Ci sono storie che iniziano con sibili e si trasformano in urla di gioia, diventando poi silenzi di pietra. Jiri Vavra è una di quelle storie che si raccontano ai bambini per tenerli buoni: “Se non fai il bravo, arriva il mostro e ti porta via”. Siamo nel 19 marzo 1996, allo Stadio Olimpico, quarti di ritorno della Coppa UEFA, l’attuale Europa League; la Roma ha appena ribaltato lo svantaggio di 0-2 a Praga ed è in vantaggio 3-0 ai tempi supplementari. Ma lo Slavia Praga ha una carta vincente nascosta: Jiri Vavra, un centrocampista di 21 anni senza una storia di rilievo e un futuro incerto. Il ragazzo, in un’azione di gioco, si trova sulla traiettoria giusta e batte Cervone con un tiro quasi alla cieca. Con questa rete, la Roma di Mazzone e Giannini viene eliminata nonostante il dominio in campo, a causa della regola dei gol in trasferta (ora abolita). A pochi giorni dal rematch di Roma-Slavia Praga, Il Corriere dello Sport ha intervistato il protagonista di quella serata, il killer sportivo di un momento così importante nella sua carriera. Di seguito, le sue parole.
Vavra, lo sa che a Roma la ricordano come un incubo?
“Lo immagino. Ma credo che la cosa valga solo per i romanisti. A quanto ho saputo i tifosi laziali hanno gradito“.
Le piace provocare. Cosa ricorda di quella partita?
“L’agitazione prima di entrare in campo. C’erano 70.000 persone allo stadio. Dalla panchina guardavo un calciatore giovane, più o meno della mia età, e pensavo: quanto è bravo, molto più di me. Era Francesco Totti… Non credevo che ce l’avremmo fatta a qualificarci. La parte peggiore è stata dopo il 3-0 perché c’era così tanto casino che non riuscivamo nemmeno a parlare tra noi, in campo”.
E poi?
“Secondo me la Roma ci sottovalutò, pensò di aver completato la missione. Quando vidi quel pallone calciai dritto senza pensare. Ricordo che il portiere non si mosse. Una gioia incredibile, estrema. Cominciai a correre avanti e indietro, non so bene dove. Era già tempo di festeggiare“.
Come?
“Ci ritrovammo tutti in albergo nella stanza del portiere, Stejskal. Bevemmo un po’“.
Da quella sera non abbiamo più sentito parlare di Vavra.
“Sicuramente è stato il gol più importante della mia vita. Forse ne ho fatto un altro bello, ma era nei campionati giovanili (ride, ndr). Tutta la stagione comunque fu indimenticabile”.
Cosa fa oggi Vavra?
“Gioco ancora, anche se ho 48 anni: la mia squadra si chiama Detenice, frequenta i campionati minori della Repubblica Ceca. Ho un cottage da queste parti e per guadagnare lavoro anche come magazziniere per un’azienda di trasporti”.
Stavolta chi vince tra Roma e Slavia Praga?
“Spero che la storia non cambi. E che possiamo vincere noi. Credo che lo Slavia abbia le potenzialità per fare un altro scherzo alla Roma. Ma tanto passeranno entrambe alla fase successiva: il girone è facile”.