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Roma, il 2021 raccontato da Elisa Bartoli: “Con Bavagnoli ci eravamo promesse di chiudere con un trofeo”

Roma femminile

Il 2021 giallorosso raccontato da Bartoli

L’intervista al capitano della Roma Femminile Elisa Bartoli per ripercorrere l’anno che sta per chiudersi. Queste le parole rilasciate al sito ufficiale del club:

Gennaio 2021. L’anno si è inaugurato con la gara di Supercoppa contro la Juventus e per voi ha segnato un vero momento di svolta. Cosa è scattato nella testa del gruppo con quella partita?
«È stata una partita che ci ha fatto prendere consapevolezza. Ci ha fatto capire che credendoci con unione, umiltà, sacrificio e con un pizzico di speranza, puoi mettere in difficoltà anche la squadra più forte del campionato. Arrivare al 114’ e perdere per un cross e un colpo di testa è stata dura. Al fischio finale ho visto Tecla Pettenuzzo in lacrime, mi sono avvicinata e le ho detto che non doveva piangere, saremmo dovute uscire dal campo a testa alta per la grandissima partita che avevamo fatto. Quella partita ci ha dato forza, dimostrando quanto valessimo realmente”.

Da lì sono arrivate 11 vittorie su 12 gare tra campionato e Coppa Italia. Se dovessi fare un parallelo tra il modo di affrontare le partite prima e dopo, cosa è cambiato?
«La squadra aveva bisogno di alcuni mesi per lavorare insieme, formarsi, trovare quell’unione che serve sempre negli sport di squadra. A gennaio con l’arrivo di Elena Linari è arrivata una spinta in più, perché lei ha portato la sua professionalità, la sua esperienza e la sua voglia di vincere che si è aggiunta alla nostra. Da gennaio è aumentata la consapevolezza e sono usciti fuori i nostri punti di forza”.

Tra quelle 11 vittorie c’è anche un primato: la Roma è stata l’unica squadra ad arrestare la marcia della Juventus. Era la semifinale di Coppa Italia e si giocava l’andata al Tre Fontane. Tu quella gara non l’hai giocata, eri in tribuna quali erano i tuoi sentimenti prima e durante la partita?
«Mi feci male contro il Verona, un infortunio che mi ha tenuta ferma un mese e mezzo. Non sapevo cosa aspettarmi da quella partita. Camminavo avanti e indietro per la tribuna, incitavo le ragazze, cercavo di esserci, nonostante tutto. Devo essere sincera, non mi sarei mai aspettata una vittoria del genere ma probabilmente essere uscite in quel modo dalla Supercoppa ci aveva dato anche la spinta per conquistare quella vittoria. Prima di realizzare che avevamo vinto mi è servita una settimana”.

Dopo quella partita il vostro campionato prosegue con altre vittorie importanti. In voi c’era il pensiero al ritorno decisivo per conquistare la finale?
«In quelle settimane il pensiero è andato spesso verso la Coppa Italia. Giocare il ritorno in casa della Juventus con solo un gol di scarto di vantaggio ci metteva un po’ di ansia e di paura. Però nella settimana di preparazione c’è stata la tensione giusta per affrontare una partita del genere”.

A Vinovo la Roma perde 3-2, ma raggiunge un traguardo storico e si qualifica alla prima finale di Coppa Italia. Finita quella gara, qual è stato la prima sensazione che da capitano hai voluto trasmettere al gruppo?
“La cosa più bella di quella partita è stata ribaltarla. Ricordo l’1-0 per loro a fine primo tempo e noi che riusciamo a ribaltarla con due palle inattive. Quando abbiamo segnato il 2-1 ho pensato che ce l’avremmo fatta. Alla fine della gara alle mie compagne ho detto: “Ora dobbiamo andarci a prendere questa coppa, abbiamo fatto la torta ma dobbiamo metterci la ciliegina”».

