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Il presidente del Verona: “Se vogliamo bene al calcio non possiamo fermarlo”

Maurizio Setti: “Il calcio non è solo Ronaldo o Lukaku, dietro c’è gente normale che lavora. Dobbiamo riprendere”

Durante una diretta Facebook di Hellas Channel per celebrare il trentacinquesimo anniversario dello Scudetto vinto dal Verona, il presidente del club gialloblu Maurizio Setti ha parlato anche della ripresa del campionato.

“Sono un po’ come la Borsa in questo momento: con degli ups and downs pazzeschi. Credo che, se vogliamo il bene del calcio, non lo possiamo fermare. E lo dico in una posizione che mi consentirebbe di stare zitto, perché noi potremmo anche avere qualche sorpresa (il Verona sarebbe settimo in classifica con la fine anticipata della stagione e di conseguenza in Europa Leage, ndr). Ma, seguendo un ragionamento di sistema, credo che il calcio debba ripartire. Intanto perché i problemi che abbiamo oggi li avremmo anche a settembre. Poi se in un’azienda si trova un malato di Covid questi si dovrà curare, ma non si potrà chiudere l’azienda. Questi scrupoli mi sembrano esagerati. Capisco anche il dottore, che è l’unico a rischiare penalmente insieme a me. Non è semplice chiedergli di prendersi queste responsabilità di fronte ad un problema del genere. Io, che sono molto pragmatico, ho detto che se muore qualcuno per problemi di cuore, com’è stato per Astori, non si ferma il calcio. Nel senso buono della cosa, ci vuole equilibrio. Una volta passata la fase critica, almeno fino al vaccino, dovrà diventare una malattia come le altre. Gli atleti sono, in quanto tali, più sani. Nel mondo non mi risulta che sia morto un solo giocatore di Coronavirus, la Germania mi sembra di capire che riparta, così come l’Inghilterra. Se gli altri dovessero ripartire e noi no perderemmo molte posizioni nel ranking, perderemmo di credibilità, perderemmo i nostri campioni a prezzi stracciati. Non dico che rischiamo il default, ma ci andiamo molto vicino. E io parlo di Serie A, figuriamoci le categorie inferiori. Dobbiamo stare molto attenti, perché il calcio non è solo Ronaldo o Lukaku, ma è tutta quella gente che lavora tutti i giorni, per uno stipendio normale”.

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