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Il calcio sembrava un mondo inattaccabile. Poi è arrivato il Coronavirus.

Una pandemia anche per le tasche dei club: nessun incasso da stadio, merchandising azzerato, attività collaterali annullate, contratti in scadenza, broadcaster che si guardano bene dal pagare l’ultima quota annuale per i diritti televisivi. I calciatori sono dipendenti e come tali, per legge, andrebbero retribuiti lo stesso, ma i presidenti di Lega hanno iniziato a sottoporre il problema. Gli ingaggi sono la voce che pesa di più sui bilanci e non può esistere una cassa integrazione.

Chi li paga se il carrozzone non va più avanti? Tra i palazzi del potere inizia a serpeggiare la voce di un possibile muro contro muro tra sindacato e proprietà: ovviamente i calciatori non vorrebbero rinunciare allo stipendio, ma tra i presidenti c’è chi ha fatto i conti. Trecento milioni li spende soltanto la Juventus che ha 11 calciatori nella top20 dei più pagati, poi c’è l’Inter, la Roma, il Milan, il Napoli e la Lazio. I club potrebbero valutare il taglio o la riduzione dei pagamenti per il periodo di inattività oppure adottando misure-tampone come le ferie, utili forse a salvare la stagione.

Il vice presidente dell’AIC, Umberto Calcagno, ha detto: “Abbiamo bisogno di sostegno da parte del Governo. Il calcio paga 1 miliardo di tasse allo Stato. E’ importante che qualcosa, in in momento del genere, venga restituito per aiutare il sistema“. Lo scrive il Corriere dello Sport.

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