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Focus, Manolas al bivio: rinnovo o cessione? Ecco cosa dicono i numeri

Tutti i numeri del difensore greco, dentro e fuori dal campo, in ottica di un imminente punto di svolta: rinnovo o cessione?

Il calcio moderno è ormai cambiato, da diversi anni, nel modo di costruire le squadre, dalle dinamiche che avevano caratterizzato la scena calcistica per gran parte della sua storia. Non conta più solo il bomber, in grado di assicurare un quantitativo di gol necessario per alzare trofei a fine stagione, ma anche chi, come portieri e difensori, lavora per non prenderne.

Ed è in questo mare magnum di considerazioni che ci tuffiamo nei numeri, nero su bianco a bilancio, che il calcio europeo ci ha fornito negli ultimi 5 anni.
Sarà per tradizione o necessità, fatto sta che è la Premier League a guidare il cambiamento e questa speciale classifica: la top 5 degli acquisti più costosi per il reparto arretrato è tutta inglese (volendo poi escludere Kepa e Alisson, i due portieri più costosi della storia del calcio). Tra Liverpool e Manchester, sono stati spesi ben 313 milioni di euro.

van Dijk 84,5 (Liverpool)
Laporte 65 (Manchester City)
Mendy 57,50 (Manchester City)
Stones 55,60 (Manchester City)
Kyle Walker 51 (Manchester City)

Numeri impressionanti che hanno cambiato il modo di approcciarsi ai difensori, sia per il valore dei cartellini sia per i loro ingaggi. Arriviamo quindi al nocciolo della questione, che ha un nome e cognome: Kostas Manolas.
Classe ’91, greco, viene acquistato dalla Roma nell’estate del 2014 dall’Olympiakos Pireo, per una valutazione complessiva dell’affare di 15 milioni (13 + 2 di bonus).
Dopo tre anni di crescita, in termini di numeri e personalità, il contratto del difensore viene rivisto nel 2017: l’ingaggio sale fino ai 3 milioni netti (per un costo annuo a bilancio di 6.479.000, tra stipendio lordo e ammortamenti) e la scadenza posticipata al 2022. Poi il campo, si sa, è in grado di ribaltare previsioni o investimenti, in alcuni casi di farli crescere e rivalutare in termini economici.
Manolas si impone come uno dei difensori più continui e importanti della Serie A italiana, tra i più validi in campo europeo (il gol al Barcellona gli regala una visibilità planetaria).

Le offerte non mancheranno e la Roma si ritrova, dopo solo un anno, all’ennesimo bivio nella gestione del greco: rinnovo o cessione? Valutiamo i vari fattori.

Indubbia la possibilità di effettuare sul greco una plusvalenza importante: arrivato a 15 milioni, al momento il “valore netto contabile“, messo a bilancio dalla Roma, è pari a 6,5 milioni di euro.

 

 

Partendo dal presupposto che a meno di 36 milioni di euro (valore della clausola inserita nell’ultimo rinnovo contrattuale) la Roma non lo “perderà”, un guadagno di circa 30 milioni (o maggiore, se la trattativa decollasse senza prendere in oggetto la clausola) può essere molto prezioso, ovviamente se reinvestito per trovarne un erede altrettanto valido.
E’ altrettanto chiaro che i parametri del sostituto non potranno superare tale margine.
Prendendo ad esempio, tra i vari profili sul mercato, la valutazione di Gianluca Mancini (Atalanta) di circa 25 milioni, questa andrebbe a coprire buona parte del budget, ricavato dalla cessione di Manolas: la squadra giallorossa andrebbe così a vendere un 28enne per acquisire un promettente 22enne, con un ingaggio più basso e la possibilità di far crescere, in campo e fuori, un altro asset.
Esattamente come ha fatto il greco negli ultimi anni: prendendo ad esempio i dati di Transfermarkt, riguardanti gli ultimi 3 anni solari, la crescita di Manolas è evidente.

Il dodicesimo difensore “più forte” in Europa, quindi al mondo, potremmo volgarmente definirlo. I numeri ci dicono con assoluta certezza che, con la maglia della Roma, il valore di mercato del greco si è triplicato rispetto all’originario dato, con una percentuale positiva di 246,2% ed una differenza totale di 32 milioni.

Trasferendoci su un altro portale e prendendo in esame le 5 top leghe europee, secondo i dati del CIES Observatory, negli ultimi sei mesi Manolas è al 37simo posto per ranking tra i difensori centrali (coefficiente 78.2). In Serie A, Acerbi, Raul Albiol, Skriniar, Chiellini, de Vrij e Koulibaly lo precedono. Da evidenziare come i primi 10 per rendimento, di questa particolare classifica, siano tutti all’estero (Thiago Silva, Stones, Laporte, Sule, van Dijk, Rudiger, David Luiz, Marquinhos, Boateng e Alderweireld).


Ultimo parametro fondamentale, oltre al valore del cartellino e il rendimento sul campo, è senza dubbio l’ingaggio. I 10 milioni annui di van Dijk e Marquinhos, gli 8 di Umtiti fino ai futuri 6 di Koulibaly e gli attuali di Stones: sono cifre dalle quali i club tentano di fuggire ma, allo stesso tempo, sono le cifre alle quali giocatori e procuratori cercano di arrivare.

Il greco è quindi tra i primi 15 difensori al mondo per valore e percentuale di crescita, tra i primi 40 per rendimento negli ultimi sei mesi ma con un ingaggio ben lontano dai suoi diretti “competitors”. Che fare quindi?

La politica della Roma, finora molto attenta al bilancio (dovendo attenersi alle direttive del FFP) e al salary cap (unico parametro che il presidente James Pallotta vorrebbe si abbassasse in maniera drastica), di certo non si sposa con l’idea di un rinnovo contrattuale simile, in linea con i “Top Centre Back” europei: se Manolas si dirigesse oltre i 4 milioni netti all’anno, come richiesta economica per rinnovare, sarebbe necessario rinunciare ad un over 30 con ingaggio pesante (Dzeko 4.5, Pastore 3.5, De Rossi 3 o Perotti 2.8) per accontentarlo.
Ma senza ulteriori partenze, quella più probabile sarà quella del greco. Un sostituto più giovane, e con ampi margini di miglioramento, farebbe registrare l’ennesima plusvalenza (grazie alla vendita di un asset sfruttato per 5 stagioni) e abbassare il monte ingaggi, rendendo felice anche il presidente americano.

Il bivio è presto configurato: plusvalenza e sostituto, cedendo un titolare inamovibile, oppure un sacrificio economico per blindare la difesa, continuando a puntare su un top player nel suo ruolo.
Il ds Monchi lo ha detto sin da subito: il mercato lo si fa tra “Wyscout” e “Excel”, tra talento e numeri.
I secondi sono freddi e non interpretabili: il margine di errore per non renderli indigesti passa attraverso il primo.
Cedere sì, ma comprare. Il segreto del successo sarebbe farlo senza commettere errori, soprattutto quando il bilancio non te li consente.

 

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