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Conti: “Con Liedholm a fine allenamento ci allenavamo sui cross. Eravamo io e Rocca”

Il numero 7 racconta un aneddoto

Bruno Conti, ex calciatore della Roma, ha rilasciato un’intervista a La Repubblica. Lo storico numero 7 giallorosso ha parlato anche della tecnica di base:

Che impressione le fa ora, Conti, sapere che il cross è diventato merce rara?
“Strano, quasi incredibile pensando a com’era il nostro calcio, quello che credevamo fosse “il calcio”. Oggi è come se si fosse ristretto il campo”.

E’ un cambio di prospettiva: dall’orizzontalità alla verticalità.
“La preponderanza dell’aspetto fisico sulla tecnica ha spostato i meccanismi del gioco. Oggi si tende alla progressione centrale, allo scambio corto, una volta la fascia era il luogo dove si faceva la differenza”.

Questione di moda, come dice Prandelli?
“Può essere. Non c’è più il centravanti, soppiantato dal falso nueve, l’attaccante di manovra. I cross non si fanno più perché non ci sarebbe nessuno a raccoglierli”.

Evoluzione o involuzione?
“Né una né l’altra, o entrambe. Ora il cross non si allena nemmeno più”.

Ai vostri tempi?
“A fine allenamento, soprattutto con Liedholm, ci allenavamo tecnicamente sul gesto del cross. Eravamo io e Rocca, andare sul fondi e metterla precisa a centro area. Ci insegnavano che se un cross è fatto bene un difensore è sempre tagliato fuori”.

Un’istantanea: Italia-Polonia ’82, la semifinale. Contropiede: lei vola sulla fascia e mette al centro per Rossi. Testa, gol.
“Mettere l’attaccante davanti la porta con un cross è emozionante come fare gol. E non dimentichiamo la fatica. L’ala aveva un compito duro, correre in su e in giù per 90 minuti su un corridoio di cento metri. L’ampiezza, il cambio di gioco, il dribbling, l’ala stessa erano le variazioni che servivano a creare scompiglio. Tecnica, più che tattica. Intuito. Oggi si studia al computer, si cercano risposte nelle statistiche e si gioca in 30 metri, addensati come sardine. I fenomeni verranno sempre fuori, ovvio, ma ci vogliono altre qualità. Fisiche, prima di tutto”.

Si dice un gran bene di suo nipote Brunetto, figlio di Daniele, 17 anni, in Primavera al Cagliari.
“Trequartista. Ma non mettiamogli pressione, ne hanno già avuta molta i miei figli. E Brunetto ne deve magiare ancora di pagnotte.”

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