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Perrotta: “Ripresa della Serie A? Ci sono in ballo tantissimi soldi ma la salute va al di sopra di qualsiasi cosa”

L’ex giallorosso: “Sono fortemente preoccupato per la situazione delle società dilettantistiche. Ne va la tenuta economica e sociale del calcio di base”

Simone Perrotta, ex centrocampista della Roma, oggi responsabile del dipartimento junior dell’AIC è intervenuto ai microfoni di TeleRadioStereo durante il palinsesto pomeridiano. Queste le sue parole:

Ti piace questa formula delle cinque sostituzioni?
“A me piace a prescindere dal momento perché se dai la possibilità a tanti calciatori di andare in panchina e poi hai la possibilità di fare solo tre sostituzioni la vedo un po’ riduttivo, quindi a me piacerebbe avere sempre cinque sostituzioni. Poi in una condizione del genere e con il caldo è normale che ci siano, sempre che il campionato riesca a ripartire davvero”.
 
Ci sono i presupposti per ricominciare?
“Onestamente non ho idea di come andrà a finire per una serie di considerazioni, sicuramente l’emergenza sanitaria detterà l’agenda e se si potrà tornare a giocare o meno. Ci sono comunque delle considerazioni che vanno fatte, una è che non c’è certezza. Poi bisogna chiedersi se un giocatore dovesse prendere o riprendere il virus rimetterebbero tutti in quarantena? Se lo prendesse subito dopo una partita andrebbe in quarantena la sua squadra e quella che ha appena affrontato? Poi lo sapete, intorno ad una squadra girano tantissime persone che a loro tempo frequentano altre persone… È delicata la situazione e non si può prendere una decisione in modo superficiale. In primis va tutelata la salute e poi dovrebbero subentrare le dinamiche economiche perché sappiamo tutti che indotto economico ha la Serie A, ma in questo momento storico ci andrei abbastanza cauto. Ci sono in ballo tantissimi soldi ma la salute va al di sopra di qualsiasi cosa”.

Le società dilettantistiche sono in forte crisi, come aziende dovrebbe arrivare il supporto statale. Che idea ti sei fatto?
“Lì c’è un enorme punto interrogativo perché se abbiamo incertezze sulla Serie A figuriamoci sul calcio di base. Io sono fortemente preoccupato perché ne va della tenuta economica del calcio dilettantistico. Anche l’aspetto sociale è fondamentale, ho una scuola calcio e parlo per cognizione di causa, so cosa significa per i ragazzi giocare a calcio e so in modo tangibile cosa significa andarsi ad allenare, incontrare i propri amici e coltivare il sogno di diventare calciatore. Partendo da questo presupposto c’è una serie di considerazioni che vanno fatte dal punto di vista economico. Verranno a mancare sicuramente degli introiti, penso agli sponsor che sono fondamentali per queste società perché la situazione economica generale dopo questa emergenza ne subirà le conseguenze, quindi anche le rette probabilmente costeranno meno, molti saranno un po’ restii a mandare i propri figli ad allenarsi non avendo una cura o un vaccino. Bisognerà sanificare gli ambienti, cambieranno le modalità di allenamento… Ci sono una serie di punti interrogativi che prima o poi qualcuno dovrà chiarire, al momento non c’è la possibilità di programmare nulla in alcun modo ma questo vale per ogni ambito lavorativo. Non dobbiamo comunque perdere di vista l’importanza sociale che hanno queste società per i nostri figli e non solo perché anche i genitori che hanno programmata la partita del figlio nel weekend e poi ci aggancia la pizza con i genitori degli altri compagni diventa anche un modo per organizzare il fine settimana. Venendo meno questo vengono meno una serie di cose che a mio avviso dovremmo tutti tenere conto”.

