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Un principe saudita in giallorosso? Ecco bin Salman tra mistero e progresso (FOTO/VIDEO)

L’erede al trono dell’Arabia Saudita vuole investire nel calcio: contatti con la Roma già nel 2018

La Roma è sul mercato. Defilatosi Dan Friedkin dalla trattativa per l’acquisto del club giallorosso, nelle ultime 24 ore è stato accostato il nome del Principe saudita bin Salman alla società di Trigoria. Goldman Sachs, infatti, sta continuando la ricerca di potenziali soci investitori nella Roma e il dossier giallorosso è finito sul tavolo dell’erede al trono dell’Arabia Saudita. Un personaggio di successo, al quale non mancano luci e ombre: tra progresso e dinamiche controverse, ecco la storia bin Salman.

Biografia e ascesa politica

Mohammad bin Salman Al Sa’ud è il Principe della Corona dell’Arabia Saudita, Vice-Custode delle due Sante Moschee, Primo Vice Ministro e Ministro della Difesa (è il più giovane nel mondo a ricoprire questa carica) dell’Arabia Saudita e Presidente del Consiglio per gli Affari Economici e di Sviluppo. Da giugno del 2017 è stato nominato erede ufficiale di re Salman. E’ nato nel 1985 nella città di Gedda, situata nella regione del Hijāz, è la seconda città più grande dell’Arabia Saudita dopo la capitale Riad. Sede della Banca islamica per lo sviluppo, la sua popolazione raggiunge i 3 milioni di abitanti.

E’ figlio di Re Salmān bin ʿAbd al-ʿAzīz Āl Saʿūd e della sua terza moglie. La dinastia Saʿūd ha una storia che risale al 1700 con il regno di Saʿūd bin Mohammad, proprio in onore del capostipite è stato scelto il nome di bin Salman. Dal 2008 è sposato con una cugina, la principessa Sara, figlia di Mashhur bin ‘Abd al-‘Aziz, fratellastro di suo padre, dalla quale ha avuto 4 figli: due maschi e due femmine. Nel corso della sua giovane vita ha ottenuto tre titoli di onoreficenza: il Collare dell’Ordine di Isa bin Salman Al Khalifa (Bahrain), il Grand Cordone dell’Ordine della Repubblica (Tunisia) e il titolo di Cavaliere di I Classe dell’Ordine del Pakistan (Pakistan).

Dopo la laurea in Giurisprudenza presa all’Università Re Saʿūd (la prima Università ad essere fondata nel Regno Saudita), la sua ascesa politica è abbastanza rapida: da consigliere del Re viene nominato governatore della provincia di Riyad dove ha acquisito prestigiosi titoli locali. Nel 2011, il principe ereditario Salman ha iniziato la sua ascesa al potere, diventando Secondo Vice Primo ministro e ministro della Difesa. Questi ha confermato il figlio Mohammad come consigliere privato. In questo momento storico il principe ha dato vita alla “Fondazione Principe Mohammed bin Salman” con l’obiettivo di aiutare i giovani bisognosi. Nel 2012 muore anche il principe ereditario Nayef all’età di 78 anni e bin Salman diventa ufficialmente Principe della Corona. Il 25 aprile 2014 è diventato ministro di Stato e l’anno successivo, con la successione al trono di suo padre ha acquisito i titoli di ministro della Difesa e Segretario Generale della Corte Reale.

Tre acquisti folli del principe bin Salman

  • Lo Chateau Louis XVI: 280 milioni di euro.
  • Il Salvator Mundi di Leonardo: 450 milioni di dollari.
  • Lo Yacht Serene di Fincantieri: 500 milioni di euro.

Il principe visionario: “Saudi Vision 2030” e i diritti delle donne

Il 26 aprile 2016 ha presentato un piano strategico dal nome “Saudi Vision 2030” elaborato dal Consiglio per gli affari economici e di sviluppo da lui guidato, che si propone di istituire un fondo sovrano di 2000 miliardi di dollari per il lancio di progetti di investimento sul territorio nei settori non petroliferi, il turismo e l’intrattenimento. Previsto l’aumento di tasse e tariffe: una sul valore aggiunto, una sui beni di lusso, i pedaggi stradali, il prezzo della benzina e ridotte e razionalizzate le spese militari; ci saranno anche pesanti tagli sui sussidi. Secondo il piano questo permetterà all’economia del regno di diventare indipendente, entro il 2020, dalla produzione e dal prezzo del petrolio il cui calo negli ultimi mesi ha messo in difficoltà il bilancio pubblico.

Nel 2017 ha inoltre permesso alle donne di prendere la patente e guidare sul territorio Saudita, prima non era permesso, in questo modo voleva cambiare l’immagine dell’Arabia Saudita soprattutto agli occhi della critica estera. In favore delle donne ha anche aumentato la partecipazione femminile nella forza lavoro dal 22% al 30%. Ha dato vita al primo campionato di calcio femminile in Arabia Saudita e sono state eliminate, grazie ad una sua iniziativa politica, le entrate secondarie separate per le donne nei locali pubblici.

bin Salman e la Roma: i precedenti due accostamenti

Il nome di bin Salman in orbita Roma non è stato accostato per la prima volta solamente nelle ultime 24 ore. Infatti, il principe saudita è stato attratto dal calcio italiano già nel giugno del 2018 con forti interessamenti non solo al club giallorosso ma anche al Milan. Ma all’epoca la Roma non sembrava essere in vendita e non si seppe assolutamente nulla di ipotetici contatti tra le parti. Un secondo accostamento è stato rilanciato nel mese di novembre sempre nel 2018. In quest’occasione, bin Salman avrebbe compiuto qualche contatto diretto con la dirigenza giallorossa. Ma si è trattato solo di colloqui informali e preliminari per capire la valutazione data da James Pallotta comprendendo il polo di Tor di Valle e il progetto Stadio della Roma (all’epoca la cifra sembrava avvicinarsi al miliardo).

