La triste storia del calciatore ucciso per un autogol
Una deviazione obbligata dalla storia della Roma perché, esattamente ventisei anni fa, la storia dei Mondiali di calcio fu macchiata per sempre. Andrés Escobar Saldarriaga era un promettente difensore centrale della nazionale colombiana e idolo dei tifosi dell’Atletico Nacional, la squadra di Medellin dove militava.
Cresciuto e affermatosi nella squadra colombiana, di proprietà di Pablo Escobar, uno dei più famosi narcotrafficanti della storia, vinse 2 campionati colombiani e 1 Coppa Libertadores da assoluto protagonista.
In Nazionale fu un titolare dei “Cafeteros” ai Mondiali di Italia ’90 e fu convocato anche per la massima competizione seguente, che si sarebbe disputata negli USA.
La squadra colombiana arriva al Mondiale statunitense con i favori del pronostico, vista la quantità di talento presente in rosa.
Ma nulla andò secondo i piani: dopo la sconfitta a sorpresa all’esordio contro la Romania, la Colombia perse anche la seconda gara contro i padroni di casa degli Stati Uniti a causa di un suo autogol. Tale risultato sancì l’eliminazione della Colombia dai Mondiali.
L’autogol di Andres Escobar contro gli USA
L’intera spedizione rientrò in Colombia nel calore dei soli amici e parenti e ai giocatori fu suggerito di non abbandonare le proprie abitazioni. Così fa Escobar, rintanato in casa con la fidanzata, Pamela Cascal, che in meno di un mese sarebbe diventata sua moglie. Tale situazione schiaccia però Andres che, una sera ne ha abbastanza e fa un giro di chiamate per cercare compagnia: tutti cercheranno di dissuaderlo ma la sua risposta fu eloquente: “Devo mostrare la mia faccia alla mia gente”.
E così il 2 luglio 1994, a pochi giorni dalla sconfitta contro gli USA, Andres decise di andare a cena in un noto locale di Medellin, in compagnia della moglie, la discoteca “Padova”. Lì inizia ad essere apostrofato in maniera pesanti da alcuni individui: sono i fratelli Gallón Henao, gente che per una vita ha dato la caccia all’altro Escobar, Pablo, militando nei Los Pepes e che ora ha invece abbracciato la causa di nuovi signori della droga.
La discussione, nata all’interno del locale, si trascina fuori dove trova alcuni sicari che lo stavano attenendo, tra i quali un’ex guardia del corpo, Humberto Munoz Castro, lo crivellò di colpi di mitragliatrice, ponendo fine alla vita del giovane difensore di origini ecuadoriane. Sei colpi di proiettile accompagnate dalle grida “Goal!” , lanciate a ogni sparo da chi compì la mattanza, per ricordargli quell’errore e disprezzarne anche la morte. Per uno dei capitoli più tristi legati al mondo del calcio.