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Belotti: “Ecco perché mi chiamo Gallo. Ho un sogno per il finale di stagione”

L’intervista all’attaccante giallorosso

Andrea Belotti ha rilasciato un’intervista a Cronache di spogliatoio dove ha raccontato diversi retroscena della sua carriera e non solo. Le sue parole:

È la sera del 3 settembre 2012. Il mio amico Juri, come ogni sera, sta gestendo la sua clientela al Bar Cocktail di Calcinate, il paese in cui sono nato, in provincia di Bergamo. Juri di cognome si chiama Gallo e il primo a esultare con la cresta è stato proprio lui.  La sera del 3 settembre è la sera in cui mi ha chiamato per dirmi: «Andrea! Sono riuscito a liberarmi. Domani al bar mi copre mio padre, vengo a vederti». Data la circostanza storica, facemmo una scommessa: «Finalmente vengo a vederti. Promettimelo: se segni, esulti con la cresta del gallo in mio onore». L’arbitro fischia l’inizio della partita. Passano due minuti e Karamoko Cissé mi serve un pallone. Prendo e lo scaravento in rete. Non ci penso un attimo: corro sotto la tribuna e inizio a mimare la cresta del gallo come un pazzo. Era un’esultanza che non si era mai vista. Ho iniziato per gioco, mi è piaciuta, e ora eccomi qui: il Gallo Belotti”.

L’attaccante giallorosso si è poi soffermato sul suo rapporto con la fede cattolica: “La chiesa mi ha accompagnato: facevo il chierichetto e a casa i miei genitori mi hanno trasmesso fin da piccolo la fede. È un qualcosa che da sempre vive dentro di me. Ma per farvi capire: io ho due idoli. Il primo è Giovanni Paolo II: nessuno ha fatto quello che ha fatto lui, le sue gesta sono di gran valore. Il secondo è Don Sergio, il parroco di Calcinate: è una persona che ha il dono di farsi voler bene, perché oltre alla religione e alla fede mi ha trasmesso quei valori che reputo fondamentali, essendo il primo a giocare con noi e a mettersi a disposizione degli altri”.

In un passaggio successivo, il Gallo ricorda l’esultanza per la rete segnata contro il Salisburgo in Europa League: “Credo che il pallone mi faccia esprimere tutto quello che ho dentro attraverso una passione forte. Basta guardare come ho abbracciato Spinazzola dopo il gol al Salisburgo. Sono esploso, l’ho travolto: penso che si sia accorto che avrei potuto trascinarlo a terra, infatti mi ha spinto prima che potessi sbatterlo sull’erba!”.

Qualche anno prima di approdare in giallorosso, Belotti era stato al centro di una telenovela di mercato andata avanti per tutta la sessione: “L’estate dei 100 milioni, il mio nome era da tutte le parti. Si leggeva «Belotti» ovunque. Probabilmente, all’inizio sono stato consigliato nel modo sbagliato. Ho avuto la forza di lasciar correre. Si diceva che era fatta con il Milan per 58 milioni, che dovevo andare a giocare la Champions League. Si parlava ovunque della mia valutazione, di quanto valesse Belotti, di cosa dovesse fare Belotti, di quale fosse l’opzione migliore per Belotti”.

Infine, conclude con una promessa che non può ancora svelare: “PS: ho un quaderno qui accanto a me. Questa lettera voglio terminarla su un altro foglio. Ci scrivo una promessa: se a fine stagione riuscirò a esaudirla, ve la mostrerò”.

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