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Addio De Rossi, quando la società ammaina la bandiera: ecco 5 casi simili (FOTO)

Da Gerrard a Del Piero, quando l’addio è amaro

Ufficializzato l’addio di Daniele De Rossi che al fischi finale di domenica sera smetterà dunque di vestire la maglia della Roma: la sua seconda pelle. Viene ammainata dunque un’altra bandiera del calcio, non solo nazionale bensì mondiale. Non è stata tralasciata l’amarezza che ha accompagnato questo evento, un sentimento condiviso non solo dai tifosi ma anche dagli addetti ai lavori. Il caso di De Rossi non è però l’unico in cui le società decidono di non rinnovare il contratto ad un simbolo del proprio club. Ecco 5 casi simili dove si sono verificate separazioni dal retrogusto amaro.

1. Steven Gerrard, 17 anni di Liverpool poi l’amara separazione

“Se l’estate scorsa il Liverpool mi avesse offerto un rinnovo del mio contratto, lo avrei firmato”. Una frase molto simile a quelle pronunciate da Daniele De Rossi nel corso della conferenza stampa d’addio. Parole che racchiudono lo stato d’animo di un campione come Steven Gerrard. La proposta del rinnovo del contratto non è mai arrivata. A sorpresa, invece, per Gerrard è arrivata la consapevolezza di non appartenere più al progetto e la decisione del suo allenatore (all’epoca Rodgers) di utilizzarlo a mezzo servizio.

Da qui la decisione di guardare ad un futuro lontano da Liverpool e dai tifosi che tanto lo amano: “Capisco Rodgers, ma a me piace giocare e non mi andava di finire in panchina”; così, al termine della stagione volerà negli Usa per giocare tra le fila dei Los Angeles Galaxy. Ma per amor di patria, nessun rancore: “Non ho niente da rimproverare al Liverpool. Ci ho passato diciassette anni indimenticabili e pieni di soddisfazioni. E spero un giorno di tornarci”. Così è uscita di scena la bandiera di Anfield.

2. Frank Lampard, non vi è rinnovo dove l’amore è eterno

“La mia ragazza continua a chiedermi perché me ne sono andato se Drogba è tornato. Se mi avessero offerto un nuovo contratto non me ne sarei andato”. Così Frank Lampard,  a distanza di mesi dal suo addio dal Chelsea, ha commentato al portale britannico The Sun. Il celebre calciatore inglese ha annunciato l’addio al calcio giocato a 38 anni. La carriera ventennale di Lampard è indissolubilmente legata al Chelsea, la squadra con cui ha collezionato 649 presenze e 211 gol, un record assoluto nella storia del club di Stamford Bridge.

Con la maglia dei Blues, Lampard ha inoltre vinto ben 11 trofei, compresi tre titoli in Premier League, una Champions (2012) e una Europa League (2013). Un addio amaro, reso ancora più indigesto dalla scelta di vestire per pochi mesi la maglia dei rivali del Manchester City, prima di approdare in MLS con il New York FC. Ma certe storie d’amore non finiscono, fanno giri immensi e poi ritornano. E così Lampard tra poche settimane potrebbe tornare nella sua casa, nelle vesti di allenatore.

3. Iker Casillas, l’addio dopo una lunga campagna denigratoria

“Ho pensato di lasciare il club dopo la finale della Champions giocata a Lisbona nel 2014: è stato allora che ho notato come l’atmosfera fosse strana, dovevo cambiare aria. Il mio tempo al Real Madrid stava volgendo al termine, tra gennaio e febbraio 2015“. Queste le parole di Iker Casillas rilasciate ai canali ufficiali del Porto alcuni mesi dopo il suo addio. A rincarare la dose però ci ha pensato mamma Mari Carmen, che ha duramente puntato il dito contro il presidente Florentino Perez: 

“Iker è stato trattato bene da Lorenzo Sanz e Ramon Calderon, ma a Florentino Perez lui non piaceva. Questo presidente non l’ha mai amato perché non è alto, lui è sempre stato ossessionato dall’idea di portare Buffon al Real. E’ stato costretto a sopportare cose che non sono mai state dette. Ha sopportato pressioni psicologiche, è stato trattato in maniera differente rispetto ad altri giocatori e negli ultimi anni è stato diffamato in maniera del tutto ingiusta. Perez ha orchestrato una campagna denigratoria contro mio figlio e dal 2010 in avanti ha avuto l’appoggio di diversi media e diversi giornalisti”.

