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Ode a te Bove, guerriero dal cuore romanista

Il rinnovo di Bove è il simbolo di un percorso che la Roma vuole continuare a percorrere: valorizzare i prodotti migliori del settore giovanile

Il calcio è materia che sta assumendo sempre più la forma plastica di un enorme circo mediatico, con poca attenzione alla provenienza, all’essenza, a quei valori che lo hanno permeato per tanti anni. Più forma che sostanza, più vacuità che consistenza. Per questi motivi è bello che nel tessuto di una squadra di calcio, ancora oggi, sotto l’epidermide, scorra nelle vene sangue legato alla tradizione di quella società.

Edoardo Bove rappresenta fortunatamente quel punto di contatto tra le origini e lo sviluppo, tra l’esser stato coltivato e l’aver messo in pratica quei principi che solo un determinato ambiente sa trasmetterti. Edoardo Bove si è forgiato nel dolore della sconfitta di Budapest, nelle lacrime copiose di un ragazzo romano che non è riuscito a portare alla sua gente, lì a due passi da lui, la Coppa così come aveva compreso, in prima persona, quanto potere e godimento si provi nell’alzare al cielo un trofeo in questa città e festeggiarlo all’ombra del Colosseo, a bordo di un pullman che apriva le acque giallorosse.

Sensazioni contrastanti, che regalano però il senso della vita (sportiva) per un romano e romanista che indossa la maglia giallorossa.Dare tutto non è una scelta, ma un dovere per me quando indosso la maglia della Roma”. Parole scolpite sui social da parte del ragazzo dopo la firma del rinnovo, ma sincere perchè rappresentano perfettamente lo stato dell’anima di Edoardo Bove.

Non dev’esser semplice in questa particolare era, entrare all’Olimpico e giocare ogni volta dinanzi a 65 mila spettatori. Giuseppe Giannini, storico capitano della Roma, sostiene da sempre che la maglia della Roma sia pesante. Purtroppo non per la quantità di successi, vista la scarna bacheca, ma per il peso che ha confrontarsi all’Olimpico dinanzi al pubblico romanista, storicamente caldo ma anche esigente.

Edoardo Bove lo ha sempre fatto a testa alta. Dai primi minuti di quattro anni fa, agli ultimi di Roma-Sheriff. Guardando fisso negli occhi l’avversario di turno che prova a saltarlo in dribbling e che quasi sempre si infrange contro le sue gambe sempre più solide. Edoardo Bove è cresciuto in maniera esponenziale, il prolungamento di contratto ne è la certificazione. E’ forse il miglior prodotto del lavoro di Josè Mourinho sui singoli da quando lo Special One è giunto nella capitale: “Quando sono arrivato doveva andare a giocare in Serie C, oggi gioca titolare una semifinale europea e segna”, disse con orgoglio il mister qualche mese fa dopo l’1-0 contro il Lerverkusen, firmato da una zampata di Bove.

“Ha una testa diversa, merito anche della famiglia che ha intorno”. E questo è un altro punto importante. Edoardo Bove è un ragazzo intelligente, posato, battagliero in campo, ma tranquillo fuori. E’ un ragazzo di questi tempi, ma in parte anche di tempi andati. Ma soprattutto un calciatore che sta mutando ed evolvendo. Difficile nascondere oggi la sua importanza in campo, anzi. E’ quasi impossibile tenerlo fuori. Ha affinato diverse qualità. Vede calcio in verticale, non ha paura di tentare la giocata. Legge prima, quasi sempre con un tempo di gioco in meno rispetto all’avversario di turno. Mette se stesso in ogni contrasto come fosse l’ultimo della partita. Corre e rincorre, sa inserirsi, sa fare gol. Ha una famiglia seria che lo supporta in silenzio, un procuratore giusto, che non cerca ribalta mediatica e che ha sempre saputo accompagnarne l’evoluzione calcistica.

Lavora, si vede, ogni partita c’è un pezzettino in più nel suo percorso di crescita, un metro in più alla scoperta di se stesso. E i margini sono enormi. 2028 è l’anno di scadenza, non a caso il primo della rosa della Roma attuale con il contratto così proiettato in avanti. Pietra miliare su cui costruire un presente e un futuro di successi. Nel segno della tradizione romana e romanista, che prosegue da decenni e continua ad essere coltivata, come proprietà, dirigenza, staff e allenatore stanno dimostrando di voler fare. Perchè essere della Roma non è e non sarà mai un difetto per un calciatore, ma un’immaginifica spada da contrapporre all’avversario sul campo. 

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