Tanti dubbi sul francese
Nel 2019-20, fermo 273 giorni, non giocò praticamente mai. Domanda: se Dybala non dava garanzie sotto il profilo medico, era proprio Pogba il Terminator cui affidarsi? Dice: l’argentino aveva lacune immense in quanto a carisma mentre Pogba…
Già Pogba. Al Manchester il suo biglietto da visita è lo sbarco su Twitter in versione emoticon con l’hashtag #Pogba a imitazioni e dei campioni Nba. “Bisognerebbe pensare meno agli emoticon e più al pallone”, lo punzecchia Mourinho dopo le prime deludenti partite giocate dal francese. Iniziano due anni e mezzo di guerra. Nel febbraio 2018, contro il Valencia in Champions, Mourinho schiera al suo posto il giovanissimo McTominay.
L’indomani c’è il match di Carabao Cup contro il Derby County e Josè manda Pogba in tribuna. Ai rigori passa clamorosamente il Derby e Pogba su Instagram posta un video in cui sghignazza sugli spalti assieme a Pereira e Shaw. Alla ripresa degli allenamenti Mou lo affronta di petto sotto gli occhi delle telecamere: la frattura è ormai insanabile.
Pogba esulta quando lo United esonera lo Special One e assume Solskjaer: ma non è che le cose cambino. Contro il Wolverhampton Paul litiga con Rashford per un rigore da tirare: alla fine lo tira lui, lo sbaglia (per la 44 volta in 12 mesi) e il Manchester pareggia. Gioca sempre con sussiego e presunzione e i grandi ex del Manchester come Scholes e Rio Ferdinand lo attaccano duramente. Persino Rangnick, che sostituisce Solskjaer a fine 2021, non lo risparmia: “Il rinnovo di Pogba? – dice il 3 gennaio 2022 -. Sarà meglio che Paul pensi a ritornare in forma”. Sei anni a Manchester, un continuo e colossale flop.
Ben tornato Pogba. E che Dio te la mandi buona. Scrive Paolo Ziliani su “Il Fatto”.