Il Newcastle United, una trattativa quasi conclusa ma a rischio

Dopo il 2018 le mire di bin Salman sul calcio sembravano passate di moda per poi tornare alla ribalta nel 2020.
Negli ultimi due mesi è stato accostato fortemente al Newcastle United. Trattativa confermata e ad un passo dalla chiusura, ma proprio negli ultimi giorni la Premier League sta ricevendo molte pressioni, soprattutto da Amnesty International, affinché venga messo il veto sul passaggio di consegne tra Mike Ashley (attuale proprietario dei Magpies) e bin Salman stesso, la fumata bianca tarda ad arrivare. Il motivo di queste pressioni è legato ad alcune controversie imputate proprio al principe saudita che lo coinvolgerebbero in situazioni geopolitiche internazionali.

Le controversie: il caso Jamal Khashoggi, Jef Bezos e la Guerra nello Yemen

Khashoggi

Jamāl Aḥmad Khāshuqjī scrittore e giornalista progressista saudita, è stato caporedattore di “Al-Arab News Channel“, redattore del quotidiano saudita al-Waṭaninfine redattore del Washington Post. Noto per le sue aspre critiche nei confronti del governo saudita e della famiglia reale si auto esiliò a Istanbul dove però scomparve il 2 ottobre del 2018 durante una visita al consolato Saudita dove stava andando a ritirare documenti personali (non lasciò mai più quell’edificio).

Sulla scomparsa venne gettato subito un alone di mistero: la polizia turca afferma che Khashoggi sia stato ucciso e squartato all’interno del consolato; dall’altra parte il governo saudita afferma che Khashoggi lasciò il consolato vivo attraverso un ingresso posteriore, ma a questa posizione replica ancora la polizia turca che dice come le Telecamere a circuito chiuso non abbiano registrato nulla.  Tuttavia, il 19 ottobre 2018 la TV di stato saudita conferma che la morte di Khashoggi sia avvenuta a seguito di una lite presso scaturita presso il consolato di Istanbul (qui la ricostruzione e la cronologia degli eventi della scomparsa di Khashoggi).

Le misteriose circostanze, mai ancora chiarite e definite, hanno comunque portato la CIA e l’ONU a dire pubblicamente che “esistono indizi credibili” sulle responsabilità del principe Mohammed bin Salman (qui la posizione dell’ONU e le prove fornite dal relatore riportate dal The Guardian). Di tutta risposta Al-Jazeera riporta la replica ufficiale del principe saudita: “E’ accaduto sotto il mio controllo, mi assumo tutte le responsabilità”. In un’intervista alla BBC si è poi pubblicamente difeso. Ecco il video:

Secondo Mahjoob Zweiri, direttore del Gulf Studies Center della Qatar University di Doha, l’ammissione di bin Salman rappresenterebbe soltanto una “minima responsabilità”. Per il docente, il principe avrebbe fatto quella dichiarazione supponendo un’accoglienza positiva da parte dell’opinione pubblica internazionale. Il messaggio, chiaro, sembrerebbe quello di un leader che sta accettando la responsabilità del suo gesto, ma che “non dovrebbe essere criminalizzato per questo”. Secondo il docente, una sorta di “responsabilità morale piuttosto che una responsabilità penale”.

Proprio il governo saudita, lo scorso dicembre, ha chiuso questo oscuro capitolo con la condanna a morte 5 uomini ritenuti direttamente coinvolti nell’assassinio di Khashoggi.

Jeff Bezos “hackerato” da bin Salman?

Secondo un’inchiesta pubblicata dal The Guardian, il telefono del fondatore di Amazon e proprietario del Washington Post è stato “hackerato dal principe ereditario saudita” Mohammed bin Salman, cinque mesi prima dell’omicidio nel 2018 del giornalista oppositore saudita Jamal Khashoggi, collaboratore proprio del quotidiano americano.

Il regime saudita aveva precedentemente già negato di avere responsabilità con il telefono di Bezos, ma il quotidiano britannico fornisce ora nuovi dettagli sui risultati di analisi digitali sul cellulare.Il dispositivo sarebbe stato hackerato dopo aver ricevuto un messaggio WhatsApp apparentemente inviato dal numero personale del principe saudita, riferiscono fonti al Guardian.  Si ritiene che il messaggio contenesse “molto probabilmente” un video infettato da un virus che si è infiltrato nel telefono di Bezos, secondo i risultati di analisi digitali. I due uomini stavano scambiando una conversazione “apparentemente amichevole” su WhatsApp quando, il primo maggio del 2018, è stato inviato il file.

La guerra nello Yemen

Una pubblicazione del World Affairs Journal ricorda come bin Salman aveva promesso una “facile vittoria” nella guerra contro lo Yemen, tuttavia, dopo che sono trascorsi più di 5 anni di guerra, l’equazione del conflitto si è trasformata in favore dell’Esercito e del movimento popolare yemenita, quindi le forze di aggressione cercano disperatamente una via d’uscita dal conflitto che tutt’oggi prosegue. In questo conflitto che prende il nome di “Guerra senza fine”, si sono sino ad oggi stimati 230 mila decessi di cui 85 mila bambini. Nel corso delle ultime settimane non solo la guerra, ma anche alluvioni e Covid-19 si stanno abbattendo sullo sfortunata Repubblica dello Yemen.

 

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