I problemi della Roma non sono concentrati tutti nella figura dell’allenatore, che storicamente paga per tutti e prima di tutti
Cacciare Paulo Fonseca pensando di risolvere al volo tutti i problemi della Roma, equivarrebbe a far (ri)partire la nuova Roma con un problema. Questo perché il portoghese è solo uno dei colpevoli, non l’unico, della mortificante stagione giallorossa. La Roma sta concludendo un’annata insignificante per mostruose responsabilità collettive. Arrivando un nuovo allenatore la situazione fatalmente migliorerà, ma guai pensare che solo per questo tutto andrà magicamente a posto. La rosa attuale, ad esempio, è scarsa tecnicamente, priva di personalità e tristemente all’oscuro del dolore della sconfitta: sarà obbligatorio metterci pesantemente le mani, con uomini veri e non più con figurine. La Roma, inoltre, continua ad avere parecchie lacune sul piano dirigenziale, dato che Dan e Ryan Friedkin non hanno completato la rifondazione societaria. Ancora troppa gente o non è all’altezza oppure si sente autorizzata — chissà perché — a fare i propri comodi, finendo con l’avvelenare — più o meno inconsciamente — i pozzi di Trigoria. Il club ha bisogno di un profondo rinnovamento che non investa soltanto lo staff tecnico: da film comico, ad esempio, l’altissimo numero di infortunati; un dato che deve tirare in ballo non solo chi allena i calciatori ma anche chi è pagato per rimetterli in campo prima possibile. I Friedkin, ormai nove mesi dopo lo sbarco sul pianeta Roma, hanno il dovere di intervenire in maniera massiccia sulla gestione sportiva della società. I due hanno goduto di una giusta immunità da nuovi arrivati, possono serenamente starsene ancora in silenzio ma adesso devono uscire allo scoperto con i fatti. Lo scrive La Repubblica.