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Bartoli: “Sogno di riempire lo Stadio Olimpico. Il mio idolo? Cafu”

Le parole del capitano della Roma Femminile

Ha rilasciato delle dichiarazioni a Dazn Talk, Elisa Bartoli, capitano della Roma Femminile. Di seguito la sua intervista.

Che cosa significa per te essere arrivate ai quarti di Champions League?
“Un tragardo raggiunto dopo tanti anni. Questo è il quinto anno che sto alla Roma. Devo essere sincera non mi aspettavo al debutto di arrivare ai quarti di Champions, è un sogno, speriamo di continuarlo il più a lungo possibile”.

Ci racconti la serata di venerdì sera? La partita era stata anche sospesa per pioggia…
“Non è stato semplice, aspettavamo da un bel po’ quella partita. Tutta quella pioggia è stata tremenda, avevo paura che si rimandasse. Perché conoscendo il campo avevo paura che non riuscisse a raccogliere tutta quella pioggia. La tensione è stata tanta, però dopo una mezz’ora abbiamo saputo che si sarebbe ripreso alle 20.15. Stare un’ora nello spogliatoio non è stato semplice. Siamo rimaste concentrate, abbiamo scherzato sulla situazione per sdrammatizzare, anche perché era l’unica cosa che si poteva fare, poi siamo rientrate in campo con la voglia e la fame di portare il risultato a casa”.

Sicuramente è un’esperienza che insegna qualcosa…
“Questa è la prima volta che mi è accaduto, non sono mai stata nello spogliatoio un’ora ad aspettare la partita, con un risultato importante da raggiungere. È stata un’esperienza unica, spero che non si ripeta, devo essere sincera”.

Come capitano sei il simbolo della Roma Femminile, sono diversi anni che vesti quella maglia. Che rapporto c’è con Spugna? Cosa vi sta dando a livello di carattere?
“Spugna viene dopo il periodo Bavagnoli. Con lei avevo un rapporto bellissimo. Ho visto il lavoro di Spugna all’Empoli ed ero felicissima di come faceva giocare la squadra e le sue idee di gioco, la sua metodologia. Quando è arrivato ero curiosa di capire cosa ci potesse dare in più. Amo il suo modo di vedere il calcio e far giocare la squadra. Su questo punto di vista siamo in sintonia. Poi è una persona con cui si può parlare, una cosa importantissima nel calcio femminile. Molte volte discutiamo e molte altre siamo d’accordo, ma fa parte del lavoro. Lui è sempre solare, ti mette sempre il sorriso e cerca sempre di sdrammatizzare, questo secondo me in un contesto di squadra molto giovane è molto importante”.

Hai qualche rito scaramantico prima delle partite?
“Io odio la scaramanzia, ci sono però delle situazioni in squadra, come nello stare nello stesso posto a tavola, nello spogliatoio. Io mi metto sempre vicino a Serturini e Giugliano”.

Tu e Serturini avete un rapporto bellissimo, siete molto amiche, avete segnato entrambe il primo gol in Champions. Quando ha segnato l’altra sera, cosa le hai detto?
“Diciamo che io l’ho cresciuta Anna, l’ho accompagnata in questi 5 anni, ha un talento strepitoso, certe volte la prendo in giro perché è molto quadrata, sta sempre sull’attenti. Ogni tanto cerco di farla uscire fuori dagli schemi, perché è molto rigida, anche con se stessa. Son contenta che si sia sbloccata, è un mese che sta facendo veramente bene, quando segna in queste partite importanti è come se segnassi anche io. Quasi un orgoglio da sorella maggiore. Tante volte con lei sono anche un po’ dura, perché ormai abbiamo un rapporto talmente intenso che con lei oso un po’ di più, cercando di farle capire che è forte e può spaccare tutto”.

Secondo te chi delle più piccole potrà diventare una giocatrice da Roma? Quali sono le calciatrici che sono arrivate in questi ultimi due anni che ti hanno maggiormente impressionato?
“In questa Roma vedo veramente tanti talenti che arrivano e siamo cresciute insieme tantissimo. Le persone che mi hanno sopreso quest’anno sono Karina (Wenninger, ndr), che è veramente una delle persone che hanno portato quell’esperienza e quel professionismo e mentalità vincente che serve in una squadra. Poi mi sono sopresa dell’arrivo di Lucia Di Guglielmo. È una ragazza che in poco tempo è cresciuta tanto. Mi dispiace che si sia fatta male, ma sono sicuro che con la testa che ha si riprenderà il prima possibile. Un’altra giovane è Giada Greggi, una crescita continua, dopo il brutto infortunio è tornata più forte di prima, quindi metto in mezzo lei, anche Anastasia (Ferrara, ndr), un’altra centrocampista che può diventare un punto importante del centrocampo. Manuela Giugliano è qui da tanti anni. MI ha sorpreso anche Benedetta Glionna. La Roma ha tante giovani importanti, che se porta su bene, può portare sul palcoscenico per tanti anni”.

