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Inside José – Tra acquisti e piazzamenti: tutte le “prime volte” di Mourinho

Una tifoseria intera aspetta l’arrivo dello Special One, ma come sono andate le sue “prime volte” in carriera?

Da quando José Mourinho è stato annunciato come nuovo allenatore della Roma, a partire dalla prossima stagione, i tifosi sono letteralmente impazziti e la città intera sembra essersi fermata in attesa dell’arrivo del proprio condottiero.
Tra murales, gusti di gelato e birre, l’attesa per lo sbarco dello “Special One” si fa ogni giorno più febbrile, in aperto contrasto con la mestizia del finale di campionato della Roma leggermente allietato dal successo nel derby. Chiunque nella propria mente ha già fatto scorrere le immagini del portoghese sulla panchina dell’Olimpico che infiamma il pubblico, delle conferenze stampa frizzanti e con qualche polemica lanciata ad hoc dal maestro della comunicazione, o più semplicemente Mou che indossa i colori giallorossi e dirige gli allenamenti a Trigoria.


Ma cosa è lecito aspettarsi realmente dalla prima stagione di Mourinho sulla panchina della Roma? Quanto il portoghese nella propria carriera ha alzato l’asticella nella stagione d’esordio con i club che ha allenato? Spesso lo Special One ha influito da subito, creando una forte empatia con il gruppo e trascinando i calciatori anche oltre le proprie possibilità, ma non è sempre stato così. Proviamo a capire in quale modo lo “Special One” ha inciso al suo arrivo e come ha cambiato i risultati sul campo e la tipologia degli investimenti economici. Dal Porto al Tottenham ripercorriamo la carriera del prossimo tecnico giallorosso focalizzandoci sulle stagioni d’esordio di tutti i club allenati.

Porto 2001/2002 (da gennaio ‘02)

Il 23 gennaio del 2002, tre giorni prima di compiere 39 anni e senza aver mai guidato una squadra per un intero campionato, José Mourinho viene nominato nuovo allenatore del Porto. Chiamato a sostituire il deludente Octàvio Machado, l’esordiente allenatore portoghese conduce con una grandissima rimonta il Porto al terzo posto in classifica, garantendosi la qualificazione alla Coppa Uefa. Per capire l’importanza e l’unicità del lavoro di Mourinho al Porto, va necessariamente considerata la stagione successiva come la vera prima annata di Mou sulla panchina dei Dragões. Nell’estate del 2002 José rifonda la squadra scovando numerosissimi talenti portoghesi, spendendo pochissimi soldi e costruendo un gruppo solido e dalle grandi motivazioni. La stagione 2002/2003 sarà un trionfo: campionato (dominato e chiuso a +11 sul Benfica), Coppa di Portogallo e Coppa Uefa. Il resto è storia: la Champions League del 2004 è una delle storie che si raccontano ancora oggi come vere e proprie imprese calcistiche. Senza dimenticare che anche quell’anno vinse il campionato e la Supercoppa portoghese, per poi volare verso l’Inghilterra dopo aver cambiato per sempre la storia del Porto.

Chelsea 2004/2005

Dopo la storica Champions League conquistata con il Porto, Mourinho sceglie la Premier League, e sceglie uno dei club più ricchi e ambiziosi dell’epoca: il Chelsea di Roman Abramovich. I blues nella stagione precedente fecero un ottimo campionato con Claudio Ranieri in panchina, ma dovettero arrendersi all’Arsenal degli “invincibili” terminando al secondo posto in Premier League. Ranieri, al quarto anno a Londra (esperienza più duratura della carriera con 199 panchine), quell’anno condusse la squadra in semifinale di Champions League, salvo arrendersi al Monaco battuto poi in finale proprio dal Porto di Mou.

