Tutti desidererebbero avere un leader come De Rossi. O forse sarebbe più appropriato dire: tutti vorrebbero avere un amico come DDR. Qualcuno che è sempre al tuo fianco, in ogni situazione; qualcuno che ti sostiene nei momenti belli e in quelli difficili, nei momenti di gioia e di sventura.
Qualcuno che non ti abbandona mai. Mai. Qualcuno che, quando hai bisogno di aiuto, ha il coraggio di alzare la voce e dire al mondo intero: basta, fermate tutto. Qualcuno che pensa costantemente al “noi”, mai all'”io” o al “lui”.
Il calcio è secondario: la salute è la priorità assoluta. A qualsiasi costo. Non c’è nulla di eroico in questo, ma non era neanche scontato agire in questo modo. E quando comportamenti del genere diventeranno la norma, anziché l’eccezione, non sarà nemmeno necessario (né gratificante, come oggi) sottolinearlo. Dovremmo applaudire un uomo che si comporta da uomo. Un professionista può sbagliare o avere successo nelle sue scelte tattiche, può plasmare la sua squadra o cambiarla radicalmente in mezz’ora, ma un uomo deve dimostrare lucidità anche nelle sconfitte, quando è necessario confermare con azioni il proprio ruolo di guida. Lo scrive il Corriere della Sera.