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Focus, Pallotta assente? Uno sguardo alle altre proprietà straniere d’Europa (FOTO)

Quanto sposta una proprietà vicina alla squadra?

L’ultima volta di James Pallotta nella capitale risale esattamente a un anno fa, nel maggio 2018, quando il presidente americano ha fatto la sua ultima comparsa a Roma, in occasione del ritorno della semifinale di Champions League contro il Liverpool.

A distanza di un anno, tra questioni legate allo Stadio della Roma, cambio allenatore e direttore sportivo e per ultimo l’addio di Daniele De Rossi, il tycoon si è espresso solo ed esclusivamente attraverso interviste, post e dichiarazioni oltreoceano.

Una questione, per molti, delicata in grado di suscitare un animato dibattito tra le menti dei tifosi giallorossi su un quesito molto semplice: è necessaria o no la presenza del presidente sul territorio? Non saremo noi a rispondere a questa domanda, ma vedremo cosa accade nelle proprietà straniere nei primi 5 campionati europei.

Premier league: questione di cultura, non di proprietà

In Inghilterra è record di proprietà straniere. Sono ben 13 i club terminati nelle mani di investitori esterni alla Gran Bretagna: Chelsea, Manchester United, Aston Villa, Liverpool, Cardiff, Watford, Manchester City, Leicester, Southampton, Leeds, QPR, Hull City e Sunderland.

Occorre fare una breve premessa, la percezione culturale del calcio inglese, tra i tifosi dei club britannici, è nettamente differente tra quella serpeggiante in Italia. La cosa principale sono i risultati del club, in seconda battutta, il problema legato alla presenza o meno della proprietà sul territorio è sotterrato a suon di milioni. Si, perché in Premier League tra diritti televisivi, sponsor e capitali stranieri non c’è tifoseria che avverta l’assenza della proprietà come un problema.

Il caso più emblematico e soprattutto attuale è senza alcun dubbio quello legato al Chelsea del magnate russo Roman Abramovich. La capitale inglese non ha voluto rinnovare il visto al miliardario russo che ha dunque deciso di trasferirsi nel 2018 in Israele, dove ha preso anche la cittadinanza. Il club? E’ comunque di sua proprietà, la holding Forsdstam Limited è affidata, almeno nella sua facciata, a Bruce Buck (presidente) e al CdA composto dallo stesso Buck insieme a Eugene Tenenbaum, Ron Gourlay e Marina Granovskaia (vero e proprio braccio destro di Abramovich, che attualmente prenderà decisioni riguardanti il futuro di Maurizio Sarri con i blues). Una presenza a metà, che però non intacca in alcun modo il giudizio della tifoseria londinese.

Caso opposto? Bisogna scendere nell’attuale Serie C inglese, sponda Sunderland. La nemesi del Newcastle United ha subito uno psicodramma di vasta portata considerando la doppia retrocessione dalla Premier League alla League One in appena due stagioni. I calciofili avranno potuto apprezzare la docu-serie Sunderland: till I die, in cui a più riprese i tifosi sollecitano la proprietà ad essere più presente e vicina alla squadra nei momenti di difficoltà. E’ forse uno dei pochi e rari casi in cui ci si scaglia sull’assenza della proprietà.

Inutile soffermarsi sul Manchester City, attualmente il club più ricco del mondo grazie all’ingresso della famiglia reale degli Emirati Arabi Uniti attraverso l’Abu Dhabi United Group. Parliamo di una quantità tale di successi e miliardi di sterline in grado di anestetizzare anche le menti più critiche. La presenza-assenza di una proprietà non risulta essere in alcun modo rilevante.

Alla corte di Francia: la Ligue1 dominata dal PSG

Con l’arrivo di Al-Khelaifi e del QSI, di cui si è ampiamente trattato nei giorni scorsi in relazione alla possibilità di un acquisto della Roma da parte del fondo qatariota, il Paris Saint-Germain ha cambiato volto. Il presidente è spesso presente allo stadio e in prima persona in ogni tematica di basilare importanza del club, come testimoniato anche dai recenti coinvolgimenti dei parigini con il Fair Play Finanziario, o con gli ingenti aumenti di capitale.

Non solo PSG però, perché altri due club storici della Ligue1 hanno, da pochi anni, una proprietà straniera: il Monaco e l’Olympique Marsiglia.

Il club del principato monegasco è passato nel 2011 tra le mani del magnate russo Dmitry Rybolovlev. Non un santo benefattore, di lui leggende narrano storie di omicidi, orge e una separazione da 6 miliardi dall’ex moglie Elena. Proprio questo evento e, dopo pochi anni il club ha versato in una grande crisi economica che ben presto si è riverberata sui risultati sportivi del club stesso. Caso estremo dove la presenza del magnate russo sul territorio non è elemento sufficientemente apprezzato da parte dei tifosi.

