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Mourinho: “Questa è la nostra Champions, essere qui ci impone di provare a vincere” (VIDEO)

Il tecnico portoghese risponde alle domande di Joe Cole sull’imminente finale di Conference League e non solo


A poche ore dalla finale di Conference League, Josè Mourinho ha rilasciato un’intervista a Joe Cole per BT SPORT. Queste le parole dell’allenatore della Roma:

Sono passati decenni dall’ultima qualificazione della Roma ad una finale europea. Cosa ti ha portato a scegliere un club così? Avresti potuto rilassarti…
Per me il relax è il lavoro. Mi conosci e sai che senza calcio, senza i giocatori, senza le partite non sono me stesso. Ne ho bisogno. La proprietà mi ha parlato in modo molto chiaro. Ovviamente si tratta di un progetto diverso da quelli a cui ero abituato: di solito arrivo per vincere, qui l’obiettivo era arrivare e costruire con il tempo. La parola ‘tempo’ per me è qualcosa di praticamente nuovo, perché non mi è mai stato dato. Dovevo arrivare e vincere, se non vincevo ero fuori, anche se vincevo due titoli consecutivi e al terzo anno non lo facevo dovevo andarmene. Il concetto di ‘tempo’ è qualcosa che mi ha colpito. Ovviamente ci sono momenti con un po’ di frustrazione perché non vuoi giocare per il quinto o il sesto posto, ma voglio credere che il contratto di 3 anni serva esattamente a questo. Per uno sviluppo, quindi spero che l’anno prossimo saremo nelle condizioni di far meglio. Questa competizione europea è nuova. Non possiamo nasconderci, è la terza competizione europea. Ma non è la terza in termini di qualità, non vedo differenze con l’Europa League, specialmente nella fase ad eliminazione diretta. Questa però è la nostra Champions. Questo è il nostro livello, non possiamo vincere la Champions League, nemmeno la giocheremo il prossimo anno. Ma dopo 14 partite in Conference essere qui per l’ultima ci impone di provarci”.

La differenza del progetto rispetto a quelli a cui sei abituato cambia il tuo approccio alla conduzione della squadra?
Sì, saresti sorpreso del modo in cui lavoro qui. Ovviamente mi conosci dal livello di intensità e richieste che ho sempre avuto. Ora è diverso. Gli errori dei giocatori, la loro evoluzione, i giovani, le aspettative… Per me è difficile accettare l’errore, ma qui sto imparando a cambiare il mio profilo e onestamente mi piace. E’ un modo diverso di lavorare, di empatizzare anche con i tifosi. Credo di aver fatto un buon lavoro in questo senso, nello spiegare loro la nostra direzione settimana dopo settimana. In questo momento i tifosi già parlano di mercato. Calma! Non siamo la Juve, il Milan… Non spenderemo cifre folli. Bisogna anche lavorare per far capire alla gente dove vuole arrivare la proprietà, ed è bello.

Ricordo quando ho segnato il gol della vittoria contro il Liverpool, dopo averlo fatto camminavo a 3 metri da terra in città e tu dicesti: “Questo è il bello e il brutto di Joe Cole”. Se succedesse oggi ti comporteresti diversamente?
Totalmente. Eri al Chelsea prima che arrivassi, hai avuto Ranieri, una gran generazione di giocatori attorno a te. Poi sono arrivato io e quando è successo non c’era spazio per sbagliare, dovevamo vincere. A quel livello, con giocatori come voi, c’era solo bisogno di un’ultima spinta. Qui abbiamo tanti giovani, che solo 6 mesi fa giocavano sul sintetico e ora giocheranno una finale. E’ un processo totalmente diverso.

Ricordo l’episodio delle scarpe a Felix…
Sì, era lì, non aveva un contratto, e veniva tutte le volte con scarpe contraffatte e tutti scherzavano su questa cosa. Quando è passato con noi e ha segnato il gol della vittoria ho detto ‘è tempo che smettano di prenderti in giro, compriamo delle scarpe adatte’.

E da allora le ha indossate ogni giorno?
Sì, ora ha un nuovo contratto, è in nazionale e prende in giro gli altri che non si sono qualificati al mondiale come lui. Le cose stanno cambiando ma questa interazione è bella anche per me, è un’esperienza diversa. Non significa che un giorno non voglia tornare alla mia realtà perché è il mio habitat. Ma il contratto che ho firmato con la Roma voglio portarlo fino in fondo.

Hai dichiarato che quello allo United è stato il tuo miglior lavoro, dopo di te hanno iniziato ad andar male…
Ovviamente il mio maggior punto di contatto col calcio inglese è il Chelsea, ci sono stato per due volte.. Ma i tifosi dello United sono speciali e nel club ci sono persone fantastiche. Mi piacerebbe. Non sono contento di avere avuto ragione. Preferirei aver torto. Ma sapevo di avere ragione. La prima cosa che devi cambiare quando le cose non vanno bene sono la mentalità e l’organizzazione, e la mia partenza non poteva risolvere la situazione. Purtroppo lo sapevo, ma auguro loro il meglio.

Una volta ho visto esultare Abraham come Tardelli ai mondiali per un gol in allenamento… 
Sono molto felice di lui, ma gli ho detto che mi rifiuto di fargli troppi complimenti. Può fare ancora meglio. E non era solo una situazione che riguardava lui. Poco tempo prima succedeva con Smalling, o con Tomori… Questi ragazzi inglesi stanno aprendo nuovi orizzonti. Le persone in Inghilterra sanno quanto vale la Premier, ma non è facile per gli inglesi andar via da lì e fare la differenza altrove. La Roma è un grandissimo club e un giocatore che pensa sia meglio lottare per non retrocedere in Premier piuttosto che venire in un grande club come la Roma, l’Inter o il Milan sbaglia. Specialmente per quanto riguarda i giovani, i grandi club li aiutano a crescere. Qui il livello di pressione è maggiore, è quello che vivi in un grande club. Tammy ha un potenziale incredibile, è un giocatore da big match ma voglio che capisca che per vincere devi essere un giocatore che gioca allo stesso modo tutte le partite. Se riesce a mettere in ogni partita quello che mette nei big match credo diventerà un grandissimo attaccante. E penso che prima o poi tornerà anche in Inghilterra. Sarebbe una conseguenza normale della sua crescita. Ma qui è felice e ama essere alla Roma.

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