Tra pandemia e problemi antichi, negli ultimi anni se ne sono “persi” circa cinquecento: gli effetti si stanno già vedendo e non si risolveranno in fretta
I maltrattamenti e le aggressioni agli arbitri fanno notizia regolarmente. Uniti agli effetti della pandemia e a un sistema di incentivi e benefici ritenuto non più sufficiente, sono i motivi che rendono sempre più difficile l’avvicinamento all’arbitraggio da parte di ragazzi e ragazze. Secondo Paolo Mazzoleni, arbitro di Serie A per oltre quindici anni e ora impiegato nel VAR, c’è bisogno di nuovi approcci: «L’arbitraggio è un’esperienza sana e formativa. È un modo istruttivo di occupare il proprio tempo e anche un’attività fisica paragonabile a sport veri e propri. Ma bisogna capire anche che i ragazzi d’oggi sono diversi da quelli delle nostre generazioni. Parlare di sacrifici alla base della passione per l’arbitraggio può essere frainteso. Bisogna trovare altri mezzi».
Questa “crisi di vocazione”, come viene chiamata, sta già creando molti problemi nei campionati minori e in quelli giovanili, e alla lunga rischia di avere degli effetti anche sui tornei maggiori. Dal 2018 a oggi l’Associazione Italiana Arbitri (AIA) ha perso tra i 500 e i 550 direttori e assistenti di gara (gli assistenti sono più noti col nome di “guardalinee”). Lo scrive Il Post.
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