Questa la ricetta del presidente della FIGC dopo l’esclusione dell’Italia dal Mondiale in Qatar

Terminata la sessione di allenamento a Coverciano, Gabriele Gravina, presidente della FIGC, ha parlato a margine  della presentazione del libro “Allenatori d’Italia” a cura dei giornalisti Andrea Santoni e Gianni Marchesini. Queste le sue parole sulla scuola italiana di allenatori e sul movimento calcistico in generale:

“Questo lavoro aiuta a ripercorrere la storia del calcio italiano, è complicatissimo raccogliere tutti questi dati e va sottolineato, è uno dei dati fondamentali. Mettere insieme 600 tecnici in 90 campionati, partendo da un anno importante che è il 1929, sono convinto abbia richiesto un grandissimo impegno. Il mondo del calcio sta subendo una evoluzione positiva, c’è un ritorno al senso dell’intrattenimento e dello sport. Per fare questo c’è bisogno di scoprire e valorizzare al meglio alcune professionalità e una di queste è quella dell’allenatore, è figura fondamentale come formatore. È una figura che ha subito una fortissima innovazione perché deve avere tante nozioni e mettere insieme tutte le energie possibili. Bisogna investire su questa figura e il confronto con l’AIAC da questo punto di vista è costante. Tavecchio ha avuto l’intuito qualche tempo fa di avviare i Centri Federali e noi li stiamo valorizzando. Noi non andremo al Mondiale, ma non perché non ci sono bravi allenatori. Abbiamo i migliori a livello internazionale, lo dicono tutti. Abbiamo un’ottima scuola, ma a mancare è stata una intuizione progettuale che non ha permesso l’incontro del talento con l’opportunità. Questo non dipende solo dall’allenatore… Di talenti ne abbiamo diversi, l’Under 15 e l’Under 16 hanno vinto tornei importanti 10 giorni fa. Questi ragazzi hanno grande talento, ma bisogna dargli delle opportunità. Bisogna dargli opportunità in termini di valorizzazione e su questo ci stiamo sostituendo, stiamo facendo di necessità virtù. Abbiamo i Centri Federali e allenatori da formare a cui sta lavorando l’AIAC, ma questi vanno pagati perché sono figure professionali. Stiamo rivoluzionando la concezione della valorizzazione del talento. Roberto Mancini, da questo punto di vista, sta facendo un lavoro incredibile e la convocazione di 2005 e 2006 implica anche la voglia di far respirare un’aria diversa. Se lo fa Mancini, mi auspico lo facciano anche altri soggetti che lavorano per le società di calcio. Al Mondiale non andiamo, ma il nostro progetto nato quattro anni fa non cambia. Si può vincere come accaduto all’Europeo ma si può anche perdere. Abbiamo vinto per qualche rigore e poi abbiamo perso per tutta una serie di coincidenze, come aver perso 8-10 giocatori di Covid alla vigilia della sfida contro la Svizzera”.