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Mourinho Roma Milan

Una domanda che serpeggia in una parte del tifo giallorosso

Dalli al tiranno, come al pupazzone del Luna Park. Quando un antipatico cade c’è gran gusto nell’infilzarlo e sbeffeggiarlo, se ne prova un piacere feroce, catartico. Si sradica la statua dal piedistallo per infierire, poi ci si sente meglio. Così è logico che l’ultima Roma, una vittoria su sei e 8 gol concessi al Bodø/Glimt, si porti dietro una slavina di critiche, e visto che l’identificazione tra Roma e Mourinho è perfetta, sul tecnico piovono pietre, e giudizi e commenti acidi, definitivi, a volte offensivi.

Vita da Special. Abituato alle bufere e a navigarci dentro, tanto le provoca lui apposta. Ammesso che sia ancora Special, si obietta, ed è il dubbio strisciante. Ha perso il tocco come si sospettava in Inghilterra? O è ancora il vecchio drago, circondato da lillipuziani non alla sua altezza? In entrambi i casi, per la Roma sarebbe grave. Sul tocco perso, non sono d’accordo Florentino Perez (ha provato ancora a maggio a riportarlo a Madrid: troppo tardi), i sauditi del Newcastle che l’hanno inserito nei papabili per il futuro, e Dan Friedkin, che l’ha portato qui ed è senz’altro al suo fianco (ci crediamo sulla fiducia).

Eppure Mourinho nelle ultime settimane si è incartato. È ancora quarto in A ma attenzione, ci vuole poco a scivolare, le altre sono lì. La Roma è entrata in un vortice tra inadeguatezze proprie ed eventi avversi tipici dei momenti-no (arbitri a parte, si pensi al surreale palo di Mancini contro il Bodø), i giocatori sono calati di schianto, il tecnico si dibatte in una coperta sempre più corta. Ancora pesante la manovra negli ultimi 30 metri, niente schemi risolutivi e pianificati, ma quello di Mourinho è un calcio situazionista, istruisce i giocatori a raffinare l’istinto e l’estro nella battaglia poi ci devono pensare loro, lui li prepara al resto; nella vita due partite le ha vinte, si vede che funziona.

Ma la squadra gli sfugge. Ora cerca soluzioni in affanno e in confusione, riabilita gli ex epurati ma alla rinfusa, forse li ha puniti troppo, ottiene più che altro reazioni d’orgoglio nei secondi tempi, ha attaccanti spenti. Non ritrova il tocco perché pizzica corde sbagliate o nei punti sbagliati, del resto non ha una squadra per lui: poco fisica dalla cintola in giù e con troppi che portano palla dalla cintola in su, il contrario delle sue idee. Ma urgono correttivi tattici, modifiche, sacrifici. Si può giocare anche 4-3-3 con Pellegrini centrocampista, più due ali con meno compiti di copertura per assistere meglio Abraham. Ci penserà Mourinho, tocca a lui, Roma lo aspetta alla prova, l’altra sera ha fischiato di delusione. Lo scrive Il Messaggero.

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