Zalewski: “Devo ringraziare Mourinho, mi aiutò molto dopo la morte di mio padre”

Le parole dell'ex calciatore della Roma: "Appena ho messo piede ad Appiano, in me è scattato qualcosa di speciale"

Zalewski

Il centrocampista dell’Inter Nicola Zalewski, arrivato a vestire la maglia nerazzurra dopo la sua esperienza nella Roma, ha rilasciato un’intervista a Il Corriere della Sera in cui ha ripercorso i suoi anni nella Capitale. Ecco le sue parole dal ritiro dei nerazzurri, impegnati nel Mondiale per Club.

Lei è appena stato riscattato. A convincere l’Inter è stata la sua duttilità?
“Penso di sì. Il fatto di poter giocare in più ruoli e di aver segnato a Torino nella prima partita da trequartista, giocando bene anche a Como, è stato importante”.

La scintilla però era scattata subito, nel derby poche ore dopo il suo sbarco a Milano, con l’assist per De Vrij.
“Appena ho messo piede ad Appiano, in me è scattato qualcosa di speciale, non solo a livello di campo, ma anche nel rapporto con le persone. Ho lavorato dal primo giorno per rimanere. E non lo considero un punto di arrivo”.

Quello da trequartista per lei è un ritorno alle origini…
“Fino alla Primavera giocavo lì, ma in prima squadra cambia tutto, il ritmo e la fisicità. Negli ultimi tre anni sono stato impiegato da quinto di centrocampo e mi sono trovato molto bene anche lì. So che suona banale, ma gioco dove vuole l’allenatore”.

Tu e Chivu dovete qualcosa a Mou. Ne avete parlato?
“No, ma ci sarà occasione”.

Sente che alcune sue abilità nascono dalla strada?
“Sì, sicuramente se sono qui adesso è grazie anche a quei momenti lì, vissuti da bambino. E a quel contesto”.

Tra Poli e Trigoria con il traffico sono quasi tre ore fra andata e ritorno. Mangiava e studiava in auto?
“Fa parte delle cose che la gente non vede: finita la scuola i miei genitori mi venivano a prendere, pranzavo nel tragitto e poi dopo l’allenamento facevo i compiti. Dalle superiori ho iniziato la scuola a Trigoria e mi sono diplomato”.

È vero che suo padre, prima di diventare romanista grazie a lei, era interista?
“Sì, a Poli c’erano tanti interisti e quando è arrivato in Italia lo è diventato anche lui”.

Krzysztof è fuggito dal comunismo nel 1988, è stato sposato con Ewa da Papa Woytla, ha costruito la famiglia, l’ha accompagnata nella sua crescita e poi, pochi giorni dopo il suo debutto con la Polonia, mentre lei è in ritiro per il derby, muore. A 20 anni come si convive con una tempesta così?
“Non è facile, ma papà aveva costruito una famiglia forte e ci ha dato dei grandi valori. Mi sento anche di ringraziare Mourinho, perché mi ha aiutato tanto in quel periodo. E non parlo di calcio”.

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