L’arrivo di Mourinho al Chelsea significò subito il titolo in Premier, attraverso una stagione da record con diversi primati stabiliti dalla squadra guidata dal portoghese: record di punti (95), record di vittore (29 – battuto da Conte nel 2017 con 30), record di minor gol subiti (15), di maggior numero di partite senza subire gol (25) e record di clean sheet consecutivi (6). Come il suo predecessore, Mou condusse i blues in semifinale di Champions, perdendo di misura contro il Liverpool poi campione grazie alla clamorosa rimonta di Istambul.

Sul mercato ci furono ingenti investimenti da parte della società londinese, con l’acquisto di alcuni calciatori che hanno fatto la storia del club, assieme ad alcuni fedelissimi di Mourinho. Tra i pali fu acquistato Petr Cech, pagato 13 milioni dal Rennes; mentre nel reparto difensivo arrivarono dal Porto Ricardo Carvalho (30 mln) e Paulo Ferreira (20 mln). In mezzo al campo dal Benfica arrivò Tiago Mendes per 15 milioni oltre a Nuno Morais a titolo gratuito dal Penafiel. Ma gli investimenti più importanti arrivarono in attacco: Didier Drogba (dall’OM per 38,5 mln), Arjen Robben (18 mln dal PSV) e Mateja Kezman (7,5 mln dal PSV).

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José Mourinho rimase fino al 2007 sulla panchina del Chelsea, vincendo il campionato anche l’anno successivo e conquistando 2 Coppe di Lega, 1 Community Shield e 1 FA Cup.

Inter 2008/2009

L’esperienza nerazzurra di José Mourinho verrà ricordata per sempre per il Triplete, raggiunto però al secondo anno alla guida dell’Inter. Nella prima stagione, ereditando da Mancini una squadra che già da due anni vinceva in Italia, vinse il campionato davanti alla Juventus e in estate portò a casa la Supercoppa battendo la Roma ai calci di rigore. In Champions League l’avventura dei nerazzurri si arrestò agli ottavi, come nella stagione precedente; mentre in Coppa Italia Mourinho raggiunse la semifinale, peggiorando di poco il risultato dell’anno prima con la finale persa dall’Inter di Mancini all’Olimpico.

Sul mercato la prima estate milanese di Mou non portò grandissimi acquisti, ma comunque l’Inter non spese poco in quella sessione. L’acquisto più oneroso fu quello di Quaresma dal Porto per 24,6 milioni di euro, seguito da Muntari dal Portsmouth per 14 milioni e Mancini dalla Roma per 13. A completare la campagna acquisti nerazzurra del 2009 ci furono Luis Jimenez (11 mln) che l’anno prima era in prestito dalla Ternana, Obinna (1,2 mln) e il ritorno di Crespo a titolo gratuito che già da due stagioni era in prestito dal Chelsea.

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Mourinho rimase soltanto un altro anno all’Inter, vincendo tutto e diventando l’idolo assoluto della tifoseria nerazzurra, rappresentando, oltre che un vincente, un vero e proprio baluardo nella lotta contro i rivali di sempre di Juventus e Milan.

Real Madrid 2010/2011

Nella notte della Champions League con l’Inter, Mourinho non tornò a Milano con la squadra ma restò a Madrid, città ospitante della finale del 2010, per iniziare la sua nuova avventura nella capitale spagnola. Lo Special One ereditò un Real Madrid da “zero tituli” guidato da Manuel Pellegrini che si dovette inchinare al dominio del Barcellona di Guardiola di quegli anni. Secondo posto in Liga, ottavi di Champions e addirittura sedicesimi di Coppa del Re per l’allenatore cileno. Mourinho non migliorò la posizione in campionato (sempre 2°, con 4 punti in meno rispetto alla stagione precedente) ma arrivò in semifinale di Champions League e soprattutto vinse la Coppa del Re battendo il Barcellona in finale grazie al gol di Cristiano Ronaldo.

