, fanalino di coda del campionato, una vittoria di misura a Torino, sponda Granata e una con l’Udinese. Nel mentre, ai quarti di Europa League si consuma una delle sfida più avvincenti della stagione. Scherzo del destino o ironia della sorte, l’urna di Nyon pesca il Feyenoord come avversaria della Roma. A meno di dodici mesi dall’ultimo confronto a Tirana, in finale di Conference League, la formazione di Mourinho torna a fronteggiare il club olandese, costretta a doversi relazionare con la voglia di vendetta che cova da quasi un anno. Un’interminabile TomTom mediatico introduce la sfida; migliaia di tifosi olandesi esordiscono minacciando di scendere nella Capitale e distruggere la città, invadendo le principali piazze del centro e danneggiando i monumenti, come fatto nel precedente del 2015 con la deturpazione della Barcaccia, a Piazza di Spagna.
Alla fine, la decisione che verrà presa sarà quella di vietare entrambe le trasferte al pubblico ospite.

A far scalpore è sostanzialmente il match di ritorno giocato all’Olimpico, dopo la sconfitta dell’andata, per 1-0, a Rotterdam. La Roma, compiendo un’impresa che rimarrà incisa nelle menti di tutti i tifosi, riesce a ribaltare il risultato ai tempi supplementari, dopo essersi trovata sul risultato di 1-1 all’89^ minuto di gioco e 2-1 un minuto più tardi, grazie alla magia di Paulo Dybala. Nella mezz’ora aggiuntiva, i giallorossi trovano due volte la via del gol e chiudono il discorso qualificazione, accedendo alla terza semifinale europea consecutiva, quarta negli ultimi sei anni.

Con il potenziale sogno tra le mani di poter arrivare fino in fondo alla competizione, la squadra inizia a concentrarsi prevalentemente sul percorso europeo tralasciando, in maniera non del tutto evidente, ma intuibile, gli impegni di campionato. Di conseguenza, da qui all’ultima giornata della stagione arrivano tre sconfitte, quattro pareggi e zero vittorie.
I pensieri vengono focalizzati sulla semifinale con il Bayer Leverkusen, Germania. Qui, va in scena il secondo atto del turno, dopo la rocciosa vittoria dell’andata all’Olimpico, decisa di misura dal primo gol europeo in carriera del giovane Edoardo Bove. Nella BayArena i giallorossi sfoderano un pesante catenaccio dal primo all’ultimo minuto di gara, difendendo con i denti il prezioso vantaggio e riuscendo a strappare, ancora una volta, la qualificazione in finale.
L’armata Mourinhana si prepara a volare a Budapest per sfidare il Siviglia, sognando il migliore degli epiloghi possibili, nonché il secondo trofeo europeo, in due stagioni assieme allo Special One.

La sconfitta di Budapest

In trepidante attesta per la grande finale a Budapest, fissata al 31 maggio 2023, tra le vie di Roma si assapora mentalmente, in modo incessante la voglia di voler vivere la magica serata europea il prima possibile, con il desiderio di passare un’altra notte indimenticabile, dopo quella di Tirana, e alzare al cielo un trofeo ancora più importante.
I countdown pubblicati sui vari social, non fanno altro che caricare ancor di più l’atmosfera di dense sensazioni e sogni luccicanti.

La data sembra non arrivare più, ma improvvisamente, tutta insieme, eccola che si fa spazio. Oltre 20mila romanisti raggiungono la Capitale Ungherese, colmi di speranze, per fare il loro ingresso nella Puskas Arena, impianto nel quale si terrà il match. Esattamente alle 21:00, il direttore di gara, Anthony Taylor, di nazionalità inglese, fischia l’inizio della gara, dando il via alla giostra di travolgenti emozioni che si consumeranno nelle ore successive.
La serata si rende subito protagonista di un inizio vibrante, con entrambe le squadre che mostrano un grande impegno sin dai primi minuti. Il Siviglia si mostra preparato nelle abilità di possesso palla, nella costruzione del gioco, cercando di prendere il controllo del campo; mentre la Roma cerca di rispondere con una difesa solida e un gioco veloce in contropiede, con l’obiettivo di sorprendere gli avversari, quando opportuno. Il primo gol, che risulterà essere la più grande e demoralizzante illusione degli ultimi decenni, nonché la prima per diverse generazioni di romanisti, arriva nel primo tempo, grazie al sinistro ad incrociare dell’imprescindibile Paulo Dybala, su invenzione di Mancini da metà campo.

Nel secondo tempo, si prosegue con una lotta tenace e determinata da entrambi i fronti; la Roma pratica un romanticismo ideale e si stringe di fronte alle prime vere difficoltà, mostrando un grande spirito di squadra, fino alla rete del pareggio. Intorno al 54^ minuto, infatti, un cross insidioso di Jesus Navas dalla sinistra pesca l’area di rigore e sbatte sul petto di Mancini, che inerme, non può far altro che guardare il pallone carambolare in porta: 1-1. Da questo momento, la partita cambia radicalmente: nonostante le manovre offensive della formazione giallorossa, unite agli ottimi interventi difensivi per sventare le minacce spagnole, iniziano a verificarsi una serie di episodi arbitrali vistosamente a sfavore, tra cui, il più plateale, la negazione di un calcio di rigore inequivocabile all’81^ minuto. Si procede con i tempi supplementari, ma la musica non cambia; la Roma, nonostante le avversità, tira avanti e resiste stoicamente fino ai calci rigore. Qui, con uno schieramento titolare dimezzato e martoriato dagli infortuni, i giallorossi si presentano senza specialisti, firmando di fatto la resa definitiva.
Infatti, bastano appena tre tiri per laureare il Siviglia Campione d’Europa per la settima volta nella sua storia. Dagli undici metri sbagliano Mancini e un devastato Ibanez, capace di farsi avanti anche con un labbro rotto.
A prescindere dal risultato, ad ogni modo, la finale è stata un’esperienza intensa per tutti i romanisti, tornati a casa a mani vuote, ma con la splendida consapevolezza di essersi battuti fino alla fine.

