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Della Villa: “Per tornare al top servono 8-9 mesi”

Spinazzola

Parla lo specialista del centro medico affiliato alla Fifa

Prima cosa: il messaggio positivo. “Non c’è nessun motivo perché Spinazzola non recuperi bene. Ha tutte le caratteristiche per un recupero eccellente“. Però Francesco Dalla Villa, coordinatore dell’area scientifica dell’Isokinetic, il centro medico di eccellenza affiliato alla Fifa, sa che per recuperare da un infortunio al tendine d’Achille servirà il tempo necessario. “La media è 200 giorni, il ritorno in allenamento è dunque più vicino ai sette mesi. Per la partita i mesi sono otto-nove“.

La rottura del tendine d’Achille che tipo di infortunio è?

Gli studi ci dicono che negli ultimi 20 anni sono in aumento nella popolazione. Non è frequente nel calciatore professionista, il 4-5% di tutti i problemi al tendine d’Achille è rappresentato da rotture parziali o totali. Dunque nel calciatore è abbastanza raro, ma è un infortunio molto severo.

E’ sempre uguale?

Per il 70% si tratta di infortuni offensivi, e poi sono infortuni di accelerazione. Tre tipi. Accelerazione da fermo, una sorta di stop and go. Un infortunio del genere l’ha avuto Beckham. Il secondo tipo è l’accelerazione in movimento, in questo caso il giocatore sta già correndo, come Spinazzola. Il terzo è l’accelerazione verticale, cioè mentre si salta. Questi infortuni colpiscono più frequentemente l’arto non dominante.

Però si può tornare a giocare. 

Il mio collega del Rizzoli, Alberto Grassi, ha fatto uno studio su tutti i calciatori dei campionati professionistici: l’82% torna a giocare. In Italia la media potrebbe essere anche più alta.

Come si cura?

Nella maggior parte dei casi si opta per un trattamento chirurgico. Il tendine d’Achille è una specie di cordone, è il tendine più grande del nostro corpo e può rompersi. Come se si spezzasse in due. L’intervento è una riparazione. In pratica, si attaccano i due monconi.

Intervento in Italia o all’estero?

Non c’è nessun bisogno di uscire dall’Italia. In questo caso l’esterofilia non è giustificata, abbiamo ottimi professionisti, ottimi chirurghi italiani.

E dopo l’intervento?

Siccome l’infortunio è raro, l’esperienza per il trattamento post chirurgico è minore. Bisogna fare quello che si fa con il crociato: riabilitazione su criteri progressivi. E soprattutto finirla, farla bene.

Lo scrive Il Corriere dello Sport.

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