Non c’è da meravigliarsi guardando le spese del Real di quell’estate, d’altronde i Galacticos non si sono mai risparmiati sul mercato, e il tecnico portoghese poté attingere dalle squadre di tutta Europa per rinforzare il suo Real Madrid. Il colpo da copertina fu Ángel Di María dal Benfica per 33 milioni di euro, a seguire il giovanissimo Mesut Özil acquistato per 18 milioni dal Werder Brema. A centrocampo Mou prese dalla Bundesliga anche Khedira (14 mln dallo Stoccarda), mentre in difesa volle nuovamente con sé il portoghese Ricardo Carvalho (8 mln), fedelissimo di Mou. Dalla Liga Mourinho pescò Sergio Canales (6 mln dal Racing Santander) e Pedro Leòn (10 mln dal Getafe).

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Il titolo di campione di Spagna arrivò l’anno successivo quando il Real di Mourinho riuscì a interrompere l’egemonia blaugrana. Batté il Barcellona anche nella doppia finale di Supercoppa di Spagna del 2012, all’inizio di quella che fu la sua ultima stagione a Madrid.

Chelsea 2013/2014

Il 2013 è l’anno del ritorno al Chelsea, ma non è certamente la stagione più memorabile di Mourinho sulla panchina del Blues. Nella stagione precedente l’arrivo di Rafa Benitez a Londra diede la scossa ad una squadra che con Di Matteo stava pericolosamente scivolando verso una stagione anonima. Il tecnico spagnolo arrivò a novembre e riuscì a portare il Chelsea al terzo posto, ma soprattutto vinse l’Europa League battendo il Benfica in finale. Mourinho non portò a casa trofei, confermando il terzo posto dell’anno precedente con più punti (da 75 a 82), e gettando le basi per la squadra che l’anno successivo si laureerà campione d’Inghilterra.

La stagione 2013/2014 più che per gli acquisti, si ricorda per le grandi bocciature di Mou, che, soprattutto negli anni a venire, costarono grandi critiche allo Special One. Due nomi su tutti: Kevin De Bruyne e Romelu Lukaku, che il tecnico portoghese non riteneva opportuni per il suo Chelsea e spedì in prestito rispettivamente al Wolfsburg (a gennaio) e all’Everton. L’anno successivo fece lo stesso con Salah, che in effetti non sembrava ancora pronto a quel tempo per la Premier League salvo poi esplodere anni dopo prima alla Roma poi al Liverpool.

L’acquisto più oneroso dell’estate del ritorno di Mou al Chelsea fu Willian dall’Anzhi per 35,5 milioni di euro, seguito André Schürrle acquistato per 22 milioni dal Bayer Leverkusen. Mourinho volle anche il giovane olandese van Ginkel (9,4 mln dal Vitesse). L’allenatore portoghese ritrovo anche Samuel Eto’o, di ritorno anch’egli dall’esperienza in Russia ma a titolo gratuito. Altri grandi colpi però arrivarono nel mercato di gennaio, quando i Blues acquistarono Nemanja Matic (25 mln dal Benfica, un ritorno per lui al Chelsea) e Mohamed Salah (16,5 mln dal Basilea).

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Come anticipato Mourinho vinse l’anno successivo la Premier, ma anche la Coppa di Lega con una squadra costruita ad hoc dal tecnico di Setúbal. Rimase al Chelsea anche la stagione successiva salvo poi essere esonerato nel dicembre del 2015 dopo un pessimo inizio di stagione.

Manchester United 2016/2017

L’esperienza di Mourinho a Manchester non può non essere ricordata positivamente: infatti lo Special One è stato il primo e finora unico (in attesa di Solskjaer impegnato nella finale di Europa League) allenatore a vincere dei trofei internazionali con il Man Utd dopo Sir Alex Ferguson. Durante la sua prima stagione arrivarono 3 titoli: Europa League, Coppa di Lega e Community Shield. Mou eredita la squadra da Louis van Gaal che nella stagione precedente conquistò la FA Cup e concluse il campionato al 5° posto, sfiorando la qualificazione in Champions League. Nella sua prima stagione Mourinho peggiorò il piazzamento in campionato (da 5° a 6°) pur facendo più punti del suo predecessore (69 contro i 66 di van Gaal), ma impreziosì la sua annata con 3 trofei, incidendo forse più che in ogni altra avventura perlomeno in termini di coppe vinte.