Per voi è un momento importante, siete prime e siete arrivate ai quarti di Champions. Come state vivendo questo momento e come state lavorando per dare continuità?
“La squadra in questo momento è un po’ stanca. 22 partite in 4 mesi è difficile, è la prima esperienza per tutti, tra giocatrici e staff. Non ci aspettavamo di poter reagire così bene, perché tenere ritmi alti in campionato e Champions è difficile. Fa capire la crescita mentale e fisica che ha fatto la squadra. Cerchiamo di recuperare il più possibile, di allenarci il giusto e preparare le partite in due giorni. Si deve tenere conto del recupero, della preparazione alla partita e capire quante energie si sono spese, cercando di capire chi è in condizione di rendere al meglio. Non è facile far combaciare questi aspetti, ma come primo anno stiamo facendo bene e speriamo di continuare così”.

Quando hai iniziato a giocare da bambina ti saresti mai immaginata di diventare il capitano della Roma?
“Io non pensavo nemmeno di poter avere un futuro a livello calcistico. Io giocavo per passione, non c’erano le squadre femminili, io ho giocato tanti anni con i maschi. Poi all’improvviso è stata creata la Roma Femminile e sono andata senza nemmeno pensarci due volte. Adesso le ragazze sanno che c’è un futuro nel calcio, che può essere la loro vita. Io quando ho iniziato l’ho fatto per passione. Non immaginavo tutto questo, sognavo di fare la Champions, vincere lo scudetto con la mia squadra del cuore, la mia Roma. Vincere due trofei ed essere ai quarti di Champions per me è qualcosa di straordinario, faccio fatica a spiegarlo”

Chi era il tuo idolo?
“Io amavo Cafu. Mi sono innamorata del suo sombrero a Nedved nel derby. Avevo 12 anni, mi innamorai di quel gesto tecnico”.

C’è qualche tua collega che è stata un punto di riferimento nel momento in cui ti sei affacciata nel calcio femminile?
“Io ho iniziato a giocare con Gioia Masia, che era un difensore centrale della Roma Femminile. Per me lei aveva una classe incredibile. Io non sono elegante, però lei mi ha aiutato molto nella crescita, ho fatto 6 anni con lei. Nel calcio femminile lei è stato il mio idolo e la persona che mi ha dato tutto”.

Chi è invece l’allenatore che ti ha indirizzata più degli altri?
“Ho iniziato con Giampiero Serafini, lui mi ha fatto capire cos’era il calcio femminile. Poi la svolta a livello mentale è stata Manuela Tesse, quando sono arrivata alla Torres, dove ho vinto il mio primo scudetto. Lì ho capito cosa significa vincere e allenarsi in un modo tale da portarti a certi risultati. Con Tesse era odio e amore, mi massacrava, ma perché mi voleva bene. I modi di un tempo erano diversi”.

La cosa che ti ha fatto cambiare il modo di giocare passando dal calcio maschile a quello femminile è stata più fisica o tattica?
“Con i maschi mi ricordo che quando giocavo nei contrasti dovevo andare 200 volte più forte di loro, altrimenti mi spostavano. Quando sono passata al femminile e andavo a contrasto con la stessa foga del maschile mi fischiavano fallo e mi ammonivano. Mi ricordo che quando giocavo con i maschi mi servivano 3/4 giorni per recuperare”.

Cosa pensava la tua famiglia?
“Mamma non era felicissima, aveva paura che potessi farmi male. Papà ha giocato, è stato sempre uno da “vivi e lascia vivere”. Lui era un mediano”.

Tuo padre ti dà consigli dopo le partite?
“Sì, papà è diventato molto più morbido, mi dice anche che gioco bene”.

Tu sei severa nei confronti di te stessa?
“Sì, più con me stessa che con gli altri”.

Come sarebbe giocare allo Stadio Olimpico questi quarti di Champions?
“Sono entrato una volta all’Olimpico, era vuoto, mi tremavano le gambe. Penso che sia veramente un qualcosa di straordinario, magari ci riuscirò, magari no. 70mila persone sono tante, anche riempire una tribuna non mi dispiacerebbe, spero di giocarci. Anche se riempi 10.000 persone credo abbia comunque un grande effetto”.