Il campionato si conclude con il pareggio a Napoli che sancisce il quinto posto. Vi aspettavate di più? C’era delusione o consapevolezza che il prossimo impegno di Coppa Italia potesse togliere qualcosa?
«Analizzando in modo razionale il campionato, avevamo perso molti punti e avevamo capito che il secondo posto e la qualificazione in Champions League non erano più raggiungibili. Abbiamo cercato di fare del nostro meglio, ma eravamo anche concentrate sulla Coppa Italia perché volevamo vincerla».

Arriviamo al momento clou della stagione: la vittoria della Coppa Italia. Il primo trofeo della storia della Roma femminile. Quali sono le emozioni che ti porti dentro?
«È stata una serata che ha racchiuso tanti momenti di felicità ma anche un po’ di malinconia perché con quella partita si sono chiusi dei cicli: Abbiamo vinto il nostro primo trofeo, ma è stata anche l’ultima panchina di Betty Bavagnoli e l’ultima partita di Rosalia Pipitone con noi. Durante i festeggiamenti abbiamo provato una gioia immensa anche per loro che chiudevano il loro capitolo in quel modo».

Come avete vissuto il cambio di ruolo di Betty Bavagnoli?
«Ci ha anticipato che avrebbe cambiato ruolo proprio prima della finale e noi abbiamo trasformato questa informazione nel modo giusto, sapendo che le avremmo dovuto dare qualcosa dopo questi tre anni insieme. All’inizio del percorso della Roma Femminile, nel 2018, con Betty ci eravamo promesse a vicenda che avremmo portato un trofeo a Roma. A fine partita l’ho abbracciata forte e le ho detto “Ce l’abbiamo fatta! Abbiamo mantenuto la promessa”. È stato qualcosa di speciale e meraviglioso perché vincere non è mai semplice e non è scontato».

Inizia una nuova stagione con un nuovo coach. Con Alessandro Spugna quali sono state le prime impressioni?
«Avevo seguito coach Spugna quando era all’Empoli e mi piaceva il suo modo di far giocare la squadra e la mentalità che era riuscito a trasferire alle calciatrici. Prima che arrivasse avevo quindi buone sensazioni, quando l’ho conosciuto mi ha fatto subito una buona impressione. Non è una cosa scontata perché per me il primo impatto è sempre molto importante, capisco da lì se una persona mi piacerà o meno. Ora che lo conosco, lo posso confermare. È una persona solare, che riesce ad alleggerire la situazione quando serve, mi ritrovo nelle sue idee di calcio e la mia opinione su di lui è molto positiva».

Un allenatore diverso e anche nuove giocatrici a rinforzare la squadra. Da capitano quali sono le tappe per aiutare l’inserimento delle calciatrici?
«Siamo sempre state un gruppo molto tranquillo, tutte le giocatrici che sono arrivate si sono trovate sempre bene. Il segreto probabilmente è essere semplicemente noi stesse: accoglienti e umili. Ogni nuovo arrivo è per il bene della squadra. L’inserimento delle nuove calciatrici quest’estate è stato veloce e semplice. Valeria Pirone la conoscevo da tempo e da avversaria è sempre stata molto “fastidiosa”, quindi meglio averla in squadra che contro. Anche Benedetta Glionna da avversaria non era semplice da affrontare. Lei è una che parla poco, è umile, ma sa fare gruppo. Quando ho visto giocare Lucia Di Guglielmo tanti anni fa, mi ero un po’ riconosciuta nella sua grinta e nella sua cattiveria. Thaisa non la conoscevo di persona ma è stata una bella scoperta,per essere una giocatrice di così tanta esperienza è sempre molto umile e propositiva. Joyce Borini è un vulcano di energia, coinvolgente e ottimista.  Nonostante si sia unita al gruppo dopo, è sempre stata molto presente emotivamente per tutte».

