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Il grande ritorno dello Special One a San Siro

Ci torna da allenatore della Roma per sfidare il Milan. José Mourinho rimette piede a San Siro, lo stadio che lo ha eletto «Special» sulla panchina dell’Inter. In questa strana Epifania, tra partite rinviate dalle Asl, contagi a raffica e barricate della Lega, la gara in programma alla Scala del calcio non è stata in discussione fino alla notizia serale dei nuovi positivi in casa Milan: oggi la decisione definitiva. I giallorossi vogliono ripartono dopo l’impresa di Bergamo annacquata dal «pareggino» interno con la Sampdoria.

«È stato un periodo di vacanze e di lavoro – spiega Mourinho – ed è naturale che si perda qualcosa a livello di intensità, ma stiamo bene. Magari è meglio rientrare con una partita di questo livello perché non serve trovare motivazione. Basta andare a San Siro e giocare contro il Milan». Nel suo passato interista ha duellato più con la Juventus, battuta anche col Manchester United, ma sono proprio i bianconeri la squadra italiana «che dopo il 2010 mi ha cercato prima della Roma ma non potevo accettare. Non è mancanza di rispetto, ma non potrò mai allenare neanche la Lazio. E sicuramente loro pensano lo stesso di me. Per esempio non ho mai avuto problemi col Milan, forse qualche battuta ma niente di più». Oggi vorrebbe batterlo per riprendere quel cammino che Mourinho ha ben chiaro in mente. «Per fare la storia e lasciare il tuo nome servono trofei che in questo momento non abbiamo. Sono solo sei mesi, siamo lontano da questo».

Le notizie dal mercato lo rassicurano. Maitland-Niles arriva domani e può aggregarsi per la gara con la Juventus, a centrocampo spunta Sergio Oliveira del Porto, un altro nome «alla Mourinho». «Il profilo del nostro mercato è noto, non sarà simile a quello dell’Atalanta o della Fiorentina che spendono per comprare. Dobbiamo cercare con uno o due prestiti di migliorare l’equilibrio della rosa. Per esempio Karsdorp ha giocato sempre e se arriva qualcuno lì respiriamo un po’: ne abbiamo veramente bisogno. Maitland-Niles? È cresciuto nell’Arsenal quando ero al Chelsea e al Tottenham, lo conosco bene». Sul tema dei contagi e dei vaccini ai giocatori l’idea del portoghese è chiara: «Ci sono delle regole. Ovviamente sarebbe una pazzia e un’ingiustizia far giocare una squadra senza portiere. Ma se c’è un minimo di giocatori disponibili, per me si deve scendere in campo. Mi dispiace solo per la riduzione della capienza negli stadi. Vaccini? Sono cose private e i giocatori hanno diritto di tutelare la loro privacy. Ma non penso avremo problemi internamente». Tradotto: l’unico giallorosso non vaccinato si è convinto, se costretto, ad allinearsi alle regole italiane. Lo scrive “Il Tempo”.

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