Il finale di campionato thriller

Smaltita una piccola parte della delusione, probabilmente con qualche giorno di silenzio, i tifosi romanisti si recano allo Stadio Olimpico, un’ultima volta, per seguire l’appuntamento conclusivo della stagione, contro lo Spezia.
Per quanto incredibile possa sembrare, il sold-out nella gara con i liguri si delinea come la più grande rappresentazione di vicinanza del pubblico, nei confronti della squadra. A soli cinque giorni dalla dolorosa sconfitta in finale, con una ferita ancora aperta e contusa, la Roma viene accolta in campo da un sincero e commovente applauso, proveniente dagli spalti e invitata a superare l’ostacolo per assicurarsi un posto nella prossima Europa League, declassando la Juventus in Conference.

I giallorossi vanno sotto nei primi minuti, ma mostrano di avere una grande determinazione nel cercare di prendere il controllo del gioco, trovando la via del pareggio allo scadere del primo tempo, grazie ad un gol di Nicola Zalewski. Nella ripresa, l’equilibrio regge fino al 91^ minuto, quando, negli ultimi giri orologio della stagione, il direttore di gara indica il dischetto e assegna ai giallorossi un calcio di rigore decisivo, sotto la Curva Sud. Sui seggiolini dello Stadio si respirano attimi infiniti; Dybala si presenta davanti al portiere avversario con un volto teso ma concentrato, sicuro delle proprie capacità dagli undici metri. La Joya si distende con un lungo respiro, prende una media rincorsa e calcia violentemente nell’angolino basso di sinistra, alla destra del portiere. Lo Stadio detona l’urlo di felicità ancor prima che la rete si muova: 2-1. Con questo sigillo, che scaturisce in una gaudente corsa liberatoria della squadra verso i cancelli della Curva, la formazione giallorossa sale ufficialmente al sesto posto in classifica, a quota 63 punti, gli stessi della precedente stagione e supera la Juventus.
Al triplice fischio, la squadra fa un giro di campo sulla pista d’atletica, acclamata dal suo pubblico, al quale poco importa se la coppa non sia tra le braccia dei giocatori, dimostrando, con i fatti, alle altre tifoserie, di saper amare in ogni caso, perché, alla fine, ride delle cicatrici, solo chi non ha mai avuto una ferita.

Tempo di bilanci, chi ha brillato di più?

A bocce ferme, è bene tirare le somme e analizzare attentamente alcuni spunti e dati interessanti che la stagione appena terminata ci può offrire. La Roma ha chiuso il campionato 2022/23 piazzandosi al sesto posto in classifica con 63 punti all’attivo, stessa posizione e punteggio della precedente annata (2021/22). A distogliere l’attenzione da un cammino in Serie A, a tratti, claudicante (18 vittorie, 9 pareggi, 11 sconfitte), ci ha pensato l’emozionante scalata in Europa League, che a seguito di un inizio turbolento nella fase ai gironi, nella quale i giallorossi si sono posizionati al secondo posto, quota 10 punti, ha portato gli uomini di Mourinho a giocarsi la finale a Budapest, contro il Siviglia, regina della competizione.

Matic Smalling

Tra le fila della squadra ha brillato, su tutti, Paulo Dybala, arrivato in grande stile dalla Juventus a parametro zero in estate e rivelatosi esattamente il giocatore che la piazza si augurava di vedere: in costante rendimento dal primo all’ultimo impregno. Tolto qualche stop di medio-breve durata, a causa degli infortuni subiti, la Joya, in tutta la stagione, tra campionato e coppe, ha disputato 2.506 minuti per 38 partite, 18 gol e 8 assist, score realizzativo migliore dalla stagione 2017/18.
Assieme all’argentino, spicca anche il profilo di Chris Smalling, quest’anno trentatreenne, classe 1989, ma ancora pilastro insostituibile della difesa romanista. L’inglese ha messo in mostra il suo lato stakanovista, disputando 47 gare in un totale di oltre 4mila minuti giocati e mantenendo una media di 96 minuti per partita. Anche sul piano tecnico, ha donato qualità al reparto, con l’88% di passaggi completati e il 93% di contrasti vinti: numeri impressionati.
Da annotare anche il nome di Nemanja Matic, che dopo un inizio in sordina, dovuto probabilmente ad un periodo di adattamento al campionato italiano, è rapidamente cresciuto, giornata dopo giornata, arrivando a totalizzare 50 presenze, due reti e tre assist, per 3.114 minuti, e diventando il perno del reparto di centrocampo grazie ad una spiccata dote nei contrasti e nelle ripartenze palla al piede.

Tre nomi, quelli fatti in quest’ultimo paragrafo, dai quali Mourinho si augura di ripartire per la prossima stagione, possibilmente affiancati da nuovi volti, che sappiano rinforzare adeguatamente la formazione titolare.

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