Il calcio curdo come baluardo della resistenza
In queste ore fanno scalpore le vicende dei saluti militari dei giocatori turchi da Cengiz Under e Demiral sino al caso di Sahin, licenziato dal St. Pauli e poi ingaggiato dall’Istanbul Basaksehir. Ma esiste l’altro volto della medaglia, a cui nessuno sta dando voce: il calcio e soprattutto il popolo curdo. Queste le storie del Dalkurd, del suo capitano Peshraw Azizi e del Diyarbakır Büyükşehir Belediyespor.
Il caso Dalkurd, 15 anni di calcio nel nome del Kurdistan
Il Dalkurd Fotbollsförening, meglio noto come Dalkurd FF, è una società calcistica svedese con sede a Uppsala, ma gioca nel Gavlevallen di Gävle, struttura da 6432 posti. Il club è nato il 26 settembre 2004 a Borlänge, su iniziativa di alcuni abitanti di origine curda. Lo stesso logo del club richiama la bandiera del Kurdistan, così come la denominazione sociale che combina il nome della regione del Dalarna alla parola “kurd”. L’intento era quello di creare un progetto sociale rivolto ai giovani del posto, con un aiuto economico da parte della locale squadra dell’IK Brage (all’epoca militante in Superettan).
La rosa del primo anno presentava un’età media di 16,4 anni.
Dal 2005 al 2009 è sempre arrivato primo nei rispettivi campionati, potendo compiere una rapida scalata dalla Division 6 alla Division 1, ovvero il terzo livello del campionato svedese. Nei suoi primi 4 anni di vita, il Dalkurd ha vinto 68 delle 75 partite disputate, arrivando ad avere una differenza reti positiva di 421 reti. La prima storica promozione in Superettan, sfumata due anni prima, si è materializzata nel corso del campionato di Division.1 2015, vinto dal Dalkurd con 14 punti di vantaggio sulla seconda in classifica.
Il 24 marzo 2015 la squadra, di ritorno dalla Spagna, avrebbe dovuto imbarcarsi sul volo Germanwings 9525, tragicamente precipitato sulle Alpi; l’attesa da sostenere a Düsseldorf venne però giudicata eccessiva e così la formazione tornò in Svezia con altri aerei, evitando inconsapevolmente la morte.
Il 28 ottobre 2017, alla penultima giornata del campionato di Superettan 2017, il Dalkurd ha compiuto un ulteriore salto di categoria arrivando a conquistare la promozione alla Allsvenskan per la prima volta nei 13 anni di storia del club.
Nel 2019, dopo un anno in Allsvenskan, retrocede in Superettan. e il club è in attesa del completamento dei lavori dello Studenternas IP di Uppsala per giocare nella città dove ha effettivamente sede il Dalkurd.
L’appello del Dalkurd: “Fermate questa follia”
In un comunicato del 12 ottobre, la società svedese ha pubblicato il seguente comunicato dopo l’inizio dell’invasione turca del Kurdistan occidentale (Amministrazione autonoma della Siria del Nord-Est):
“Il Dalkurd condanna duramente l’operazione e il tentativo di occupazione che lo stato turco sta attualmente svolgendo nel vasto Kurdistan (Rojava). Centinaia di migliaia di persone sono già fuggite dalle loro case. Milioni di persone sono messe a repentaglio da ciò che rischia di diventare uno dei peggiori disastri umanitari di tutti i tempi. Siamo solidali con le persone di Rojava e con tutti gli innocenti che in questi giorni vivono nel panico e nel caos. Come società che ha sempre manifestato i valori dell’uguaglianza, della tolleranza esortiamo la comunità internazionale a fare pressione sulla Turchia affinché fermi immediatamente questa follia“.
#DalkurdFF #Support4Rojava #Kurdistan #Rojava pic.twitter.com/qkcYpKDw69
— Dalkurd FF (@DalkurdFF) October 12, 2019
Peshraw Azizi: il capitano dal sangue Peshmerga
Il capitano de Dalkurd è Peshraw Azizi, figlio di un ex combattente peshmerga. Oggi, 31enne difensore centrale di nazionalità svedese ma nato a Sulaymaniyah nell’Iraq curdo, difende i colori del Dalkurd dal 1° febbraio 2011 dopo essere cresciuto nelle giovanili del Syrianska FC. Azizi ha un passato forte e un legame di sangue con la terra curda, così racconta: «Mio padre è stato per tanti anni in prima linea e io adesso continuo la sua battaglia, non con la guerra ma attraverso il calcio. Quando sono andato in visita ai peshmerga, mi hanno riconosciuto e mi hanno chiesto di farli felici con il pallone. Per me, quella sportiva è una lotta altrettanto importante per la causa curda».