In Francia la Ligue 1 è stata ufficialmente sospesa…
“Bisogna tenere in considerazione il fatto che questi ragazzi non si allenano da due mesi, in estate stanno fermi solo un mese e poi hanno un mese e mezzo per prepararsi all’inizio della stagione. Ora a questi ragazzi gli si chiede di allenarsi 20 giorni e poi tornare a giocare le partite vere, ogni tre giorni a 30°/35°. Io mi auguro che si possa tornare a giocare perché significa contenere l’emergenza sanitaria ma nessuno giustamente si vuole assumere la responsabilità, non è come decidere se giocare di pomeriggio o di sera oppure con o senza tifosi ospiti. Oggi viene chiesto di mettere decisioni molto più importanti che riguardano la salute. Le difficoltà non credo siano per come allenarsi ma le partite, le trasferte. Andare a giocare a Milano, a Bergamo, spostarsi in generale… È complicato. Per gli allenamenti si possono seguire le direttive date fino ad ora con sanificazioni e distanziamento sociale, poi c’è comunque il problema dei tamponi: ci sono? I calciatori lo fanno? Perché i calciatori sì e la gente comune no? Durante la partita verrebbero comunque meno queste cose. Negli spostamenti ci sono tante cose che non si possono controllare…”

Qual è l’aspetto che più ti manca?
“La partita è la cosa che mi manca meno, quella che mi manca di più è lo spogliatoio. Quando ci rivediamo per queste partite che facciamo in giro si ripetono le stesse cose che ci dicevamo quando giocavamo, le stesse identiche battute e ridiamo allo stesso modo. Il rapporto con il compagno, lo scherzo, il fare gruppo, quello manca. Lo spogliatoio è un luogo pazzesco di amicizia, è dove cementi tutto il rapporto con il compagno. Lì condividi gioie e dolori, magari a Roma condividi più le sconfitte che le vittorie però anche quello ti aiuta a fortificare un rapporto. Ho avuto l’opportunità di far parte di spogliatoi di grande livello, sono stato con Di Livio, Ferrara, Montero, io venivo dalla Serie B e sono stato catapultato in una realtà enorme con gente che aveva appena vinto la Coppa del Mondo e uno addirittura il Pallone d’Oro. Quella esperienza lì mi ha dato l’esperienza di capire come approcciare alla professione, con quale umiltà dovevo allenarmi e quanta responsabilità dovevo dare a questo mestiere meraviglioso. Questo mi ha aiutato anche a gestire momenti positivi e negativi, è stata una scuola pazzesca”.
 
Queste sono cose che non si imparano a Coverciano…
“Il calcio è un gioco stupendo che ti dà tantissime emozioni. L’augurio che faccio a qualsiasi ragazzo è quello di restare agganciato allo spogliatoio perché si sviluppano delle dinamiche che nessun altro ambiente ti dà. Condividere questa passione con altri venti ragazzi è una metafora della vita, quello che succede in campo è quello che succede nella vita di ogni giorno. Perché se rispetti qualcuno nello spogliatoio o in campo sono capace di farlo nella vita di tutti i giorni. Per questo gli allenatori, i dirigenti, i genitori fuori e chi ha a che fare con questi ragazzi deve sentire forte la responsabilità di farli crescere attraverso i valori dello sport e del calcio perché hanno una grandissima opportunità. Tutti noi abbiamo la possibilità di far crescere una generazione migliore della nostra, sembrano stupidi e attratti solo dalla Play Station e i social ma non è così, hanno un passo diverso rispetto a noi. Non dobbiamo biasimarli e dobbiamo cercare di capirli anche se non è semplice…”
 
Cosa pensi di Zaniolo?
“Ha un grandissimo potenziale perché ha dimostrato di saperci stare da subito e non è facile, ha 19 anni e ha dimostrato ai grandi di poter tenere botta in un ruolo molto complicato come il suo facendo prestazioni di altissimo livello con continuità, potenza, qualità e velocità. Questo fa capire che avrà un grandissimo futuro”.

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