Possiamo riassumere l’estate con due momenti. Il primo: i tornei all’estero che hanno portato la vittoria con il PSG e sfide di alto livello con Bayern Monaco e Atletico Madrid. Confronti così quanto vi sono serviti?
«È stato stupendo, è stato un assaggio di Champions League. Giocare in quegli stadi, con giocatrici di quello spessore sono stimoli per la nostra crescita. La cosa bella è che non abbiamo sfigurato, abbiamo proposto un bel gioco, dimostrando di poter esserci. Mi auguro di poter fare altre partite così, perché ti fanno crescere a livello mentale e fisico. Ho avuto la fortuna di giocare gare di livello in Champions League con la Torres e la Fiorentina, mi auguro di poterlo fare presto anche con la maglia della Roma».

Il secondo momento, l’omaggio della Curva Sud e la vostra sfilata allo Stadio Olimpico con la Coppa Italia. 
«Faccio veramente fatica a spiegare cosa ho provato. Entrare all’Olimpico con la Coppa e sentire gli applausi, i cori, non lo immaginavo neanche nei miei sogni. Aver portato a Roma un trofeo è stato importantissimo. Ora ho promesso a mio padre che mi impegnerò al massimo per vincere uno scudetto con la Roma, dopo quello potrei anche smettere. Spero quindi di far sorridere mio padre e tutti i tifosi della Roma».

La preparazione ha dato i suoi frutti, perché il vostro campionato parte molto bene. Tre vittorie in tre gare, non c’era mai stato un inizio così. È stata un’evoluzione naturale della vostra crescita?
«Quest’anno abbiamo iniziato meglio rispetto alle passate stagioni, abbiamo fatto uno scatto in più. Sicuramente è il frutto del lavoro di questi quattro anni e con l’arrivo delle nuove compagne siamo anche migliorate. È cresciuta la nostra mentalità, la nostra qualità ed è aumentata la consapevolezza. Ora che siamo al secondo posto, dobbiamo cercare di non sbagliare, proseguire su questa strada e migliorare ancora».

Questa stagione è stata segnata dal ritorno dei tifosi allo stadio. Quanto sono importanti per voi?
«I nostri tifosi sono la cosa più bella che c’è. Ci sono mancati tanto e al Derby, con quella coreografia, ci hanno lasciato senza parole. Il pubblico ci dà tanta forza, anche le nuove arrivate sono rimaste molto sorprese perché non si aspettavano un tifo così, nel femminile poche volte si è visto una cosa del genere. Posso solo dire GRAZIE ROMA».

Proprio nel Derby è arrivata la vittoria che vi ha portato anche al secondo posto in classifica. Che significato ha stare lì?
«Il Derby è una partita particolare. Vincerlo e conquistare il secondo posto è un mix di emozioni forti e bellissime. Finire il girone di andata in quella posizione è importante, ma per mantenerlo non dobbiamo fermarci. Dobbiamo migliorare, perché ci sono altre squadre che vogliono quella posizione. Sarà una bella battaglia, un campionato in cui fino alla fine non ci arrenderemo».

Un 2021 che vi ha fatto vivere emozioni estreme, nella gioia e nel dolore.
«Il 2021 ci ha portato via il nostro medico, Salvatore. È una notizia che fa male, perché gli volevamo bene. Era sempre sorridente, non l’ho mai visto arrabbiato, trasmetteva sempre tranquillità a tutte noi. Anche di fronte ai problemi riusciva a mostrare il bicchiere mezzo pieno. Ho conosciuto i suoi genitori e ho capito da chi aveva ripreso tutta questa forza e questa serenità. Come ha detto suo padre, Salvatore è ancora vivo, è qui e lo porteremo sempre con noi, in questa Supercoppa e in tutto il resto della stagione. So che tempo fa era andato in Piemonte e aveva preso due bottiglie di vino, una la voleva aprire proprio per la Supercoppa. Possiamo solo cercare di esaudire questo suo desiderio e fare di tutto per portare a Roma questo trofeo, per lui».

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