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Friedkin-Mou si sfiorano: ore decisive a Trigoria

Ieri il presidente era a Trigoria, ha incrociato il tecnico ma non c’è stato il lungo incontro per chiarire il futuro. La squadra e i tifosi si stringono intorno al portoghese, sempre più leader

In spagnolo aspettare si dice “esperar”, perché in fondo aspettare è anche sperare. Mou non è spagnolo ma è una lingua che parla bene. A tal punto che la utilizza spesso quando deve spiegarsi in italiano con un termine che non gli è familiare. Anche Dan Friedkin la parla. Del resto il Texas è uno dei tre stati negli Usa dove la presenza ispanica è pari al 30% della popolazione. E speranza e attesa sono il comune denominatore che li lega ad una piazza che attende soltanto che i due si vedano. Ieri Dan, rispetto alle assenze delle ultime settimane, era presente a Trigoria. Come José. Che dopo essersi rilassato il giorno precedente in piscina al Parco dei Principi, ha diretto regolarmente l’allenamento alle ore 16.

BOCCHE CUCITE Sul fatto che si siano incrociati, ci sono pochi dubbi. Il tecnico è stato come di consueto tutto il giorno nel centro sportivo, ha pranzato lì, prima della seduta. Ma sul fatto che i due abbiano parlato di programmi futuri, non arrivano conferme. In realtà nemmeno smentite, il che la dice lunga sul momento. L’importante, al di là della tempistica, sarà capirsi. Perché spesso i rimedi tardivi sono peggio dei silenzi. Prendete ad esempio l’appello di José nel post-gara contro il Siviglia. Tra le richieste, c’era anche quella di non essere lasciato solo nella lotta contro il mondo arbitrale. Pronta la risposta del club, con la nota (soft)post datata di 24ore di Pinto all’Ansa che s’è trasformata però in un boomerang. Agli occhi esterni, infatti, ha demarcato una distanza tra la posizione del club (di cui il gm incarna il pensiero) e quello di José. Va detto come la società difficilmente poteva utilizzare toni diversi, trattandosi praticamente di una sorta di comunicato ufficiale e soprattutto dopo quanto accaduto all’aeroporto di Budapest, con l’aggressione verbale ricevuta dal fischietto inglese che ha fatto il giro del mondo, regalando una pubblicità pessima alla società. E di riflesso ai Friedkin. Ma il magnate Usa deve prendere atto come la (quasi) totalità della gente sia dalla parte del tecnico.

MALUMORE – A tal punto che per la prima volta da quando Dan e Ryan sono arrivati a Roma, hanno annusato del malumore all’interno della tifoseria. Le contestazioni sono un’altra cosa ma basta andare a leggere i commenti sotto l’ultimo post pubblicato sul profilo Instagram dal Friedkin Group, per capire come l’aria stia cambiando. Roma rimane sempre la città del pollice verso e anche se la gratitudine nei confronti della proprietà americana resta immacolata, non era mai accaduto di leggere tante posizioni contrarie al silenzio ormai atavico di padre e figlio che si accompagnano alla linea morbida scelta dal club nella risposta agli errori dell’arbitro Taylor. Una freccia in più nell’arco del portoghese, consapevole che aldilà di come andrà a finire la vicenda, lui ne uscirà a braccia alzate. Sullo sfondo, oltre al messaggio di Pellegrini («La Roma è una famiglia e rimarrà unita»), c’è anche una partita contro lo Spezia che non sembra importare a nessuno. In realtà in palio c’è un posto in Europa League rispetto ad un mesto ritorno in Conference (anche se poi la Uefa potrebbe decidere comunque l’esclusione della Juventus per un anno dalle manifestazioni europee). E con questo anche gli introiti di una manifestazione che non sarà la Champions (che già in partenza regala una cinquantina di milioni) ma che comunque al club giallorosso in questa stagione ha fatto guadagnare la bellezza di 25 milioni (esclusi i continui sold-out all’Olimpico) dai quali è stata già detratta la multa di 5 legata al Fair Play Finanziario. Vada come vada, sono però i giorni di Mou. Il conto alla rovescia è iniziato. Non resta che attendere. Lo scrive Il Messaggero.

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