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Roma e Fonseca: tre motivi per continuare, tre per dirsi addio

La vittoria della Roma ieri sera ad Amsterdam rilancia le quotazioni del mister portoghese. Tre motivi per continuare e tre motivi per dire addio

Perché sì – Il primo motivo,  se dovesse arrivare quarto o vincere l’Europa League. Scatterebbe il rinnovo automatico di contratto ma, soprattutto in caso di vittoria del trofeo, scatterebbe anche una consacrazione meritata. Idem in caso di finale europea, che la Roma non gioca dal 1991. Il secondo motivo riguarda il gioco: può piacere o meno, ma la Roma ha una sua identità. Dopo due anni di lavoro è una squadra riconoscibile. In Europa è lampante, perché le squadre ti fanno giocare molto di più, in campionato meno, ma la Roma non è un insieme sconclusionato di giocatori. Il terzo motivo per cui Fonseca potrebbe restare alla Roma è che meriterebbe di giocarsi una stagione con il gruppo al completo e, magari, alcuni giocatori scelti dai Friedkin e da Pinto apposta per lui. Un nome su tutti: Nicolò Zaniolo. Con lui Fonseca ha giocato poco più di 30 partite in due anni di cui solo 17 dal primo minuto.

Perchè no – Il primo motivo per cui Fonseca è se stesso. Il tecnico infatti sta riflettendo se salutare tutti indipendentemente da quello che succederà da qui a fine anno. Non sempre si è sentito supportato. Se la piazza in gran parte è con lui, non sempre dentro Trigoria ha sentito la stessa fiducia. Con l’arrivo di Pinto le cose sono cambiate, ma basterà? Il secondo motivo riguarda il rendimento italiano: quinto il primo anno, settimo ora, mai in corsa in Coppa Italia (con tanto di figuraccia con lo Spezia). Spesso si ha la sensazione che la Roma fatichi contro avversari preparati tatticamente come si trovano in Serie A e che Fonseca fatichi a leggere le partite. Questo rendimento altalenante, e qui si arriva al terzo motivo, ha a che fare con gli scontri diretti, il vero tallone d’Achille di queste due stagioni. Delle prime dieci della classifica, finora, la Roma quest’anno ha battuto solo una volta su due il Verona e una la Sampdoria. Poco, per una squadra che voleva, arrivare tra le prime quattro. Lo riporta “La Gazzetta dello Sport”

 

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