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Sul campo 6 vittorie e 4 pareggi: il gioco prevale sui giocatori

Dieci gare ufficiali alle spalle, è ora del primo bilancio stagionale. La Roma, sul campo, ha centrato 6 vittorie e 4 pareggi.
Ed è l’unica squadra italiana ancora imbattuta, tra quelle che partecipano ad almeno due competizioni.
Tra campionato ed Europa League, il gruppo di Paulo Fonseca – sebbene costretto a fare a meno di un certo Zaniolo – ha confezionato 23 reti e ne ha subite 7. Numeri importanti che diventano ancora più interessanti se – per il solo campionato – si prendono in considerazione le ultime 15 giornate: sul campo, 11 successi e 4 pareggi.
Tutto questo sta a significare che la Roma oggi è diventata una squadra vera.
In grado, cioè, di tenere il campo contro qualsiasi avversario. Al punto che fanno più notizie le sue non vittorie che i successi. 

Una squadra vera con un gioco riconoscibile, ma forse soltanto per chi sa (vuole…) riconoscerlo visto che Fonseca è stato fino all’altro ieri considerato un allenatore scarso e precario, rimasto a Roma soltanto perché non c’era stato tempo per prenderne un altro. Anche i più miopi (miopi per scelta, per incapacità oppure perché costretti a rispettare il copione suggerito da altri) alla fine si sono dovuti arrendere all’evidenza dei fatti, alla realtà dei numeri. Fonseca ha trovato la soluzione tattica ad hoc per la sua Roma, 3-4-2-1, e ha saputo sfruttare al meglio interpreti di caratura tecnica superiore (Mkhitaryan, Pedro, Smalling, il nuovo Pellegrini e anche il troppo sottovalutato Veretout, oltre a Dzeko) per sviluppare sul campo le proprie idee.
Il dato che delle 23 reti all’attivo soltanto 3 siano state firmate da Edin Dzeko sta a dimostrare due cose: che la Roma, anche se qualcuno si ostina a pensare e a scrivere il contrario, non è più Dzeko-dipendente; e che il gioco, oggi, prevale sui giocatori.

Chi si stropiccia gli occhi per le giocate e i gol di Micki o per i numeri a colori di Pedro, probabilmente fino all’altro ieri girava con il paraocchi. Sono gli stessi che, ad esempio, hanno perso tempo a precisare che lo spagnolo è stato portato a Roma da Franco Baldini, preoccupandosi di sottolineare questo e non la portata tecnica dell’operazione a costo zero. 

Come quella di Micki, che a Genova ha segnato due gol da centravanti puro e non da “falso nove”.
La differenza tra centravanti e “falso nove” è netta, basta capirla. E, per spiegare meglio il concetto, aggiungiamo che Totti non è stato il più forte “falso nove” della storia della Roma: sbagliato tirarlo in ballo ogni volta che un calciatore che di professione non fa il centravanti viene piazzato al centro dell’attacco, perché Francesco è stato semplicemente il più grande, il più vero centravanti della Roma. Altro che falso. 

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