In queste ore su Twitter scrive: “Orgoglioso della mia gente, di tutti coloro che sostengono e stanno al nostro fianco. Non facciamo silenzio, cosa sta succedendo a tutto il genere umano. Sosteniamo i nostri eroi ed eroine con ciò che possiamo. Contribuiamo alle persone colpite, sosteniamo insieme l’umanità”.
Stolt över mitt folk,stolt över alla som stöttar och står vid vår sida.Låt oss inte vara tysta, det som händer är mot hela mänskligheten.Låt oss stötta våra hjältar och hjältinnor med det vi kan. Låt oss bidra till de drabbade.Låt oss tillsammans stå upp för mänskligheten.❤️?? pic.twitter.com/FBdEZp3upv
— Peshraw Azizi (@Pashazizi) October 12, 2019
Dopo il licenziamento di Cenk Sahin da parte del St.Pauli, il capitano Peshraw Azizi ha espresso tutta la propria soddisfazione sempre sui canali social. Una bandiera del calcio curdo in Svezia e soprattutto un simbolo per il popolo curdo che prova attraverso lo sport a farsi sentire nel tentativo di farsi notare dalle comunità internazionali.
Biji @fcstpauli ✌? https://t.co/u8ZPqLJfZy
— Peshraw Azizi (@Pashazizi) October 14, 2019
L’Amedspor o Diyarbakir, il baluardo del popolo curdo nel calcio turco
L’Amedspor è una società di calcio turca con sede nella città di Amed o Diyarbakır , località che rappresenta le radici del popolo curdo nei confini anatolici. Da sempre le partite dell’Amedspor mettono in scena non solo il calcio in quanto spettacolo ma anche la rivendicazione del diritto di essere curdi, in un paese che soprattutto negli ultimi giorni sta esercitando la guerra come mezzo di repressione contro il popolo senza stato più numeroso al mondo (quasi 30 milioni di persone, nel 1991 se ne stimavano 21.5). I turchi però chiamano la squadra e la città Dyarbakir (da molti considerata la capitale turca dei curdi).
Il blitz antiterorrismo e l’inizio delle ostilità
Nell’ottobre del 2014 il club, che portava il nome turco della città di Diyarbakır, venne multata dalla Federazione turca per aver cambiato nome in Amedspor, utilizzando quindi il nome curdo della città. Al contempo, un cambio nello stemma permise ai tifosi di sventolare i colori della bandiera del Kurdistan, vietata però nella Turchia di Erdogan. Nel Febbraio del 2016, l’unità anti-terrorismo della polizia turca fece irruzione nella sede dell’Amedspor, sequestrando computer e documenti dagli uffici del club. Pochi giorni dopo quell’episodio l’Amedspor eliminò il Bursaspor dalla coppa di lega accedendo ai quarti di finale contro il Fenerbahce.
A seguito della partita contro il Basaksehir nel precedente turno di coppa, ai tifosi era stata vietata la trasferta di Bursa a causa dei cori intonati a favore dei combattenti curdi e contro le stragi dei bambini. In quell’occasione vennero arrestati a Istanbul decine di tifosi – più di trenta per Kurdish Question, di cento per Today’s Zaman – colpevoli di aver intonato simili cori sgraditi.
Il giocatore Deniz Naki, artefice del secondo goal contro il Bursaspor, fu squalificato per 12 giornate e multato di 19.500 lire turche, colpevole di aver pubblicato sui social un post che recitava: «Siamo fieri di essere un piccolo spiraglio di luce per la nostra gente in difficoltà. Come Amedspor, non ci siamo sottomessi e non ci sottometteremo. Lunga vita alla libertà!».
L’ostilità nei confronti del Amedspor fu un caso utile ad unire le tifoserie nel mondo del calcio turco. Tra questi spicca il comunicato di alcuni gruppi ultras del Fenerbahce:
“Il governo si riempie da sempre la bocca con lo slogan “non dividiamo il paese”, ma poi perseguita e uccide proprio chi vuole che il nostro paese viva in pace e in armonia tacciandoli come traditori. In questo paese c’è soltanto una distinzione: chi, guardando un bambino morto a terra colpito da una pallottola, si domanda se quel bambino fosse curdo o meno e chi invece piange tutti i bambini di tutte le etnie. La vergogna più grande dell’umanità è la colpa della guerra, una guerra di cui noi non faremo parte“.
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