In Women’s Champions League ci sono stati stadi che hanno registrato il tutto esaurito, come a Barcellona, a Londra con l’Arsenal. Aprire le porte dell’Olimpico sarebbe una grande occasione anche per voi.
“Noi ci speriamo, fare i quarti all’Olimpico e riempirlo anche a metà sarebbe tanta roba. Sarebbe stupendo. Vedo all’estero che gli stadi si riempiono, spero che anche qui in Italia riusciremo a portare tutto questo. Stiamo cercando di ottenere questi risultati per far vivere il calcio femminile in Italia, per pubblicizzarlo e portare passione. Spero che aprano l’Olimpico e che le persone vengano a vederci”.

C’è stato un giocatore nei mondiali appena conclusi che ti è saltato agli occhi?
“Io tifavo per il Brasile e l’Argentina, sono due squadre che mi sono sempre piaciute. Pensavo di vedere il Brasile in finale per il loro gioco, hanno i terzini che fanno gli attaccanti. Mi aspettavo anche una semifinale Brasile-Argentina. Sono contento per Messi, finalmente è riuscito ad ottenere quello che aspettava da tutta la vita, è uno dei calciatori più forti di sempre. Il difensore che mi ha stupito è della Croazia, molto giovane, lo chiamo l’uomo mascherato, Gvardiol. Mi ha stupito. Mi ha stupito anche il Marocco, la cenerentola dei mondiali, come noi nella Champions”.

Può essere anche un buon augurio per il vostro di percorso questa similitudine.
“Mi sono messa a ridere di ritorno da Latina, perché ho detto che noi siamo il Marocco della Champions League femminile. Alla prima partecipazione siamo tra le prime otto, se vai a leggere gli altri nomi delle qualificate ti spaventi”.

In Champions serve tanta esperienza, cambia anche lo stato mentale delle giocatrici.
“L’esperienza fa la differenza nelle competizione, ti fa gestire dei momenti che altrimenti non avresti gestito. Noi alcune situazione riusciamo a gestirle, altre meno. Un esempio è la partita con il Wolfsburg: loro fanno 5 tiri e 4 gol, sono ciniche, noi creiamo tanto ma non riusciamo a finalizzare. In questo tipo di partite non possiamo permettercelo”.

Conta anche la differenza ambientale, in casa le avete fermate con un 1-1, mentre da loro avete perso. Conta il fattore di dove si gioca?
“Io sono sincera, sono morta di freddo in Germania. Il secondo tempo sono entrata ed ero un ghiaccio. A fine partita mi giro verso Camelia (Ceasar, ndr), il nostro portiere, tremava e aveva le labbra viola. Non riusciva a scaldarsi. Perché per fare il portiere in queste situazione si deve essere pazzi. Secondo me la differenza la vedi, anche a livello climatico. In quella settimana a Roma ci siamo allenate a 15 gradi, poi vai lì a 0 gradi e la differenza si sente”.

La differenza tra le giocatrici italiane della tua generazione e quelle nate dopo il 2000. Queste ultime hanno avuto una formazione diversa rispetto alla vostra.
“Sicuramente le ragazze di oggi sono molto più preparate a livello tecnico e tattico. Questo grazie alle strutture che hanno, i mezzi, anche ai mister e ai preparatori che ora allenano. Noi ci siamo fatte da sole, con le esperienze, abbiamo giocato coi ragazzi. Noi con gli anni continuiamo a crescere. Le ragazze di ora arriveranno tra 15 anni che staranno molto più avanti di noi, perché avranno mezzi e strutture che glielo permetteranno. Sono molto fortunate”.

Però c’è un po’ di orgoglio a pensare che un po’ di strade voi le avete aperte.
“Chi è arrivato fino a qui oggi è perché ha un grande carattere, una grande forza e passione. Le sfide che abbiamo avuto sono state tante. Coi pregiudizi e i pochi mezzi, ti alzavi, andavi a scuola, alle 7 di sera ti allenavi e tornavi a casa a mezzanotte. Alle 11 di mattina ti rialzavi. Era una continua sfida, anche con le persone che ti circondavano perché magari pensavano “una ragazza che gioca a calcio, non può esistere”. Quindi è stata una continua lotta contro tutto. Abbiamo dovuto ottenere tante cose attraverso i risultati e le competizioni. Ad oggi sarà ancora così, ma è un percorso sicuramente più avviato e più semplice”.

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