E’ stato questo attrito che ha fatto si che una leggenda come Iker Casillas dopo 725 partite ufficiali e 25 anni con la maglia del Real Madrid ha dovuto dire addio al sogno di chiudere la propria carriera con la camiseta blanca. Commovente la conferenza stampa d’addio, dove lo stesso Iker ha chiuso in lacrime la sua eterna storia d’amore.

4. Beppe Bergomi, quando lo ‘Zio’ diventò di troppo nonostante 20 d’amore incondizionato

Giuseppe Bergomi, vent’anni da bandiera dell’Inter con 756 presenze tra il 1979 e il 1999, intervallate da 81 partite in Nazionale con 4 campionati del Mondo da protagonista non sono bastati per concludere come avrebbe voluto. “Dai 30 ai 36 anni ho fatto sempre solo contratti annuali, proprio perché volevo verificare io stesso le condizioni per andare a avanti. Per questo sono certo che a 36 anni, dopo una stagione da titolare, quarti di finale di Champions League, dopo i Campionati del Mondo di Francia ’98 dell’anno prima, ero ancora nelle condizioni di disputare almeno un altro Campionato”.

Questo racconta Beppe Bergomi del suo finale di carriera, attribuendo però la colpa solo in parte alla società. Infatti per lui il principale responsabile fu Marcello Lippi“Giocavo quasi sempre – racconta lo Zio a Sky – ma la mia ultima stagione all’Inter fu particolare. Moratti scelse Lippi dandogli il completo controllo della situazione, come si suol dire il tecnico aveva ‘carta bianca’. Io avevo 36 anni, il presidente gli disse che il sottoscritto avrebbe potuto continuare a giocare, ma la risposta fu che avrebbe voluto mandar via il gruppo storico, con me, Pagliuca e Simeone. Credo che in questi casi l’ultima parola sia della società, e da parte mia non avrei mai vestito una maglia diversa da quella nerazzurra”.

Resta l’amaro anche nei confronti della società, poiché la mancata opposizione di Moratti al diktat di Lippi è passata agli atti di cronaca. “Dissi a Moratti, presidente l’ultima parola è la sua”, racconta sempre Bergomi, per il quale dopo vent’anni di nerazzurro tatuato sulla pelle era impossibile prendere in considerazione il trasferimento sotto un altro stemma. Così, senza più altre maglie, il 23 maggio 1999 finì per ammainarsi senza alcuna celebrazione una delle più grandi bandiere nerazzurre dopo aver conquistato due scudetti, tre Coppe Uefa e 1 Coppa Italia, oltre all’ormai storico Mondiale del 1982.

5. Avversario e compagno del Mondiale del 2006. Del Piero, una bandiera accompagnata all’uscita

Alessandro Del Piero con la maglia della Juventus, vestita dal 1993 al 2012, ha collezionato un totale di 513 presenze e 208 goal vincendo 6 Scudetti, 1 Champions League, 1 Coppa Intercontinentale, 1 Supercoppa Europea, 1 Coppa Italia, 4 Supercoppe Italiane, 1 Coppa Intertoto e il campionato di Serie B 2006/07.

Il 13 Maggio 2012 contro l’Atalanta, Alessandro Del Piero ha giocato la sua ultima partita in bianconero dopo una gestione piuttosto discutibile tra rinnovi in bianco, numerose panchine e il silenzio di una dirigenza che ha scomodato uno dei grandi del calcio italiano accompagnandolo alla porta senza troppi complimenti. L’ex capitano della Juve è parso essere ancora incredulo a distanza di anni, che tutto sia potuto finire in quel modo, un po’ amaro:

“C’ho messo un po’ a realizzare che stava finendo tutto per sempre, ho provato incredulità, paura ed emozione, anche perché è capitato in concomitanza con lo scudetto. I tifosi ancora oggi mi fermano per strada e mi dicono: io c’ero”. Non una parola fuori posto e nessuna provocazione, ma la tensione palpabile negli ultimi mesi venne stroncata volutamente per non degenerare ulteriormente un rapporto ormai logoro. Fatto sta che per giocare ‘Pinturicchio’ ha preso il volo verso Sydney e Nuova Delhi.

In un post sui suoi canali social, l’ex numero 10 della Juve manifesta solidarietà proprio a Daniele De Rossi, che domenica giocherà la sua ultima partita in giallorosso: «Sei stato un avversario leale e un compagno di momenti indimenticabili. Quello stadio, quei rigori. Campioni del Mondo! Ma sei soprattutto una persona speciale e profonda. So come ti senti e posso immaginare quanta voglia hai ancora di giocare, di divertirti e di trasmettere sul campo la tua grande passione per il calcio. E quando smetterai, so che sarai anche un bravissimo allenatore, se sarà quello che vorrai. Un abbraccio grande Daniele, oggi come a Berlino».

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