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Brioche, gin tonic e presunzione: l’esempio già rimosso del Capitano

L’esempio dell’ex capitano giallorosso

Tre parole: vita d’atleta. Cos’è la vita d’atleta? Elevata conoscenza delle regole, massimo ascolto e massimo rispetto del proprio corpo, corretta interpretazione della realtà, che sia dilettantismo o professionismo. Una condizione esaltante e insieme complessa. Se poi c’è anche il talento, meglio. Ma prima occorre altro: occorre definire il perimetro.

Cosa manca alla Roma? Parecchia roba. Stando ai fatti, recenti e meno recenti, sino alla messa fuori rosa di Felix, manca anzitutto una struttura in grado di prevenire le alterazioni individuali allo schema di base: qualcosa che faccia capire ai calciatori, senza forzature, anzi prospettando i sacrifici come un traguardo di cui andar fieri, quanto sia affascinante ottenere risultati attraverso un percorso rigoroso, predeterminato e personalizzato: dalla cultura di sé all’applicazione fisica e mentale durante l’allenamento, passando per l’attenzione al riposo e la cura dell’alimentazione. A fare di testa propria c’è solo da perderci.

Lo sport è come le tabelline. A qualsiasi livello, funziona soltanto se tre per quattro fa dodici. Bisogna incasellare i punti chiave. E mai saltarne uno. Licenze sì, ma con giudizio. Quando giorni fa scrivevamo che ai ragazzi una festa è pur concessa non immaginavamo che quella sera in maschera nascondesse un modus operandi, un mollare progressivo delle tensioni sane per favorire orari malsani. Ci vuol poco per passare dal collegio all’anarchia. Felix avrà avuto davanti a sé cattivi maestri nascosti dietro la maschera dell’amico da emulare.

Ma possibile che nessuno si ricordi di un Peter Pan che è arrivato a giocare sino a 41 anni? Non parliamo di 50 anni fa ma di 5. Possibile che Totti non sia un esempio? Come fece a tener duro sino a quell’età? Con l’applicazione, la motivazione, le rinunce. Lui può dirci cosa si prova, cosa sia mai quel senso di pace che arriva quando fai a meno di una cosa per guadagnarne altre, più virtuose e gratificanti. Sembra che alla Roma, storicamente, certi concetti fatichino a passare. Si dice che spesso un giocatore viene a Roma attratto dalla potenziale dolce vita. Pare una semplificazione. Ma forse non lo è. Lo scrive “La Repubblica”.

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