I primi ventinove punti nelle prime venti partite, con una media di 1,45 a partita, proiettati sui trentotto incontri del campionato, si traducono in un totale di cinquantacinque punti alla fine della stagione. Seguono ventinove punti nelle successive tredici partite, con una media di 2,23 punti a partita, che, se mantenuta, porterebbe a un totale di quasi ottantacinque punti al termine del campionato.
Ma dove risiede l’errore? I primi ventinove punti sono merito di Josè Mourinho, mentre gli altri sono stati ottenuti sotto la guida di Daniele De Rossi. Tuttavia, non intendiamo formulare un’accusa contro il celebre tecnico portoghese. Mourinho ha lasciato un’impronta indelebile nella storia della Roma, portando a casa una Conference League e conducendo il club ad una finale di Europa League, purtroppo decisa da un arbitro in confusione. Questi risultati attestano il suo contributo significativo al club giallorosso, che non aveva mai raggiunto due finali europee consecutive prima della sua gestione.
Concentriamoci ora sul lavoro di DDR, dopo il suo ritorno a Trigoria, che è stata e sarà sempre la sua casa. I numeri, sebbene importanti, non raccontano l’intera storia. L’ex numero 16 è riuscito a ridare identità e spirito a una Roma che sembrava smarrita nei primi sei mesi di questa stagione, quando sembrava disconnessa dal suo leader portoghese. Ha anche rivalutato l’intera rosa, dimostrando la sua sagacia con scelte come quella di Svilar, determinante anche a Udine con una parata da grande portiere, e il riscatto di giocatori come Pellegrini e Cristante, spesso sottovalutati in passato. Lo riporta la Repubblica.