Il mercato del Man Utd vide solo 4 colpi, ma di grandissimo livello e con un grande impatto economico. Fu l’estate del ritorno di Pogba a Old Trafford per la cifra record di 105 milioni. Inoltre arrivarono: Henrikh Mkhitaryan dal Borussia Dortmund per 42 milioni, il difensore ivoriano Eric Bailly per 38 milioni dal Villarreal e Zlatan Ibrahimovic dal PSG a titolo gratuito.

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Mourinho rimane a Manchester anche l’anno successivo contendendo il titolo al City di Guardiola nella storica rivalità con l’allenatore catalano, e fino a dicembre 2018 quando viene sostituito dall’attuale tecnico del Man Utd Ole Gunnar Solskjaer.

Tottenham Hotspur 2019/2020 (da novembre ‘19)

Non è affatto semplice analizzare e giudicare la prima stagione al Tottenham di José Mourinho. Prima di tutto per il fatto che per la prima volta dai tempi del Porto, lo Special One è subentrato in corsa su una panchina; e, soprattutto, la stagione è stata interrotta dalla pandemia con la quale ancora oggi facciamo i conti. Mourinho viene ufficializzato dal Tottenham il 20 novembre del 2019, dopo l’esonero sorprendente di Mauricio Pochettino che la stagione precedente aveva portato gli Spurs alla finale di Champions League, persa poi contro il Liverpool. Kane e compagni occupavano il 14° posto della classifica, e il portoghese aveva l’obiettivo di riportare il Tottenham al quarto posto e ottenere la qualificazione in Champions. Alla fine, gli Spurs termineranno la stagione al 6° posto, distanti 5 punti dal Chelsea quarto in classifica, ottenendo comunque un buon risultato vista la situazione disastrosa di fine novembre. Mou resta alla guida del club londinese anche durante questa stagione, non brillando in campionato (nonostante i primi mesi dove era stato anche in testa alla Premier) e uscendo prematuramente dall’Europa League per mano della Dinamo Zagabria. Viene esonerato il 19 aprile, a pochi giorni dalla finale di Coppa di Lega, che sarebbe potuta valere la conquista di un trofeo anche con il Tottenham per Mourinho.

A livello di campagna acquisti e di incisività del portoghese, bisogna per forza di cose considerare il mercato estivo del 2020 per capire le mosse dello Special One sulla panchina degli Spurs, poiché a gennaio arrivò soltanto Steven Bergwijn dal PSV per 30 milioni. Nella sessione estiva, invece, a Londra sono arrivati: il portiere Hart a parametro zero, Joe Rodon (dallo Swansea per 12,1 mln), Sergio Reguilon (dal Real per 30 mln), Matt Doherty (dal Wolves per 16,8 mln), Pierre-Emile Hojbjerg (dal Southampton per 16,6 mln) e il riscatto di Giovanni Lo Celso per 32 milioni. A questi vanno aggiunti i prestiti di Gareth Bale e Carlos Vinicius.

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Senza dubbio José Mourinho è un allenatore dal forte impatto e che riesce a cambiare anche le strategie di mercato dei club che gli affidano la guida tecnica, anche e soprattutto in termini economici. Ma non va dimenticato che lo Special One, spesso, ha raggiunto i risultati migliori nelle annate successive, dopo aver costruito le sue squadre con scelte mirate e consolidato la forza del gruppo, una delle chiavi dei suoi successi. Ora non resta che attendere e osservare le prime mosse di Mou in giallorosso, con la speranza che anche questa volta l’impatto sia forte, anzi, devastante. E che grazie all’entusiasmo di una città perdutamente innamorata della propria squadra, José possa ritrovare lo spirito della prima parte della sua carriera, costruendo un progetto duraturo e vincente.

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