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Roma-Slavia Praga 3-1, la più grande beffa della storia giallorossa

Lo Slavia Praga torna a sfidare la Roma all'Olimpico 27 anni dopo la tragica notte del 19 marzo 1996

In vetta al girone con sei punti, a parimerito con lo Slavia Praga, la Roma di Mourinho, se vorrà accedere direttamente agli ottavi di finale, senza dover passare per i dispendiosi sedicesimi, è chiamata a vincere anche la terza partita del proprio cammino ed ergersi in solitaria a nove punti, staccando i cechi di tre lunghezze, prima di ritrovarli alla quarta giornata, all’Eden Aréna. I nomi delle due squadre, però, se pronunciati uno di fianco all’altro, non possono non riportare alla mente, specialmente per chi la visse in prima persona, la dolorosa serata del 19 marzo 1996.

La Roma di Mazzone, Giannini e Totti…

Ci troviamo nella stagione 1995/96; la Roma, al termine dell’annata precedente (1994/95), ha ottenuto il quinto posto, che le ha garantito un biglietto ai trentaduesimi di finale di Coppa UEFA, l’attuale Europa League, che con ben novantasei squadre, aveva subito alcune modifiche nei criteri di partecipazione. A portare la fascia da Capitano al braccio e a rappresentare la squadra, sia in campo che fuori, è Giuseppe Giannini, alla sua quindicesima e ultima stagione giallorossa. Sulla panchina siede il romano Carlo Mazzone, anch’egli alla sua esperienza finale nella Capitale, e tra i vari elementi della rosa spicca un giovanissimo Francesco Totti, all’epoca diciannovenne, scoperto e lanciato proprio dal tecnico romanista. Involata nella lotta per conquistarsi un posto in Europa, in campionato il gruppo viaggia tra il quarto e il sesto posto, con l’obiettivo di qualificarsi nuovamente in un importante palcoscenico nella stagione successiva. Contemporaneamente alle varie sfide di campionato, i Capitolini si rendono protagonisti di una scalata memorabile, che li porterà a toccare, solo con la punta delle dita, la semifinale di Coppa UEFA.

La scalata: Xamax, Eendracht Aalst e Brondby

La cavalcata inizia addirittura il 12 settembre 1995, in Svizzera, contro lo Xamax, società calcistica con sede nella cittadina elvetica di Neuchâtel. Fuori dal confine, Giannini e i suoi non vanno oltre un pareggio per 1-1, deciso da una marcatura di Moriero al 19º minuto. Al ritorno, datato 26 settembre, però, la musica cambia e la Roma, davanti al suo pubblico, domina gli ospiti con un convincente 4-0, siglato da una doppietta di Abel Balbo, un gol dell’uruguaiano Daniel Fonseca e un’autorete di Rueda. Il trionfo casalingo vale l’accesso al turno successivo, i sedicesimi di finale, che portano gli uomini di Mazzone a doversi fronteggiare con l’Eendracht Aalst, prima in Belgio, poi all’Olimpico. L’andata registra un nuovo poker dei giallorossi, che si impongono nuovamente per 4-0 e rendono la gara di ritorno, che terminerà 0-0 un’autentica formalità. Approdata allora agli ottavi di finale, la Roma si ritrova di fronte al Brondby, squadra di nazionalità danese, affrontata e battuta solo cinque anni prima, nella magica rimonta per 2-1. Anche in questo caso, la situazione non si rende affatto favorevole dopo il risultato dell’andata; la squadra capitolina perde 2-1 in Danimarca ma non si arrende. La partita di ritorno, giocata il 5 dicembre 1995, si classifica come una delle notti più leggendarie mai viste allo Stadio Olimpico. Gli spalti si tingono interamente di giallorosso e, in un’atmosfera surreale, la formazione schierata in campo da Mazzone, totalmente a trazione offensiva, vince 3-1 sotto i cori assordanti dell’impianto, completando la rimonta grazie alla storica rete di Amedeo Carboni. Quarti di finale siano!

