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Prima la firma ad un passo, poi il “no”. Gasperini è rimasto a Bergamo ma non sa cosa si è perso

Chi lascia la strada vecchia per la nuova, sa quel che lascia ma non sa quel che trova“.
Avrà pensato questo il Gasp, all’anagrafe Gian Piero Gasperini, quando in estate era arrivato ad un passo dalla panchina giallorossa (stilando una lista di mercato e il programma degli allenamenti) fino al clamoroso ripensamento e la decisione di rimanere a Bergamo.
Meglio rimanere dove si è più saldi, dove si è diventati una sorta di mito vivente e dove la Champions League, per la prima volta, sbarcherà in città, generando un fiume di euforia.

Tutto giusto, o forse no. Ci sentiamo di dissentire. Lo facciamo con grande rispetto di chi si è guadagnato sul campo il privilegio di giocare la coppia più affascinante per un club e ha accettato la sfida di rilanciare invece di lasciare, dopo un semi-trionfo.
Ma la Roma  è un treno che rischia di passare una volta sola nella vita e non salirci a bordo non può non rappresentare una scelta difficile da comprendere.

Perché se a Bergamo la Champions rappresenta la gita premio per un gruppo che è andato oltre le proprie potenzialità, per rendimento e qualità, a Roma, fino allo scorso anno, è stato un appuntamento fisso e la voglia di tornarci, da protagonista, poteva essere una molla ancor più affascinante.
Perché se a Bergamo l’alta classifica è vista come un enorme traguardo da raggiungere, a Roma è considerato l’habitat naturale di questa squadra, l’obiettivo minimo per sentirsi vivi e competitivi.

E noi, caro Gasp, ci mettiamo il carico aggiuntivo. Perché nell’anno in cui Totti e De Rossi lasciano, dove Pallotta continua a non farsi vedere e il tifoso sembrava sul punto di gettare la spugna, a Trigoria è spuntato un uomo dedito al lavoro e al sacrificio, che è partito dalle fondamenta della squadra per farla tornare gruppo. Paulo Fonseca potevi essere “tu“, caro Gasp.
Un generale silenzioso, ma al contempo ambizioso e tenace, che in due mesi ha restituito a questa squadra dignità, spirito di appartenenza e fame di vittoria. Questo ti si chiedeva, questo t’era stato chiesto: di replicare, quanto in “piccolo” eri stato capace di costruire a Bergamo, qui nella capitale. E avrebbe avuto un altro sapore.

Mercoledì avrai un assaggio di quello che poteva essere e non è stato: la Roma ti accoglierà nella sua casa, quella che a Bergamo hai momentaneamente smarrito tra campionato e Champions, trovando una squadra che ha segnato due gol (in 10 uomini) nell’ultima sfida, vincendo in rimonta, mentre tu, in rimonta, non sei andato oltre un pari.
Troverai una squadra in grado di cancellare dal campo con quattro reti l’Istanbul Basaksehir, esattamente come la tua Atalanta è caduta inerme sotto i colpi della Dinamo Zagabria.
Troverai una Sud che è tornata a ruggire, più orgogliosa e bella che sempre, che da innamorato tradito, ma che non vuole darlo troppo a vedere, ti farà capire che “un’altra come me nel mondo c’è”.

Tutto pronto, caro Gasp, per farti sussurrare, a fine gara, “che mi sono perso…“.

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