Diverso il caso dell’Olympique Marsiglia allenato dall’ex allenatore giallorosso Rudi Garcia. La famiglia Louis Dreyfus, precedentemente proprietaria dell’OM, ha ceduto il club all’imprenditore statunitense Frank McCourt (proprietario della squadra di MLB L.A. Dodgers). Dopo tre anni, la presenza di McCourt è stata piuttosto frequente, i buoni risultati del club (tra cui la finale di Europa League) hanno contribuito in positivo, seppur nella presente stagione in lingua d’oca potrebbero non assistere alla qualificazione per le prossime competizioni europee.

Bundesliga: Red bull ti mette le ali… a Lipsia lo sanno bene

In Bundesliga unica proprietà straniera è quella della RasenBallsport  Lipsia. La multinazionale leader nel settore delle bevande energetiche ha fatto il suo ingresso nel club nel 2009, quando venne rifondata la SSV Markanstadt (squadra di quinta divisione). In 10 anni la proprietà ha letteralmente messo le ali a una squadra su cui nessuno avrebbe mai scommesso.

Forti anche di uno stadio da 45 mila persone e un seguito piuttosto importante, Lipsia diventa all’improvviso uno dei centri nevralgici del calcio tedesco. In città tutti sono ampiamente soddisfatti di una società che non solo ha investito sul calcio, ma direttamente sul territorio, improntando il presente e il futuro sui settori giovanili e sulle economie locali.

La Liga tra Singapore e Qatar, due volti della stessa medaglia

I due casi principali della Liga sono senza alcun dubbio quelli di Valencia e Malaga. Peter Lim Eng Hock, magnate di Singapore è stato inserito nel 2010 da Forbes all’8° posto tra le persone più ricche di Singapore con un patrimonio netto di 1,6 miliardi di dollari.

Nel 2014 ha acquistato il Valencia, seppur in fase di ambientamento tra alti e bassi. La proprietà di Lim è sempre presente nei momenti cruciali e spesso si fa sentire anche per la ristrutturazione del Nuovo Mestalla. Non si può fare lo stesso discorso per il Malaga di Al-Thani che dopo un avvio scoppiettante tra investimenti e acquisti clamorosi (vedi Ruud van Nistelrooy) ha dato vita ad un lento e progressivo declino del Malaga fino a portarlo alla Segunda Division.

Eppure fisicamente la presenza dello scieicco c’è stata per larghi tratti, dopodiché Al-Thani ha delegato tutto alla figlia Hamyan, figura intrigante che non concede mai interviste e raramente appare in pubblico. A soli 25 anni la figlia dello scieicco è diventata un vero e proprio simbolo del club andaluso. Ma il rapporto tra la famiglia Al-Thani e i tifosi del Malaga è ormai pessimo: “Al Thani vete ya” è un coro che nei mesi è diventato sempre più frequente a La Rosaleda di Malaga. Segno evidente, ancora una volta, che i risultati fanno la differenza più che la presenza fisica della proprietà.

Milan e Inter, le altre “straniere” d’Italia

Nel luglio 2018 il fondo Elliott, con sede a New York, ha comunicato che Project RedBlack, la società lussemburghese che controlla il Milan, ha ottenuto la proprietà del club rossonero. Sino a quel momento Yonghong Li è stata una presenza misteriosa comparsa in rare occasioni e che, per un mancato rimborso di 32 milioni di euro proprio a Elliott, ha dovuto rinunciare alla proprietà del club di milanello.

Gordon Singer, figlio del fondatore di Elliott, ha fatto le sue comparse a San Siro, o in generale a seguito del Milan, in più occasioni (come testimoniano Milan-Roma e Empoli-Milan in questa stagione). Inoltre Singer ha presenziato più volte anche agli allenamenti, presentandosi proprio a milanello. Segnali di vicinanza della proprietà americana nei confronti del club allenato da Gennaro Gattuso, totalmente apprezzati anche da una tifoseria che dopo il ventennio Berlusconi si è sentita all’improvviso spaesata. I risultati stagionali probabilmente faranno il resto.

L’altro patron della Milano nerazzurra Steven Zhang non manca di far sentire la propria presenza. Sta letteralmente studiando come diventare un punto di riferimento, un modello per la squadra e per i tifosi. Zhang ha comprato casa in Brera e ha presenziato non solo le partite a San Siro, ma spesso e volentieri ha mostrato la propria vicinanza ai giocatori presentandosi in allenamento, nel corso delle rifiniture di partite importanti e anche nei ritiri imposti nel corso della stagione. Una presenza assidua e attualmente, visti i risultati dell’Inter che vanterà la seconda presenza consecutiva in Champions League, difficile da contestare.

A quando la prossima visita di James Pallotta? 

A poche ore dalla conferenza stampa d’addio di Daniele De Rossi, in molti si stanno chiedendo dove sia il presidente e perché in un’occasione così importante non si sia presentato. A distanza di un anno dalla sua ultima apparizione, ci si interroga se James Pallotta sarà almeno presente all’ultima partita in giallorosso di un’altra bandiera, che ha scritto pagine importanti della storia romanista.

 

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