L’incubo Slavia Praga, la coreografia dell’Olimpico

Dopo aver dunque rispedito al mittente le minacce di eliminazione da parte di Xamax, Eendracht Aalst e Brondby, il tabellone incrocia i giallorossi con i cechi dello Slavia Praga, squadra non particolarmente rinomata, con pochi nomi noti, ma con forte spirito di compattezza e solidità in campo. All’andata, infatti, la sera del 5 marzo 1996, la Roma soffre molto le manovre di gioco e le rigidissime temperature dei padroni di casa, finendo per uscire dal campo sconfitta con il risultato di 2-0. Le reti di Poborsky e Vagner, però, anziché porre fine alle romantiche speranze giallorosse di proseguire il cammino, diedero un’inaspettata scossa all’ambiente, in vista del ritorno all’Olimpico, il 19 marzo. Per passare il turno, realisticamente, era necessaria un’impresa, un’eroica rimonta che portasse lo schieramento tattico di Mazzone a vincere con almeno tre gol, senza subirne. Insomma, una follia difficilmente realizzabile.
Per due settimane, tra le vie della Capitale non si fece altro che contare i minuti, in attesa della fatidica serata. I calciatori dello Slavia Praga erano attesi al varco; la città di Roma era come se si sentisse pronta a scrivere una delle pagine più clamorose ed emozionanti della propria storia calcistica.
Giunti alla notte della partita, l’Olimpico, totalmente sold-out con oltre 63mila tifosi presenti, accolse la squadra con un’immensa coreografia. Migliaia di cartoncini coloravano da una parte all’altra gli spalti, partendo dalla Curva Nord, attraversando interamente la Tribuna Tevere e arrivando fino al cuore dell’impianto: la Curva Sud. “NON MOLLEREMO MAI”, la gigantesca scritta di incitamento, accompagnata da uno striscione con su scritto il grido “ALL’ATTACCO”, posizionato sotto il maxischermo che raffigurava il risultato.
A rendere il clima ancor più infernale, la formazione schierata in campo da Mazzone, che su richiesta del pubblico introduce l’assetto offensivo più spregiudicato possibile: Totti, Giannini, Balbo, Moriero e Fonseca, tutti in avanti alla ricerca del sogno. Il messaggio che la Roma e i suoi tifosi volevano comunicare era chiaro: Ribaltare il risultato e vincere, malgrado tutto.

La partita: la Roma si porta sul 2-0

La partita si dimostra fin da subito particolarmente sentita, gli animi, tesissimi, finirono per mettere pressione a entrambe le squadre. Arrivata all’inizio della ripresa, la Roma non è ancora riuscita a modificare il risultato, incatenato sullo 0-0, innescando un crudele meccanismo secondo il quale, tra l’ansia generale, ogni minuto che passa, sembra avvicinare a grandi passi la squadra verso l’eliminazione. Esattamente all’ora di gioco, però, Moriero sblocca il risultato con una rasoiata a incrociare, infilatasi alla destra del portiere. La bolla di preoccupazione sugli spalti scoppia, tanto da far tremare la struttura dell’impianto. Con questa rete, la Roma è a un solo gol dal pareggio, che porterebbe i ragazzi di Mazzone ai tempi supplementari. Continuando ad attaccare a pieno organico, la squadra insiste e, a soli otto minuti dalla fine, trova la rete del raddoppio con Giannini, che devia di testa un cross e insacca, portando il risultato complessivo sul 2-2 e lasciandosi andare in un’esultanza liberatoria, con una corsa iconica sotto una Curva Sud in delirio. Si andrà ai supplementari.

I tempi supplementari: la beffa

Protrattasi ai tempi supplementari, la dinamica di gioco dona ai capitolini lo slancio per compiere definitivamente l’impresa. Un assist chirurgico di Francesco Totti, fino a quel momento autore di una prestazione sottotono, permette a Moriero di incrociare nuovamente il destro e siglare la terza rete della serata, consolidando la rimonta. A diversi minuti di assoluta estasi, però, segue un gelo improvviso, che nessun romanista presente quella sera dimenticherà mai. All’ottavo minuto del secondo tempo supplementare, a soli sette giri di orologio dal fischio finale, lo Slavia Praga spezza l’incantesimo. Un tentativo alla cieca di Jiří Vávra, centrocampista di 21 anni senza una storia di rilievo e un futuro incerto, beffa clamorosamente Cervone e porta il punteggio sul 3-1. Nonostante gli sforzi rimanenti, i capovolgimenti di fronte e le disperate manovre di gioco per provare a segnare il quarto gol, l’eliminazione fu inevitabile.
Nonostante la delusione della sconfitta, quella notte viene ancora ricordata come una delle più memorabili nella storia giallorossa. La Roma aveva dimostrato di non mollare mai, come incitato dalla coreografia, e l’amore tra la squadra e i suoi tifosi si era dimostrato più forte di ogni cosa, risultato compreso. La sconfitta con lo Slavia Praga, il 19 marzo 1996, rappresenta un ricordo indelebile nel cuore e nella mente dei tifosi romanisti, una dimostrazione di passione e dedizione che incarna lo spirito della squadra e l’amore per i colori; è proprio per questo, dunque, che il 26 ottobre 2023, proprio nell’anno della scomparsa di Carlo Mazzone, la Roma di Mourinho dovrà rendere giustizia alla sua storia, guardando in faccia le sue più recondite paure e cercare di vincerle, una volta per tutte.

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